Crisi da coronavirus, un piano Marshall per l’Europa

Davanti alla tragedia della pandemia in corso può crollare il muro della politica economica restrittiva della Ue. Dopo la svolta della Banca centrale sarà decisiva la scelta del consiglio europeo sugli eurobond.
(John MacDougal/POOL via AP

Il presidente Tridico ha assicurato in 2 settimane che l’Inps, con l’85% dei 30 mila dipendenti in smartworking, «riuscirà ad essere operativa per assicurare i 10 miliardi di aiuti stanziati dal Governo a 11 milioni di persone, tra lavoratori e famiglie».  Si tratta, su più fronti, di una lotta contro il tempo per assicurare l’applicazione del decreto Cura Italia che ha impegnato i primi 25 miliardi di euro come manovra di pronto soccorso per un Paese che si è quasi fermato del tutto per l’emergenza coronavirus.

Tecnici e consulenti stanno esaminando la normativa per poterla applicare, assicurando che persone, famiglie e imprese non si trovino senza soldi in un momento in cui la crisi si è abbattuta su una popolazione composta solo in parte da chi può ottenere una certa protezione. Lo stesso Tridico ha affermato che, da economista, avrebbe preferito «un reddito di cittadinanza allargato a tutti, senza le condizionalità di quello esistente. Una sorta di basic income, un reddito di base».

O, come invocano altri economisti, un “reddito da quarantena da assicurare a chiunque rimane escluso da una decretazione d’urgenza che non può correggere diseguaglianze strutturali come l’insieme dei lavoratori precari e discontinui, le partita Iva involontarie e tutti coloro che rischiano di rimanere senza un soldo per la paralisi del ciclo economico.  Negli Usa stanno discutendo la proposta di erogare direttamente mille dollari ad adulto e 500 a minorenne proprio per non inceppare l’economia.

Ad ogni modo, per ora, si sta facendo la conta dei sommersi e dei salvati dal decreto governativo, auspicando aggiustamenti e interpretazioni che non lascino davvero nessuno da solo

Ma le ingenti risorse stanziate, improponibili in altre condizioni, sono sempre troppo poche per rispondere ad una recessione che rischia di portare al tracollo l’intera economia del nostro Paese. E non solo.

Le scelte determinanti avverranno tra pochi giorni, ad aprile, con un Parlamento che forse lavorerà a distanza, ma il vero scoglio è il rapporto con l’Unione europea.  In qualche modo, grazie alla immediata nota di protesta del presidente Mattarella, tutti hanno capito lo scontro in atto con l’impostazione adottata, in un primo momento, dalla Banca centrale europea guidata da Cristine Lagarde. Ora l’annuncio di «misure straordinarie per tempi straordinari» arrivato nella notte tra il 18 e il 19 marzo dalla stessa Lagarde sembra che abbiano offerta una risposta al panico dei mercati. La Bce si è detta a mettere in gioco, nel 2020, 750 miliardi di euro utilizzabili per l’acquisto di obbligazioni dei Paesi che fanno parte dell’Eurozona. Il presidente del Parlamento europeo David Sassoli arriva ad una cifra potenziale di 2 mila miliardi di euro conteggiando altri tipi di intervento, compreso i 500 miliardi del Fondo salva-stati, il cosiddetto Mes che tuttavia è considerato, da non pochi  esperti, come uno strumento pericoloso per la libertà di politica economica degli Stati più deboli.

Ad ogni modo questa apertura di credito permette immediatamente all’Italia di allargare le maglie del decreto Cura Italia, ma soprattutto di predisporre il grande piano di investimenti necessari per uscire dalla crisi che si trascina dal 2008.

Anche se molti invitano a non abusare di paragoni azzardati, ormai si parla di vera e propria “economia di guerra” e, per indicare una soluzione, si ricorre all’esempio del piano Marshall adottato dagli Usa, dal 1948 al 1951, per ricostruire e riavviare le economie europee distrutte dal secondo conflitto mondiale, anche quelle dei Paesi sconfitti come Italia e Germania.  Il riferimento a quell’intervento promosso dal generale George Marshall, segretario di Stato Usa premiato con il Nobel della pace, vuol dire, a prescindere dalla effettiva ricostruzione storica, immettere denaro a fondo perduto come avviene con una trasfusione di sangue in un corpo destinato altrimenti a morire.

Una scelta estrema che ora non bisogna attendere dall’esterno, come fu quello degli Usa di Truman, ma da una linea di politica economica condivisa dagli Stati europei che solo insieme possono rispondere alle sfide attuali. Sempre restando nella metafora bellica, Fabrizio Maronta, su Limes, paragona il coronavirus alla pallottola che uccise l’arciduca Francesco Ferdinando nel 1914 innescando la Grande guerra e un nuovo ordine mondiale. Stavolta potrebbe spegnersi, invece, il predominio dell’ideologia ordoliberista tedesca che ha finora imposto le regole dell’austerità all’Europa intera. Come ci ha detto Stefano Zamagni nel 2016, la fine di tale egemonia culturale, prima ancora che economica, si può raggiungere solo rimettendo in discussione il trattato internazionale di Maastricht del 1992, fondativo della Ue, e quello di Lisbona del 2007.

Ed è proprio la regola di questi trattati, cioè il vincolo del patto di stabilità (deficit pubblico non superiore al 3% del Pil) che viene sospeso e potrebbe saltare del tutto perché la produzione dei Paesi si sta contraendo per effetto della pandemia e gli Stati, se non vogliono implodere, devono spendere in sanità e investimenti di lungo termine.

 Come aveva previsto Leonardo Becchetti nell’intervista a Città Nuova, purtroppo solo la diffusione dell’epidemia avrebbe convinto gli altri Paesi a rivedere le regole del gioco.

Il banco di prova di questa nuova fase dell’Europa si avrà la prossima settimana con la discussione, in conferenza telefonica, del Consiglio d’Europa tra i capi di Stato dell’Unione europea. In quella sede si affronterà il nodo degli eurobond come auspica il ministro dell’economia Roberto Gualtieri.

Si tratta di un cavallo di battaglia di Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea (dal 1999 al 2004), ribadito in un accorato appello scritto con Alberto Quadrio Curzio e pubblicato su Il Sole 24 ore del 7 marzo per ribadire che «un’unione economica e monetaria rimane incompleta e fragile se non è accompagnata dalla presenza di soggetti istituzionali in grado di emettere titoli di debito pubblico con i quali finanziare le necessarie politiche di interesse generale».

Si deve a Quadrio Curzio, economista dell’università Cattolica di Milano, lo studio più approfondito sulla necessità e la compatibilità degli Euro union bond per evitare l’implosione dell’Europa. Ora, dopo il discorso alla nazione del 18 marzo della cancelliera Angela Merkel, davanti al pericolo di 10 milioni di persone contagiate, sembra che sia caduto un altro muro di Berlino. Perché finora, come hanno denunciato senza riserve Prodi e Quadrio Curzio dopo il fallimento della trattativa sul bilancio europeo consumatosi a febbraio 2020, è mancata la “volontà politica” solo per le «grettezze difensive di Stati che si ritengono più virtuosi semplicemente perché sono in condizioni privilegiate».

Siamo davanti ad una «tragedia dalle dimensioni devastanti», come dice Roberto Gualtieri. Se non si cambia ora potremo avere un’altra occasione?

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