Credibilità e coesione per rispondere all’Ue

Una prima valutazione dell’impegno preso dal governo italiano e delle riforme che dovranno essere realizzate. Colloquio con Benedetto Gui, economista dell’università di Padova  
Barroso

I contributi richiesti a Luigino Bruni, Alberto Ferrucci, Vittorio Pelligra e Stefano Biondi, presenti sul sito di Città Nuova, forniscono alcuni criteri, come si può osservare non uniformi, di lettura preventiva della dichiarazione di impegno elaborata dal governo italiano nelle 72 ore date dalle massime autorità europee per offrire garanzie di stabilità e sviluppo ai mercati e ad un sistema economico e monetario che non può far certo a meno di uno dei membri fondatori dell’unione continentale.

Al lettore,dunque, la possibilità di attingere per avviare un dibattito che sarà sempre più serrato sulle scelte che non potranno non incidere profondamente sulla vita di tutti. Un discorso solo iniziato perciò.  

 

Abbiamo sentito il parere dell’economista Benedetto Gui, dell’Università di Padova, concorde anch’egli sulla necessità di un restringimento della possibilità di accesso al pensionamento di anzianità, senza trascurare il contributo di solidarietà da chiedere a quei pensionati cosiddetti baby che godono del trattamento dell’Inps in giovane età (sotto i cinquanta anni) con pochi contributi versati. Conseguenza di leggi che hanno certamente fatto comodo anche a quelle aziende che si sono liberate, in tal modo, di personale in eccesso.

 

Ma il professor Gui indica, anche, altre voci di spesa che andrebbero toccate. Come, ad esempio, l’eccessiva liberalità con la quale si vogliono assegnare concessioni pubbliche ai privati , per fare un esempio le autostrade e concessioni televisive, che ne hanno tratto notevoli guadagni. Sempre soldi che continuano ad uscire dalle casse della collettività, mancati introiti come le pensioni. Ma uno Stato non può essere messo con le spalle al muro. Anche strozzandoli i greci, ad esempio, non possono offrire più garanzie di quelle che hanno già dato. Altri osservatori parlano di fallimento già evidente. Se non si operano interventi strutturali per la ripresa, i debiti non si possono pagare. E un’economia in depressione non è certo la soluzione. Di capitali in giro ce ne sono,infatti, in grandi quantità, osserva Gui. Si tratta solo di  intercettarli con proposte credibili che convincano gli investitori. Come un fondo finanziario europeo capace di offrire garanzie reali. Una proposta come quella di Quadrio Curzio e Prodi che hanno prospettato, come garanzia di affidabilità, le riserve auree delle banche centrali dei Paesi europei.

 

Misure straordinarie che fanno intendere la serietà della situazione attuale. L’impegno con tanto di scadenze prestabilite dal governo italiano, che comprende ad esempio un introito di 5 miliardi di euro ogni anno dalla vendita dei beni pubblici, ha ricevuto l’apprezzamento del presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, che ha invitato a procedere senza indugio. Entro maggio 2012 è previsto, infatti, il completamento dell’iter legislativo di riforma del diritto del lavoro che prevede l’annullamento,di fatto, dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori assieme ad una  disciplina restrittiva dei contratti del lavoro atipico che , come si riconosce apertamente nella lettera consegnata in Europa, «sono spesso utilizzati per lavoratori formalmente qualificati come indipendenti ma sostanzialmente impiegati in una posizione di lavoro subordinato»

 

Conosciuto, ora, nella sua complessità, il piano di riforme e  interventi contenuti nella lettera di impegno siglata dal premier

Berlusconi, torniamo a chiedere al docente padovano, che insegna di economia politica nella locale  facoltà di economia,un primo parere sulle misure che costituiranno oggetto di un vivace confronto nel merito nei prossimi mesi.

 

Partiamo dall’innalzamento previsto, per uomini e donne, dell’età pensionabile a 67 anni…

«Si tratta di qualcosa già previsto e prevedibile con gli adeguamenti fino al 2026. E vale perciò come una conferma piuttosto che una novità».

 

Nella lettera si promette anche una riforma dell’architettura costituzionale dello Stato che contempla la riforma dell’articolo 41 sulla libertà di impresa.

«Questa mi pare del tutto fuori luogo perché la norma costituzionale non è affatto un ostacolo all’iniziativa privata. Così come la previsione della liberalizzazione assoluta sugli orari dei negozi che sono norme poste a tutela di una concorrenza dei piccoli esercizi commerciali impossibilitati a tenere il passo con la competizione dei centri della grande distribuzione organizzata».

 

Una misura importante riguarda il pubblico impiego. La lettera afferma che «renderemo effettivi con meccanismi cogenti/sanzionatori, la mobilità obbligatoria del personale e la messa a disposizione (cioè la cassa integrazione guadagni) con conseguente riduzione salariale e del personale»

 

«Nonostante i toni usati credo che si tratti, in genere, di misure opportune che non potranno, comunque, essere usate in maniera indiscriminata nella pubblica amministrazione. Difficile pensare ad abusi in questo settore, anche per una presenza significativa del sindacato».  

 

Comunque il nodo centrale rimane la disciplina del rapporto di lavoro…

 

«Di per sé la protezione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori riguarda un numero ridotto di dipendenti. Occorre dire che una disciplina che agevoli la flessibilità in uscita riscontra il favore delle imprese che vedono nei troppi vincoli, e nella possibilità di reintegro del lavoratore licenziato, un ostacolo alla creazione di occupazione. Una norma del genere potrebbe avere un certo effetto in tal senso, ma io vedo più adeguato l’introduzione del contratto unico a protezione crescente, ossia con maggiori tutele man mano che aumenta l’anzianità. Prevedendo un’unica forma contrattuale

ridurrebbe la disparità tra lavoratori protetti e lavoratori precari ».

 

Quel progetto presuppone, però, una forma di protezione molto forte in caso di perdita del posto di lavoro

«Di fatti il ricorso alla cassa integrazione guadagni come ammortizzatore sociale è una formula impropria quando il rapporto di lavoro è ormai è già finito nei fatti. Meglio un’ indennità di disoccupazione di dimensione adeguata, con incentivi al reimpiego. ma sono misure che andrebbero avviate in tempi di vacche

grasse, quando la protezione sociale può essere assicurata da risorse consistenti. In piena crisi è tutto molto difficile. E poi, in generale, sembra poco credibile la promessa di procedere a tutte queste riforme in pochi mesi, quando nel corso degli anni si e’ fatto molto poco. Mi riferisco in modo particolare alle liberalizzazioni, che pure avrebbero trovato sostegno anche nell’opposizione ».

 

Con riferimento agli investimenti quali segnali arrivano dalla missiva del governo italiano?

«È positiva l’intenzione di accedere in maniera più efficiente ai fondi europei, che finora sono stati utilizzati in misura troppo esigua, un po’ per carenze burocratiche e un po’ per difetto di cofinanziamento da parte dello stato. Così anche l’avvio di opere cantierabili in 10 settimane e il ricorso al project financing, cioè alla collaborazione con i privati nella realizzazione di infrastrutture di interesse pubblico (purché sia gestito avendo in vista  prima di tutto l’interesse generale). Anche l’intenzione di sostenere l’investimento di capitali in iniziative innovative (venture  capital) è buona, purché non si lasci alla burocrazia il difficile compito di valutare quali idee meritino di essere portate avanti e come».

 

Dovendo dare un primo parere complessivo sull’impegno dell’Italia, cosa si può dire? 

«Il documento contiene tante cose diverse, alcune delle quali (ad esempio sulla scuola) sembrano messe lì per mostrare buona volontà, ma hanno poco a che fare con l’obiettivo di rimettere in moto in tempi ragionevolmente brevi la macchina dell’economia. Si tratta di vedere cosa succederà’ nel governo e in parlamento nei prossimi mesi. Se ci fossero volontà politica, credibilità e coesione, realizzando alcune delle promesse del documento qualcosa di buono si potrebbe fare».

 

 

 

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