Creature di pietra

A Bomarzo, nell’Alto Lazio, il sogno di un principe rinascimentale divenne realtà. In visita all’enigmatico parco voluto da Pier Francesco Orsini
Parco dei mostri

Nessun “parco dei mostri” attrezzato con i più avanzati ritrovati della tecnica può eguagliare le meraviglie e il fascino del Sacro Bosco di Bomarzo, complesso monumentale situato in una splendida cornice naturale del Viterbese, a una settantina di chilometri da Roma.

 

Disseminati in una vegetazione lussureggiante, fra terrazze degradanti, ninfei, fontane e viali alberati, vi si trovano scolpiti – utilizzando gli stessi enormi massi di peperino sparsi nella zona – animali (l’elefante, la balena, il delfino, la tartaruga, l’orso…), ibridi e creature mostruose (Cerbero, Echidna, Pegaso, un drago alato…), divinità e personaggi della mitologia (Sfingi, Fauni e Ninfe, Nettuno, Proteo e Glauco, Ercole in lotta con Caco…). Non mancano un tempietto, un piccolo teatro e perfino una casetta pendente come la torre di Pisa, dove aggirarsi è roba da capogiro.

 

Famosa, in cima a una collinetta, è la caverna dell’Orco: una gigantesca testa antropomorfa dagli occhi sbarrati che spalanca le sue fauci come per risucchiare il malcapitato all’interno di un antro: in realtà un luogo di fresco ristoro, fornito di un tavolo e di una panca anch’essi ricavati dalla pietra. Una vecchia foto mostra un pastorello per niente impressionato di affacciarsi dall’inquietante mascherone presso cui brucano pacifiche le sue pecore: un ricordo degli anni in cui il Sacro Bosco o Parco dei Mostri, com’è popolarmente chiamato, era ridotto in completo abbandono.

 

Questo trionfo del grottesco, del teatrale e dell’irregolare ha fatto dire al famoso storico e critico d’architettura Bruno Zevi: «A Bomarzo la finzione scenica è travolgente; l’osservatore non può contemplare perché vi è immerso, in un ingranaggio di sensazioni […] capace di confondere le idee, di sopraffare emotivamente, di coinvolgere in un mondo onirico, assurdo, ludico e edonistico».

 

Concretizzazione di un sogno o di un incubo, il Sacro Bosco fu voluto dal principe Vicino Orsini, che nel 1552 ne incaricò il celebre antiquario e architetto Pirro Ligorio, allievo di Michelangelo, coadiuvato da valenti scultori dell’epoca. Sorge poco distante da Bomarzo, piccolo paese dell’Alto Lazio arroccato su di una collina tufacea, dove l’Orsini aveva un magnifico palazzo, ora sede del comune.

 

Diversi studiosi hanno creduto di individuare nel labirinto di simboli del parco un percorso iniziatico o delle analogie con i poemi cavallereschi di Boiardo, Ariosto e Tasso. Varie le ipotesi rispecchianti la cultura rinascimentale, ma un certo che di mistero permane. Uno degli scopi doveva essere quello di suscitare stupore, come si deduce da questa epigrafe in versi, tra le tante sparse un po’ dovunque e spesso di oscuro significato: «Voi che pel mondo gite errando vaghi/ di veder meraviglie alte et stupende/, venite qua, dove son facce horrende,/ elefanti, leoni, orchi et draghi». E se, senza troppi arzigogoli, il Sacro Bosco fosse nato per puro diletto, «Sol per sfogare il core», come si legge inciso su un pilastro?

 

Dopo la morte dell’ultimo Orsini, nel 1585, il complesso fu abbandonato e andò lentamente degradandosi. La vegetazione, non più curata, prese il sopravvento come nel famoso romanzo di Frances Hodgson Burnett Il giardino segreto. Molte statue e decorazioni si ricoprirono di muschio e di terra, con effetto simile a quello di certe rovine di città pre-colombiane semisepolte nella foresta. Così per oltre 300 anni. A ridar lustro al parco fu Salvador Dalì, che lo visitò nel 1938. Com’era prevedibile, questo genio visionario vi si trovò pienamente a suo agio e ne trasse ispirazione per il celebre dipinto La tentazione di sant’Antonio del 1946. Ma non fu l’unico: Bomarzo ha ispirato pittori, scrittori, musicisti e registi per i quali costituiva un set ideale per girarvi film del genere horror, fantasy e commedia grottesca.

 

La rinascita è dovuta invece ai coniugi Bettini, che nel 1954 acquistarono dal comune, ultimo proprietario, l’intero parco e si sobbarcarono l’opera meritoria di restaurarlo e riposizionare nel sito originario – avvalendosi dei ricordi degli anziani del posto – molte delle statue e degli arredi: impresa quasi epica, ma appassionante. Oggi entrambi sono sepolti nel tempietto in stile dorico sormontato da una cupola, probabile mausoleo eretto dall’Orsini per l’amata consorte Giulia Farnese.

 

Molto si è scritto sul Parco dei Mostri, ma non voglio chiudere questo itinerario senza accennare a un'insolita guida illustrata pensata per i bambini e pubblicata da Scienze e Lettere: I misteri del Sacro Bosco di Bomarzo. Nella presentazione si legge fra l’altro: «L’incontro con il Bosco Sacro di Bomarzo è un’esperienza intellettuale e bizzarra per un adulto, ma non per un bambino che con naturalezza si mette nei panni di un’Alice pronta a vivere tutte le meraviglie. Visitare un luogo particolare della natura e anche dell’arte è tra le esperienze più formative della sensibilità e più feconde per sollecitare la creatività di un bambino, tanto meglio se guidati da una voce sapiente e discreta, che non impone ma suggerisce, che stimola e soddisfa la curiosità».

Questa voce «sapiente e discreta» appartiene all’autrice Valentina Evangelista, che attraverso le avventure di due fratellini “entrati” nel Sacro Bosco tramite il già citato dipinto di Dalì, introduce il giovanissimo lettore alla scoperta di questo luogo d’incanto, di bellezza e… di statue parlanti.

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