Covid-19, l’andamento dei contagi

La ragione del successo dell'Impero romano fu la sua compatezza. La stessa che necessita ai tempi del coronavirus. Un commento ai dati della Protezione civile sull'andamento dei contagi nelle varie Regioni italiane.  

L’impero di Roma deve le proprie fortune a tanti fattori, interni ed esterni. L’Urbe assimilò influenze culturali, tecnologiche e filosofiche da ogni parte del mondo conosciuto, divenendo un esperimento di integrazione etnica e sociale che ha avuto pochi altri esempi simili nella storia del mondo (uno, sorprendentemente, è l’Impero Ottomano).

Ma al di là dell’enorme complessità di questa storia c’è un dato di fatto: le Legioni Romane erano micidiali in battaglia.  La maggior parte delle tribù e degli eserciti organizzati dei popoli con i quali si confrontarono nell’arco di un millennio avevano ben poche speranze di tenere testa a un’organizzazione così flessibile e capillare.

Con le dovute eccezioni: Brenno, Pirro, Annibale, Arminio… Ci sono stati momenti duri e pesanti sconfitte anche per le Aquile imperiali. E poi ci sono stati i Parti e i Persiani, contro i quali nessun imperatore l’ha mai veramente spuntata; non potendo invadere la Russia, i Romani avevano scoperto l’altra lezione fondamentale della strategia militare dell’Occidente: non viene mai niente di buono da un tentativo di attaccare l’Iran.

Eccezioni e batoste a parte, le legioni sul lungo periodo hanno sempre dominato i cambi di battaglia, anche contro eserciti ben equipaggiati e vigorosi. In quei casi, la differenza era di compattezza: la disciplina e la tattica militare romana avevano pochi uguali in quella parte del mondo antico (essenzialmente, l’impero Persiano, contro il quale appunto non la si spuntò mai).  Soprattutto, i legionari romani facevano parte di un corpo unico, stabile e ben definito, al quale appartenevano anima e corpo per buona parte della vita (il servizio durava mediamente vent’anni). A differenza di altri eserciti tribali, che si radunavano e si disperdevano, quello Romano era un’istituzione dello Stato, la principale e l’unica operativa. Mai come in battaglia e nelle lunghe campagne negli uomini si formava l’idea che la sicurezza e l’onere di tutti dipendeva da ciascuno.

Ora vi immaginate se nel mezzo dell’assalto dei barbari gli uomini di una testuggine si fossero dati regole tattiche e di combattimento basate sulla loro provenienza o etnia? Quelli della Gallia Belgica che rimangono spalla a spalla quando i celti caricano, mentre gli Ispanici, dopo aver perso un effettivo ogni dieci, sono autorizzati a retrocedere. I guerrieri Arabi possono fare una pausa all’ora nona mentre gli italici solo al calar del sole. I berberi devono combattere con la spada corta e quelli della Pannonia mantengono l’uso di stare in fila per tre anziché per quattro come tutti gli altri.

Penso sia facile immaginare il risultato.

In quest’ultima settimana l’impressione è che la nostra compagine di guerra contro il Covid-19 stia perdendo di compattezza. Da un lato, c’è uno scenario che si manifesta sempre più frammentato e si fa fatica a vedere i dati come una linea univoca: man mano che passa il tempo ha sempre meno senso parlare di “picco” o di “curva” epidemica, perché è evidente che ciò che vediamo è una variegata sommatoria di fenomeni.

Nella prima delle due immagini allegate in pdf trovate i dati della Protezione civile relativi agli attualmente positivi e agli attualmente ospedalizzati, raggruppati giorno per giorno (da 24 febbraio al 13 aprile) e gli andamenti grafici Regione per Regione (comprese le due province autonome di Trento e Bolzano).

Si vede bene che il fenomeno assume forme e dimensioni ben diverse per ciascun territorio. In particolare riguardo all’intensità dei contagi, si possono distinguere almeno tre gruppi di aree:

  • bassa incidenza (0-3.000 casi)
  • media incidenza (3.001 – 10.000 casi)
  • alta incidenza (> 10.001 casi)

Sono consapevole che questo dato (numero assoluto di casi) è spurio, perché le popolazioni sono diverse, ma prendiamolo per ora come un indicatore orientativo.

L’altra variabile è l’andamento nel tempo del numero di casi. Si possono vedere tre profili:

  • casi in crescita (curva rossa ancora in salita al momento presente)
  • casi in trend stabile (andamento incerto o costante)
  • caso in calo deciso (una evidente situazione di post-picco)

Come si combinano insieme queste informazioni?

Nella seconda immagine in pdf vediamo che la maggior parte delle regioni italiane sta convivendo con una circolazione piuttosto modesta del virus (che ovviamente può diventare esplosiva da un momento all’altro se non si mantengono le adeguate misure); un gruppo più piccolo di Regioni ha una circolazione virale sostenuta e quattro (Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Piemonte) hanno ancora oltre 10 mila casi positivi. Con l’eccezione del Veneto, che è stabile, queste regioni hanno un trend in netta crescita.

Inoltre le Regioni con un trend di nuovi casi in calo sono praticamente tutte fra quelle con una bassa incidenza di casi. Come dire: stanno crescendo soprattutto le aree dove l’infezione è più diffusa.

Una notizia che non sorprende ma che desta preoccupazione; la “decrescita” si vede solo dove il virus è circolato poco e le misure di distanziamento sociale, probabilmente, sono state attivate in tempo utile per interrompere la circolazione asintomatica.

C’è inoltre il problema del fatto che i ricoverati non paiono scendere: quasi da tutte le parti si sono stabilizzati in un pianoro di difficile interpretazione; ma c’è da scommettere che anche loro, se lasciamo salire i casi, riprenderanno a crescere.

Insomma la battaglia si è frammentata in tante scaramucce isolate e per di più, in questo scenario non chiaro, aleggia la nebbia della mancanza di una strategia comune per lo screening e la gestione dei pazienti. Il rischio è quello che ogni bravo generale conosce da sé: perdere la visione di insieme e ritrovarsi poi a domandarci cosa è andato storto.

In battaglia questo è il momento di suonare il corno e ricompattare le truppe, serrare le fila, formare il quadrato e resistere tutti insieme, in buon ordine. Bastano pochi ordini precisi: procedure comuni, regole chiare per la fase due, test e gestione omogenea di casi e contatti.

Tutti insieme, stretti a coorte, come reciterebbe anche il nostro inno patrio. Altrimenti, non sarà semplice venirne fuori con una bella e nitida vittoria, che pure sarebbe alla nostra portata. L’impero romano dalle sue sconfitte militari si è ripreso molte volte, ma il prezzo è sempre stato alto.

Invece noi speriamo, ancora una volta, di aver imparato gratuitamente dalle lezioni del passato.

 

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