Costruire la pace con pane, acqua e medicine

La pace in Medio Oriente, tanto auspicata da papa Francesco, si può costruire anche nel deserto, portando aiuto e conforto alle famiglie scappate da Afrin dopo l'invasione turca e oggi costrette a vivere nei campi profughi, senza l'indispensabile per sopravvivere. Il progetto "Emergenza Siria" dei maristi.

«Ho frequentato la scuola per un anno e mezzo, poi è scoppiata la guerra e mi ha privato della possibilità di studiare. Però so contare fino a dieci. Uno, due, tre…». Arrivata a dieci, Ghazaleh sorride soddisfatta. Se vivesse in Italia, a settembre frequenterebbe la quinta elementare e conoscerebbe già le frazioni, la storia delle civiltà che fecero grande la sua Regione: fenici, assiri, sumeri…, e probabilmente seguirebbe corsi di musica e teatro. Ma Ghazaleh non vuole vivere in Italia. Ha dieci anni e sogna solo di tornare a casa, insieme alla sua famiglia: ad Afrin, a circa 50 chilometri da Aleppo, in Siria, dove abitavano prima dell’invasione turca della scorsa primavera.

Ghazaleh (con la maglietta rossa nella foto) è una bella bimba, timida e sorridente. Il suo nome significa “gazzella” e oggi vive con la  famiglia in una tenda del campo profughi “Al Chahba”, nei pressi di Kafar Naseh, vicino al confine con la Turchia. In quella terra arida e desertica, dove fino a poco tempo fa non si poteva bere nemmeno l’acqua dei bidoni portati dalla Mezza luna rossa, la bambina ha conosciuto fratello Georges Sabè (a destra nella foto in basso), uno dei “maristi blu”, come vengono chiamati per la tipica maglia azzurra i religiosi appartenenti alla Congregazione dei Fratelli Maristi delle Scuole che vivono e operano in questo Stato del Medio Oriente dilaniato dalla guerra.

ghazaleh-e-la-sua-famiglia-incontrano-frate-georges-sabe-dei-maristi-blu-nel-campo-di-al-chahba-nei-pressi-di-kafar-naseh-foto-fmsiProprio quella guerra a cui, pochi giorni fa, il papa a Bari ha detto basta parlando della «notte del Medio Oriente in agonia» insieme ai rappresentanti delle Chiese e delle comunità cristiane di queste terre. Malgrado tutto, ha detto Francesco, «non c’è alternativa possibile alla pace». La guerra, ha aggiunto Bergoglio, «è la piaga che tragicamente assale quest’amata regione. Ne è vittima soprattutto la povera gente… La guerra è figlia del potere e della povertà. Si sconfigge rinunciando alle logiche di supremazia e sradicando la miseria».

Quella miseria contro cui si impegnano ogni giorno i maristi e le tante altre organizzazioni impegnate nel volontariato in territorio siriano e non solo. Che cosa significhi vivere in un campo profughi lo spiega bene la mamma di Ghazaleh, quando fratello Georges le chiede di cosa hanno bisogno. «Di abiti e di cibo», sussurra. Dunque, di tutto. La mamma di Ghazaleh vorrebbe anche che «i miei figli studiassero e non solo i miei bambini, ma tutti quelli del campo. Se impareranno a leggere e a scrivere – spiega seduta a gambe incrociate nella spoglia tenda dove vivono – potranno essere indipendenti e non saranno dominati né dall’Occidente né dall’Oriente».

Da quando, lo scorso marzo, Afrin è diventata invivibile a causa dell’occupazione turca, circa 150mila persone sono state costrette a lasciare la città. 800 famiglie si sono rifugiate nei dintorni del villaggio di Kafar Naseh, una sessantina nel campo di Al Chahba dove fratello Georges e gli altri volontari della comunità di Aleppo stanno portando assistenza ai rifugiati grazie al progetto “Emergenza Siria” della Fondazione Marista per la solidarietà internazionale onlus. Oltre all’acqua potabile, al cibo, alle coperte, cercano di dare assistenza soprattutto ai bambini, costretti a vivere nel nulla insieme alle proprie famiglie. La popolazione, infatti, vive in condizioni disperate. I piccoli non frequentano più la scuola e non c’è assistenza per malati, anziani, donne incinte, mentre il numero di chi cerca un luogo sicuro dove vivere aumenta sempre di più.

alcuni-bambini-che-vivono-nel-campo-di-al-chahba-nei-pressi-di-kafar-naseh-foto-fmsi«La speranza – ha detto ancora papa Francesco nell’incontro ecumenico di Bari – ha il volto dei bambini. In Medio Oriente, da anni, un numero spaventoso di piccoli piange morti violente in famiglia e vede insidiata la terra natia, spesso con l’unica prospettiva di dover fuggire. Questa è la morte della speranza. Gli occhi di troppi fanciulli hanno passato la maggior parte della vita a vedere macerie anziché scuole, a sentire il boato sordo di bombe anziché il chiasso festoso di giochi. L’umanità ascolti – vi prego – il grido dei bambini, la cui bocca proclama la gloria di Dio. È asciugando le loro lacrime che il mondo ritroverà la dignità».

Per informazioni sul progetto “Emergenza Siria: fmsi@fmsi.it e www.fmsi.ngo.

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