Cosa decide il voto delle comunali del 12 giugno

Con il voto del 12 giugno sono in gioco non solo le amministrazioni locali di quasi mille comuni, tra cui Palermo e Genova, ma gli accordi in vista delle prossime elezioni politiche del 2023. Prima verifica il voto in Parlamento del 21 giugno sul rinnovo dell’invio di armi in Ucraina
Elezioni amminstrative Michele Nucci/LaPresse

Unica giornata elettorale prevista per il 12 giugno. Dalle ore 7 alle 23 si potrà votare a livello nazionale con le 5 schede previste dal referendum sulla giustizia, mentre quasi 9 milioni (8,8) di persone hanno anche il diritto di esprimere la propria preferenza per eleggere il sindaco di quasi mille comuni (974). L’elenco completo si può scaricare dal sito del ministero degli Interni ed è istruttivo conoscere il nome e le dimensioni di città e paesi pressoché sconosciuti nella cronaca ma non per questo sottratti all’esercizio democratico del voto. Che risultato si avrà, ad esempio, a Calvignano in provincia di Pavia dove si registrano 110 aventi diritto al voto su 128 abitanti? O i 94 elettori, su 134 abitanti, di Poggiodomo in provincia di Perugia?

Più in generale bisogna porsi una diversa domanda: quanti elettori si recheranno davvero alle urne? Infatti anche il voto alle amministrative sta registrando livelli preoccupanti di astensionismo. Un segnale di distacco verso l’esercizio di una sovranità che evidentemente non è più percepita come reale davanti a scelte che sembrano imporsi e calare dall’alto.

A livello locale incidono inoltre dinamiche che esulano dal quadro nazionale per cui, davanti alla miriade di liste civiche, diventa difficile poter estrarre dalle urne un’indicazione utile su scala nazionale. Ragionamento che funziona meno nei confronti delle città più grandi come i 22 capoluoghi di provincia (Alessandria, Asti, Barletta, Belluno, Como, Cuneo, Frosinone, Gorizia, La Spezia, Lodi, Lucca, Messina, Monza, Oristano, Padova, Parma, Piacenza, Pistoia, Rieti, Taranto, Verona e Viterbo) e i 4 capoluoghi di regione che hanno attirato l’attenzione delle segreterie di partito: Genova, Palermo, L’Aquila e Catanzaro.

La competizione è, innanzitutto, all’interno delle coalizioni dei partiti che si preparano alle prossime elezioni politiche della primavera del 2023 dopo la lunga forzatura del governo di unità nazionale.

La destra di Fratelli d’Italia deve dimostrare di essere davvero il perno della coalizione che in base ai sondaggi, in forza della legge elettorale vigente, è destinata a conquistare i seggi del Parlamento nella versione ridotta dall’ultima riforma costituzionale. La concorrenza con la Lega si farà sul numero del consenso ricevuto sia nel caso di liste alleate che contrapposte.

Il Pd è chiamato, invece, a sondare non solo la propria consistenza ma soprattutto ciò che rimane del M5S per poter proporre un campo largo di centrosinistra in vista del 2023, senza poter contare su quell’area che va dai radicali di +Europa ad Azione di Carlo Calenda passando per l’Italia Viva di Renzi, il quale, ad esempio, a Genova sostiene il candidato sindaco di centrodestra.

I calcoli elettorali servono anche ipotizzando, con riferimento alle politiche ormai prossime, la nascita di una coalizione cosiddetta Draghi, in grado di radunare cioè quei partiti, o pezzi degli stessi, decisi a portare avanti il programma dell’attuale governo che ha dimostrato di lavorare sul lungo termine, come dimostrano le tante riforme avviate e la decisa scelta di fedeltà atlantista assicurata dall’inizio della guerra in Ucraina.

L’eventuale rottura della maggioranza è stata, infatti, posticipata al 21 giugno. Cioè al voto delle Camere sulla linea di politica internazionale che potrebbe registrare la separazione tra i 5Stelle dell’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e quelli fedeli al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

Anche dossier decisivi come il destino dell’ex Ilva di Taranto, città che andrà al voto il 12 giugno, saranno affrontati dopo le elezioni, e precisamente il 22 giugno, presso il ministero dello Sviluppo economico guidato da Giancarlo Giorgetti, volto istituzionale della Lega distinto dalla posizione di Salvini, che si è rivelato molto inquieto circa l’invio di armi pesanti in Ucraina.

Tra le grandi città Palermo è, come al solito, al centro dell’attenzione perché, a quanto pare, dopo la fine del ciclo di governo cittadino legato alla figura carismatica di Leoluca Orlando, è dato per vincente Roberto Lagalla, candidato sostenuto da 9 liste di centrodestra. Crea imbarazzo e prevedibili polemiche il beneplacito pubblico espresso a favore di Lagalla da parte di Salvatore Cuffaro e Marcello Dell’Utri, due figure di rilievo del mondo politico locale e nazionale, che hanno scontato condanne penali per sentenze emesse in via definitiva. Il recente arresto di Pietro Polizzi, candidato di Forza Italia, contribuisce a gettare una luce inquietante sul capoluogo siciliano a 30 anni dalle stragi mafiose del 1992, anche se Lagalla, ex rettore dell’Università ed ex assessore regionale, si dichiara vittima della “macchina del fango”.

Il candidato del centro sinistra, Franco Miceli, proviene dal Pci ed è sostenuto da Pd, M5S, Sinistra civica ecologista e Progetto Palermo.

Terzo candidato è Fabrizio Ferrandelli, che proviene dal Pd ma è stato anche candidato precedentemente dal centro destra e ora da +Europa e Azione assieme a 2 liste civiche.

Altri candidati sindaco di liste minori sono Rita Barbera, Francesca Donato e Ciro Lomonte.

Sullo sfondo della sfida elettorale di Palermo si agita la questione delle elezioni regionali del prossimo autunno che andranno a misurare la consistenza di un consenso in vista delle politiche del 2023 dove pesa moltissimo il numero dei parlamentari eletti in Sicilia per la formazione della maggioranza di governo.

A Genova parte favorito, tra i 7 candidati a sindaco, l’uscente Marco Bucci sostenuto da una coalizione di centro destra che ha attratto anche Azione e Italia Viva.

Il centrosinistra, con il M5S, sostiene Ariel Dello Strologo, che è tra l’altro anche il capo della locale comunità ebraica.

Candidati di liste minori sono Carlo Carpi, Mattia Crucioli, Martino Manzano, Antonella Marras e Cinzia Ronzitti.

A L’Aquila, in Abruzzo, il centro destra è compatto nel sostenere al secondo mandato il sindaco uscente Pierluigi Biondi. La dem Stefania Pezzopane è sostenuta da Pd, M5S e Italia Viva. Azione sostiene Americo Di Benedetto, mentre  Simona Volpe è candidata sindaco di una lista autonoma.

È interessante il caso del capoluogo calabrese dove esiste una spaccatura nel centro destra con Forza Italia, Lega, Udc e Italia Viva che sostengono Valerio Donato contro Fratelli d’Italia che propone come sindaco di Catanzaro Wanda Ferro. Pd e M5S hanno come candidato Nicola Fiorita. Altri candidati di liste civiche sono Antonello Talerico e Francesco Di Lieto.

Come è facile intuire la vittoria elettorale diventa possibile in caso di divisioni sul fronte avverso. Lo spera a Verona Damiano Tommasi, ex nazionale di calcio e della Roma, candidato sindaco sostenuto dal centro sinistra e M5S contro l’uscente Filippo Sboarina scelto da Fratelli D’Italia e Lega, mentre l’ex sindaco leghista Flavio Tosi è il candidato di Forza Italia e Italia Viva.

Parma è stata la città simbolo della vittoria pentastellata con Federico Pizzarotti, che termina i due mandati di sindaco da posizioni vicine al Pd che candida Michele Guerra, sostenuto anche dalla Sinistra e da Italia Viva. Il M5S non ha una lista, mentre il centro destra è diviso tra Pietro Vignali, sostenuto da Lega e Forza Italia, e Priamo Bocchi scelto come candidato sindaco da Fratelli D’Italia. Calenda, tentando la via già percorsa a Roma, corre da solo con il candidato Dario Costi. Stesso tentativo a Gorizia dove Azione sostiene Antonio Devetag, ma il centrodestra è unito sul candidato Rodolfo Ziberna, sindaco uscente, opposto a Laura Fasiolo, candidata di Pd e M5S.

Ogni realtà locale, come già detto, ha storie e percorsi originali. Ad esempio a Sesto San Giovanni, comune nell’area metropolitana milanese con un numero doppio degli elettori di Gorizia (61 mila contro 30 mila), corre come sindaco Michele Foggetta, che arriva dal mondo del volontariato e della sinistra radicale, dopo aver battuto alle primarie di coalizione il candidato del Pd. Nell’ex roccaforte rossa, che ha espresso figure importanti del cattolicesimo sociale come Giovanni Bianchi, tuttavia resta favorito l’uscente sindaco di centro destra Roberto Di Stefano.

Sarà difficile, perciò, estrarre delle chiare indicazioni di marcia dalle elezioni comunali, considerando ad esempio il fatto che in Campania di fatto è saltato l’accordo tra Pd e 5Stelle, nonostante il precedente positivo di Napoli, mentre sarà arduo capire, nella stessa regione, come si muoverà il flusso dei voti di Forza Italia che stranamente sarà presente con suo simbolo solo in alcuni comuni minori.

Considerando la frammentazione delle forze politiche (in pochi raggiungeranno la maggioranza del 50% dei voti +1, ma in Sicilia il tetto è fissato al 40%)  si prevede che in gran parte dei comuni superiori a 15 mila abitanti si tornerà alle urne per il ballottaggio previsto per il 26 giugno con una tendenza fisiologica al maggior astensionismo, così da lasciare la scelta del sindaco in poche mani. Paradossi e realtà della democrazia.

Aggiornamenti e chiarimenti sul voto del 12 giugno sul sito del ministero degli Interni.

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