COP27, un passo avanti ma molta strada da fare

La Conferenza sui cambiamenti climatici approva il loss and damage fund, ma non si raggiungono gli obiettivi in materia di riduzione delle emissioni
COP27

Entusiasmo per la creazione di un fondo per perdite e danni a favore dei paesi in via di sviluppo fortemente colpiti dai disastri climatici da un lato, delusione per gli scarsi progressi fatti in termini di obiettivi fissati per la riduzione delle emissioni dall’altro. Questa è l’atmosfera che aleggia a Sharm el-Sheik al termine della ventisettesima Conferenza delle Parti, COP27, che si è conclusa con due giorni di ritardo proprio per le difficoltà di negoziazione riguardo alla creazione del loss and damage fund.

L’accordo infine è stato raggiunto, il negoziatore pakistano Nabil Munir era alla guida degli oltre 130 paesi che premevano per l’istituzione del fondo, di cui però non sono ancora stati definiti l’entità né i meccanismi di contribuzione da parte dei paesi ricchi e maggiormente impattanti in termini di emissioni, così come ancora non sono stabiliti i criteri per l’allocazione dei fondi tra i paesi vittime di disastri ambientali causati dal cambiamento climatico. L’80% delle emissioni di gas serra è responsabilità dei 20 paesi più ricchi del mondo, dicono i dati, tuttavia tra questi paesi la disputa riguardo a chi debba essere tra i maggiori contribuenti del fondo loss and damage ha contribuito a paralizzare per 48 ore i negoziati a Sharm el-Sheik.

La Cina, che è ai primi posti per impatto negli ultimi anni e ha in previsione di non ridurre le emissioni prima della fine del decennio, si è detta disponibile a fornire contributi su base volontaria, ma sostiene che la partecipazione debba essere obbligatoria per i paesi che storicamente hanno causato gli sconvolgimenti climatici, stati membri dell’Unione Europea e Stati Uniti in primis.

Per quegli stessi Stati però è inconcepibile che gli attuali principali paesi inquinanti vengano esentati, o contribuiscano in minima parte, a sostenere i paesi meno ricchi nel riparare i danni e nell’attuare una transizione ecologica sostenibile. Secondo gli esponenti UE i criteri per definire l’entità della partecipazione dovrebbero essere gli attuali livelli di emissione dei paesi maggiormente inquinanti.

Un passo importante e per niente scontato quindi è stato fatto, da anni i paesi in via di sviluppo portavano avanti la battaglia e gli sforzi che hanno dato i loro frutti alla COP27. Resta da vedere con quali tempi e soprattutto con quali modalità l’implementazione della decisione di creare il fondo per danni e perdite avverrà. Viste le premesse e le difficoltà di negoziazione della settimana scorsa il percorso si preannuncia più tortuoso di quanto sarebbe auspicabile.

Un grande tema che invece, paradossalmente, è passato in sordina alla COP27 è quello degli sforzi per la riduzione delle emissioni di gas serra, quindi dell’utilizzo di combustibili fossili. Il risultato piuttosto deludente della COP27 è stato la riaffermazione del goal fissato alla COP25 di Parigi: limitare il riscaldamento climatico a +1.5°C rispetto all’epoca pre-industriale. Un obiettivo che, tra l’altro, risulta evidentemente irrealizzabile visto che le Nazioni Unite stimano come necessaria entro il 2030 una riduzione a livello mondiale del 45% delle emissioni, mentre presumibilmente quella reale sarà di appena il 10%.

Quest’anno la polemica non si è nemmeno dovuta arenare sulla decisione di inserire nel testo dell’accordo il proposito di “eliminare gradualmente” l’utilizzo di combustibili fossili oppure di “ridurre gradualmente”, come era successo l’anno scorso a proposito del carbone. Alla COP26 di Glasgow nel 2021 aveva infatti fatto scalpore il voltafaccia dell’India che, all’ultimo minuto, aveva imposto una modifica dell’accordo finale per ottenere la “riduzione dell’utilizzo di carbone” al posto della “eliminazione”. Quest’anno invece nessuno “scandalo”, visto che nessun nuovo impegno specifico è stato preso. A questo proposito il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres commenta: «Questa COP ha fatto un passo importante verso la giustizia. Do il benvenuto alla decisione di creare un fondo per perdite e danni e di implementarlo nel futuro imminente. Ovviamente questo non è abbastanza, seppur rappresenti un necessario segnale politico di ricostruire una fiducia messa alla prova. Cerchiamo di essere chiari: il nostro pianeta si trova in emergenza. Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni, ora. Questo è un tema che questa COP non ha affrontato. Il fondo loss and damage è essenziale, ma non è una risposta alla crisi climatica che cancella le piccole isole dalle mappe o trasforma un intero paese africano in deserto»

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