Cop25 un successo o una sconfitta?

Solo nei prossimi mesi si saprà se la conferenza sul clima di Madrid sarà stata positiva o meno. Per salvare il pianeta bisognerebbe fare di più, ammoniscono gli europei.

Dire che il vertice sul clima previsto in Cile, la Cop25, svoltosi poi a Madrid per ragioni da tutti conosciute, è stata una conferenza di “transizione”, per coloro che da quasi tre decenni sono immersi nella questione del cambiamento climatico è quasi un’offesa. Cioè, come se la 25ª tappa di un percorso fosse meno importante delle altre, il che in questo caso vorrebbe dire che le conversazioni, le conferenze e i negoziati per possibili accordi hanno fallito nel delineare un futuro che dovrebbe preoccupare ogni abitante del pianeta.

Forse vale la pena di ricordare che la già lunga serie di Cop (acronimo inglese che sta per “Conferenza delle parti”) ogni anno raduna appunto le “parti” firmatarie della “Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici”. Questa convenzione, dunque, è il filo conduttore del negoziato che a ogni tappa si cerca di approfondire e portare avanti in modo ordinato, allo scopo di stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera. Dalla prima Cop (Berlino, 1995) esperti in diversi campi hanno proposto misure per limitare le emissioni inquinanti, e ultimamente anche per adattarci agli effetti del riscaldamento globale.

Certamente alcune di queste tappe sono state decisive, in particolare la Cop3 a Kyoto (1997), da dove è uscito il famoso protocollo, e poi la Cop21 a Parigi (2015), che ha dato alla luce il primo accordo universale per combattere i cambiamenti climatici, l’“Accordo di Parigi” appunto, ratificato poi da 187 dei 197 Paesi firmatari. Probabilmente non c’è stato lungo la storia un accordo multilaterale con tanto consenso. È vero che gli Usa, il secondo Paese più inquinante, ha annunciato di voler abbandonare l’accordo, ma per motivi di regolamento non potrà farlo fin dopo le prossime elezioni presidenziali, e tutto potrebbe cambiare. D’altra parte, una cosa è quel che decide la classe politica e un’altra quel che fa la società e l’industria, e questa continua a scommettere fortemente sull’azione per il clima.

Se ci sono stati o meno degli avanzamenti in questo vertice a Madrid lo sapremo nei prossimi giorni. C’è però una certa inquietudine, soprattutto da parte dell’Unione europea, che vorrebbe accrescere l’impegno di limitare le emissioni per non superare l’incremento della temperatura globale di 2 gradi centigradi alla fine del secolo, perché gli esperti hanno già detto tra l’altro che questo traguardo sarà insufficiente per gestire il problema, e poi gli sforzi realizzati finora nemmeno puntano a un successo ragionevole. Cioè, o siamo più ambiziosi nell’impegno o i giovani d’oggi vivranno domani una vera catastrofe climatica.

Forse il messaggio che ci lascia la Cop25 è che le conferenze di negoziati non bastano per ridurre l’impatto del cambiamento climatico. Oltre il 70% delle emissioni dipendono da come viaggiamo, come ci riscaldiamo, cosa mangiamo… «Ci vuole una trasformazione dell’economia globale verso un modello di basse emissioni, il che richiederà un cambiamento dirompente nelle nostre abitudini di vita e modelli di consumo», ha affermato Valentín Alfaya, presidente del “Gruppo spagnolo per la crescita verde”; «Non tutto dipende dai politici», conclude.

 

 

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