Contro la “mentalità da discarica”

La mente umana: una prerogativa unica ed esclusiva nel panorama dell’evoluzione 
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L’origine e l’evoluzione della mente umana, con i suoi prodigiosi tratti distintivi che la separano da quella di tutte le altre specie viventi, risultano in larga misura misteriosi all’indagine scientifica attuale più avanzata (ingegneria genetica, neuroscienze). «Nell’universo noto non c’è un mistero più grande di quello della mente umana, eccezion fatta per il mistero dell’universo stesso» (De Duve).

Anche Charles Darwin ammette che l’essere umano «è tanto diverso da tutti gli altri animali dal punto di vista dei suoi poteri mentali» (L’origine dell’uomo). Ma nonostante questo divario abissale, a suo modo di vedere «si può dimostrare che non vi è alcuna differenza fondamentale» tra gli animali e gli esseri umani. Eppure si manifesta lampante la disparità tra le facoltà mentali dell’uomo (cultura, civiltà, arte, scienza, tecnologia) e quelle degli animali. Tanto che nel finale dell’opera sopra citata, lo stesso Darwin non esita a definire l’intelletto umano «quasi divino».

Per quale motivo? Perché solo l’intelletto umano «è penetrato nel movimento e nella costituzione del sistema solare», ossia soltanto la mente umana, di fatto, diventa capace di addentrarsi sempre più in profondità nelle strutture segrete dell’universo, imitandole con le attività tecnologiche, sulla spinta anche dello stupore e dell’istintiva meraviglia di fronte alla grandiosità del Tutto. Ora si rende davvero difficile spiegare queste singolari proprietà della mente umana solamente come un accidentale e fortunoso «vantaggio selettivo», limitato alla sola sopravvivenza biologica.

Dunque, pur riconoscendo l’elevatezza, quasi divina, della mente umana rispetto a quella degli animali,  Darwin vede in essa unicamente una differenza «di grado e non di specie», individuando nel processo evolutivo una continuità che, alla fine, riduce il complesso al semplice, ponendo in ombra, se non cancellando, quell’apertura intrinseca dominante che ascende inarrestabile, anche servendosi del caso, fino a «proprietà emergenti» senza pari, non più riducibili alle particelle-atomi a sé stanti.

L’evoluzione naturale e il metodo scientifico, paradossalmente, sembrano seguire una direzione opposta. Il corso evolutivo, infatti, pur nel travaglio del parto, avanza dal semplice al complesso, fino alla mente umana autocosciente; la scienza moderna, invece, seguendo un cammino all’indietro, scompone un sistema unitario e funzionale complesso fino a ridurlo alle sue semplici componenti separate, prive di significato attivo e vitale.  

Il risultato è che il percorso evolutivo si mostra inconfutabilmente capace nelle sue intime fibre di una creatività impressionante, fino a collocare l’essere umano, comunque lo si voglia interpretare, al sommo della scala delle specie, proprio  per le sue facoltà mentali e spirituali «quasi divine»; mentre il modello scientifico reca in sé la tendenza a ricondurre il fenomeno umano al puro automatismo esecutivo.   

L’immensa rete segreta dell’essere Darwin non poteva sapere che nella grande rete e connessione dell’essere universale, noi umani, qui sulla Terra, come tutti i viventi siamo creature fatte «di polvere di stelle» (J. Gribbin). Nel senso che la vita comincia già nel cuore dell’universo, esattamente con la formazione delle stelle, nel cui nucleo, a eccezione dell’idrogeno, vengono realizzati gli atomi principali presenti poi nel nostro corpo (carbonio, ossigeno, azoto, fosforo, zolfo, ecc.), disseminati nello spazio con l’esplosione delle stesse stelle.

Pur così lontane, le stelle non ci sono estranee, anzi hanno svolto un ruolo essenziale nella nostra esistenza, tracciando un ponte creativo a dimensione cosmica, imprevisto dalla scienza fino a non molti anni fa. Altro che derivare solo da forme viventi più primitive! Noi eravamo già là, nella «raffinatissima regolazione sottile» e calibrata dell’energia originaria (Big Bang) che permette, dopo tempi e spazi cosmici smisurati ma necessari, la formazione di stelle e di galassie e, quindi, la comparsa della vita, dell’intelligenza e della coscienza, almeno qui, sulla Terra.

Fin dal primissimo istante della sua esistenza e della sua evoluzione l’universo sapeva che noi saremmo arrivati. Questa diventa la scoperta scientifica più imprevista e che suscita uno stupore crescente. Effettivamente oggi la scienza può dilatare il senso religioso del nostro intimo legame (religio) con il creato.

Orbene, nella propria epoca Darwin esplorava la vita come fenomeno soprattutto ristretto all’ambito terrestre, trascurando la sua interna connessione con le strutture più profonde dell’universo, nel quale la mente umana risulta, per la stessa scienza, la presenza più sorprendente e davvero speciale. Senza la mente umana, infatti, non esisterebbero né la consapevolezza né la scoperta della teoria dell’evoluzione, ma neppure la coscienza della vita e dell’intero universo.

Certamente l’evoluzione del nostro patrimonio genetico può spiegare molti aspetti della mente umana e alcune sue somiglianze con le menti degli altri esseri viventi. Ma come mai non è uno scimpanzé a scrivere un articolo scientifico, a comporre la Divina Commedia o a suonare Bach?  «Una massa crescente di prove indica che, in contrasto con la teoria di Darwin della continuità della mente fra l’uomo e le altre specie, c’è una profonda separazione tra il nostro intelletto e quello degli animali» (M. Hauser).

Tale nuova attenzione ai dati offerti dalla ricerca scientifica non significa negare il processo evolutivo o affermare che le nostre facoltà mentali siano emerse «dal nulla già pienamente formate». Alcuni elementi costitutivi delle facoltà cognitive umane si trovano anche in altre specie: «Questi elementi costitutivi, però, sono solo l’impronta proiettata sul terreno da quel grattacielo che è la mente umana».

“Singolarmente intelligenti” Che cosa separa, allora, la mente umana da quella delle altre specie? Studi recenti di biologia evoluzionistica mostrano che la nostra unicità di esseri umani si basa sulla costruzione incredibilmente ingegnosa di un cervello che ha «quattro proprietà speciali». La prima «è la capacità di generare una varietà virtualmente illimitata di espressioni, che si tratti di disporre parole, note musicali, combinazioni di azioni o stringhe di simboli matematici» (predisposizioni linguistiche e simboliche).

La seconda proprietà distintiva consiste nell’abilità di combinare idee e pensieri derivanti da campi di conoscenza diversi (scienza, arte, morale, religione, affetti, interessi ecc.), plasmando nuovi paradigmi culturali, nuove leggi, relazioni sociali e tecnologie. La terza qualità speciale comprende «l’uso dei simboli mentali» (dimensione metasensoriale), grazie ai quali siamo in grado di trasformare «spontaneamente qualsiasi esperienza sensoriale – reale o immaginaria – in un simbolo, che possiamo tenere per noi o esprimere agli altri attraverso il linguaggio, l’arte, la musica o le righe di codice per computer».

Infine, la quarta peculiarità presenta gli umani come «i soli che si impegnano in forme di pensiero astratto e spirituale», riflettendo con passione «su roba come alieni e unicorni, sostantivi e verbi, Dio e l’infinito». Tutti gli esseri umani «dai cacciatori-raccoglitori della savana africana agli agenti di borsa di Wall Street dispongono fin dalla nascita dei quattro elementi che definiscono l’unicità della nostra specie: nessun altro animale esibisce tante varietà di stili di vita, di cultura, di civiltà e di spiritualità».

E non è detto che «le nostre ineguagliabili menti abbiano raggiunto il limite massimo della potenza». Si potrebbe contribuire anche al miglioramento del nostro patrimonio genetico, per favorire nuove connessioni nervose e dar vita a nuove strutture di neuroni. Questo genere di interventi, se bene orientato, potrebbe dare luogo a una mente meno vulnerabile alle malattie e alle malformazioni.

Tutto dipende dal senso che diamo alla nostra esistenza, al nostro agire e alle relazioni con gli altri e con l’ambiente naturale. Comunque la pensiamo, non è per nulla saggio degradare l’essere umano, accrescendo quella «mentalità da discarica» (Fred Hoyle) che ci impedisce di sviluppare nella creatività e nell’autenticità la nostra e la vita altrui.  
                                                                                          

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