Contro il dolore inutile

La nuova legge sulle cure palliative e la terapia del dolore. La rete del sollievo. Morfina e radioterapia. Intervista al prof. Cellini del Policlinico Gemelli di Roma.
Prof. Numa Cellini
Prof. Cellini, è stata recentemente approvata dal Parlamento la legge sulle cure palliative per i malati terminali e la terapia del dolore per tutti i pazienti in generale. Un commento …

«Credo sia una buona legge, per il contenuto, ma anche per lo spirito con cui è stata approvata. E’ infatti una legge bipartisan, voluta da tutti».

Come mai c’è voluto così tanto per arrivare al traguardo?

«Si tratta di avvicinarsi alla sofferenza, quella vera, quella dura, quella disperata. Siamo arrivati alla legge, ma dobbiamo ancora formare gli operatori (medici, infermieri, tecnici), e la gente, perché si parla di queste cose sempre con una certa diffidenza, prendendo le distanze. A nessuno fa piacere essere coinvolto in queste situazioni, dimenticando che da un momento all’altro potremmo trovarci noi stessi, come diceva una collega, dall’altra parte della cartella clinica».

Nella legge si parla di 250.000 utenti potenziali l’anno, di cui 11.000 minorenni, per cui serve “numerosissimo personale”…

«Più l’assistenza si fa attenta e scrupolosa, più c’è bisogno di personale preparato. Bisogna sapere come avvicinarsi a questi pazienti, essere persone preparate, aperte all’altro, a condividere la sua condizione».

Lei è stato un precursore in questo campo…

«Come docente dell’Università Cattolica ho aderito all’iniziativa della fondazione Gigi Ghirotti che già nove anni fa ha proposto la “Giornata del sollievo”, l’ultima domenica di maggio. Una giornata che andrebbe festeggiata in tutti gli ospedali italiani. Abbiamo anche promosso un concorso che ha guadagnato un consenso crescente da parte dei Ministeri della Salute e della Pubblica istruzione, oltre che dei docenti e dei ragazzi delle ultime classi delle scuole elementari, delle medie e delle superiori. Il titolo del concorso è “Un ospedale con più sollievo”: prevede un disegno per i ragazzi più piccoli, un pensiero per quelli delle medie e un videoclip per quelli delle superiori. Ha avuto un successo che dovrebbe incoraggiare tutti ad impegnarsi ancora di più su questo fronte».

Di quale sollievo si tratta?

«La cultura del sollievo dal dolore inutile, rivolta prima di tutto a coloro che ne hanno più bisogno, cioè i malati terminali e quelli cronici. Il dolore utile è quello che ti preserva da un danno maggiore, come quando avvicino la mano ad una fiamma. Qui si tratta invece di combattere il dolore inutile con iniziative concrete, da quelle culturali rivolte soprattutto alle nuove generazioni, a quelle organizzative con nuovi modelli assistenziali. Questa legge, opportunamente, si basa sulla promozione di una rete assistenziale».

Cosa si intende per rete?

«La rete si identifica con il concetto di comunità, di condivisione. Oggi questi principi sono facilitati da risorse informatiche che, se c’è la volontà di utilizzarle, cioè se la rete è costituita prima di cuori e poi di materiale tecnologicamente avanzato, permettono di collegare il territorio alle istituzioni ospedaliere per evitare che il paziente si senta emarginato o peggio gli vengano negate certe risorse.

A questo proposito mi permetto un rilievo alla legge che non cita esplicitamente alcuni mezzi come la radioterapia che da decenni ha un ruolo importantissimo per la cura, la guarigione, ma anche la risoluzione di determinati sintomi».

Può spiegare meglio come funziona la "Rete del sollievo" che avete organizzato?

«Il senso in breve è questo: pazienti seguiti in hospice o a domicilio, vengono collegati attraverso la rete ad un istituto ospedaliero provvisto di radioterapia. L’operatore che va a casa del paziente può, con un programma sw che abbiamo creato appositamente, informare direttamente l’ospedale che c’è un paziente con dolore, sotto terapia con i famosi derivati della morfina, i cosiddetti farmaci oppioidi, che potrebbe trarre giovamento dell’applicazione di radioterapia. In questo caso si programma il trasferimento del paziente per due giorni presso l’ospedale dove viene riservato un letto appositamente attrezzato. Quando il paziente arriva in ospedale è già conosciuto, per cui viene accolto correttamente, rispettando quella continuità delle cure a cui la legge fa fortemente riferimento. In certi momenti, infatti, non è facile affrontare un altro team di medici ed operatori. Dopo la terapia il paziente viene riportato a casa o nell’hospice dove era degente».

Quindi radioterapia al posto della morfina?

«E’ esattamente questo l’obiettivo della rete: evitare che il paziente sia condannato a dosi crescenti di morfina. Perchè va bene facilitare la prescrizione dei farmaci oppioidi come fa la legge, ma bisogna anche dare la possibilità di risolvere il problema, quando possibile, con “una sola” applicazione di radioterapia, anche per i pazienti non ricoverati in ospedale».

Quanti sono gli hospice di questa rete?

«Quasi 200, collegati in tutta Italia. E’ una rete che sta crescendo, una rete di cuori e cervelli prima che di informatica. Speriamo che questo modello possa essere applicato sempre più, anche se la legge non parla di radioterapia, forse perché manca la conoscenza di questo strumento. Radioterapia non in alternativa o in contrapposizione alla morfina , ma come tentativo, spesso coronato da successo, di evitare l’uso prolungato del farmaco che è indispensabile solo come fase di attacco. Un’unica applicazione di radioterapia può in tanti casi ridurre o eliminare la necessità di continuare l’assunzione di morfina. Credo che questo dovrebbe essere condiviso da tutti».

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