Conte 2 e azzardopoli, segni di cedimento

Nella legge di Bilancio si prevedono nuove concessioni di Videolottery. E si tende a togliere potere ai comuni. L'appello di Avvenire e segnali di dissenso dai 5 Stelle
ANSA/ANGELO CARCONI

Come detto più volte, tutto ciò che si muove intorno al settore dell’azzardo permette di avere una idea dei poteri prevalenti in Italia e di conseguenza lo stato della democrazia nel nostro Paese.

Si può dire che, rompendo gli schemi, la coalizione del Conte 1, marcata 5 Stelle e Lega, è riuscita ad imporre il divieto di pubblicità dell’azzardo. Così come già avviene per il tabacco. Totti è passato a girare spot per detersivi non per aver ascoltato gli appelli dei suoi tifosi più responsabili, ma per un divieto imposto dalla legge. Il gigante Lottomatica, tuttavia, ha saputo aggirare l’ostacolo perché ogni giorno sulla home page di Repubblica si trova un pezzo sulla sua beneficienza che opera a favore dei campetti di gioco delle periferie italiane. Una pubblicità indiretta sostenuta dal Coni, che dovrebbe avere a cuore il gioco vero e non il mercato dell’azzardo.

L’ultima ricerca del Cnr, pubblicata sulla stampa specialistica in campo sanitario ed economico, conferma un dato facilmente intuibile e cioè che l’aumento del consumo di azzardo si registra con Videolottery, Slot machine e scommesse. Il settore, cioè, che produce più dipendenza e si rivela molto attrattivo dalla clientela più povera. E cosa fa il Conte 2, cioè il governo in sella da pochi mesi che mette assieme centrosinistra e 5 Stelle? Pone nella legge di bilancio un incremento delle licenze proprio per le VideoLottery (Vlt).

Vengono di fatto scavalcati parlamentari coerenti come il pentastellato Giovanni Endrizzi che ha espresso la sua contrarietà in una lettera pubblica su Avvenire. Lo stesso quotidiano ha pubblicato domenica 8 dicembre un editoriale a più mani per invocare in materia il rispetto delle priorità costituzionali, a partire dal limite all’esercizio della libertà di impresa definita nell’articolo 41 della Carta.

Secondo il giurista ed ex ministro della Salute, Renato Balduzzi, il sociologo Maurizio Fiasco e l’economista Leonardo Becchetti, gli interessi delle imprese che hanno investito nell’azzardo legalizzato vengono molto dopo il diritto alla salute pubblica. Mentre lo Stato non può pretendere di fare cassa in maniera miope incentivando il mercato dell’azzardo che produce pesanti esternalità negative, arrivando a sottrarre, in un anno, 107 miliardi di euro all’economia reale.

Non essendo state definite, all’interno del ministero dell’economia, le deleghe al settore “giochi pubblici”, la responsabilità intera di tali scelte ricade sul ministro Roberto Gualtieri, anche se l’impostazione è facilmente rintracciabile in quella già promossa sotto il governo Gentiloni dal sottosegretario Pier Paolo Baretta. Compresa la tendenza ad attenuare la potestà normativa dei comuni in materia di orari e distanze dai luoghi sensibili.

Ma i tre esperti editorialisti di Avvenire lamentano anche la carenza di trasparenza e rigore nelle procedure di attribuzione delle concessioni pubbliche dell’azzardo, fino ad evidenziare un aspetto inquietante e paradossale delle «normative antimafia: si applicano ai concessionari, ma non ai loro partners per l’esercizio della concessione, sicché si sono verificati casi gravissimi di società gestionarie infiltrate o riconducibili alla delinquenza organizzata».

Ragioni motivate per un cambio di indirizzo politico da parte del Conte 2 che stenta tuttavia a scorgersi.

Dovrebbe essere chiaro che, come posto in evidenza con il movimento Slot Mob,  fino a quando non verrà messo in discussione il sistema delle concessioni pubbliche dell’azzardo ai privati, la società civile che si batte contro l’azzardopoli italiana è costretta a giocare la sua partita di rimessa e restando in difesa. Un modo per perdere di sicuro.

 

 

 

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