Contaminazione su larga scala

Un territorio inquinato che copre 23 comuni con 120 mila persone. Un’incidenza anomala di tumori, cirrosi e diabete. La difesa della Miteni

Le sostanze perfluoroalchiliche – meglio note come Pfas, sostanze utilizzate nell’industria chimica – possono apparire come qualcosa di sconosciuto ai più; ma sono da anni tristemente note ai cittadini veneti dopo che nelle acque di vaste aree della regione è stata evidenziata la loro presenza, collegata all’insorgenza di tumori ed altre patologie. La situazione è particolarmente preoccupante in provincia di Vicenza; dove è finita sotto i riflettori la Miteni, multinazionale chimica di Trissino, indagata con l’accusa di aver smaltito in maniera illecita i residui di lavorazione contaminando così acque e terreni circostanti.

In una vicenda che è articolatissima e non coinvolge solo il vicentino, in questi giorni è tornata alla ribalta appunto la Miteni: perché a Venezia è stato illustrato uno studio di Enzo Merler e Paolo Girardi, epidemiologi delle università di Padova e di Verona, che ha evidenziato come tra il personale dell’azienda la mortalità degli addetti direttamente esposti alle sostanze risulti superiore alla media con un’incidenza anomala di tumori nonché di cirrosi, diabete ed ipertensione. Tenendo conto che tutto ciò è avvenuto a conclusione di un workshop internazionale voluto dalla Regione sulla contaminazione che ha avvelenato suolo e acque di 23 comuni, su una superficie di 150 kmq popolata da 120 mila persone, si capisce come l’allarme si sia ulteriormente alzato.

La Miteni ha cessato di produrre Pfas nel 2011, e i due ricercatori hanno analizzato le cartelle cliniche di 415 lavoratori partendo da quelle risalenti al 1968. Parte di questi erano impegnati nella sintesi di Pfas e dei suoi composti Pfoa e Pfos, prodotti utilizzati a scopo impermeabile; e tra i 70 a contatto diretto con le sostanze, ha affermato Merler, «la percentuale di decessi è superiore alla media e così l’incidenza di patologie. La nostra indagine non è conclusa e sconta i limiti del campione e la difficoltà di ricostruire il quadro clinico, tuttavia abbiamo rilevato picchi di concentrazione di perfluoro nel sangue pari a 10 mila nanogrammi contro i 2-3 fisiologici».

Prendendo in considerazione le analisi effettuate in concomitanza della fine della produzione di Pfas, i ricercatori hanno evidenziato addirittura un picco di 91.900 nanogrammi – basti dire che per la Dupont in Ohio, appena condannata a pagare 672 milioni di dollari per inquinamento della falda con le stesse sostanze, il valore si ferma a 9550 nanogrammi. Anche le analisi effettuate su 120 agricoltori che vivono nella zona circostante hanno evidenziato una concentrazione di Pfas doppia rispetto a chi vive al di fuori dell’area critica.

La Miteni continua, come sempre ha fatto, a respingere tutte le accuse: nel comunicato diffuso in seguito a questa presentazione, l’azienda ha affermato che «è altrettanto evidente che con numeri così piccoli un singolo malato in più o in meno cambia completamente il risultato, e questo peraltro in assenza di qualsiasi analisi dei fattori di confondimento o di altre esposizioni, come peraltro esplicitato dallo stesso relatore. Le conclusioni non rispettano elementari regole scientifiche della statistica tra impostazione e conclusioni e creano allarme senza alcun motivo». Ha inoltre aggiunto che «negli ultimi anni abbiamo investito oltre 15 milioni nel trattamento delle acque e in interventi ambientali, adottando tutte le misure di sicurezza richieste».

Rassicurazioni che però sembrano convincere poco i cittadini, che da anni vivono – e muoiono, a quanto sembrerebbe – con questo problema. L’allarme è stato lanciato nel luglio del 2013, con la segnalazione di valori abnormi di Pfas nel sangue. La Regione ha fatto installare dei filtri, che pur avendo sortito qualche effetto – le ricerche presentate hanno evidenziato un arresto delle patologie neonatali attribuibili ad inquinamento da Pfas proprio in quell’anno – non sono stati del tutto risolutivi: gli studi dimostrano tuttora negli adolescenti valori di Pfas 21 volte più elevati del normale, e tempi di smaltimento dell’accumulo fino a vent’anni.

Il Consiglio regionale ha approvato l’8 febbraio l’istituzione di una commissione d’inchiesta sull’argomento. La Regione ha anche annunciato una campagna di monitoraggio sui 7 ettari di terreni della Miteni, con dei carotaggi per analizzare il livello di contaminazione; mentre l’assessore alla sanità Luca Colletto ha assicurato che verrà allargata l’area dei test. Si stima infatti che la contaminazione possa aver coinvolto tra le 250 e le 350 mila persone.

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