Comunione e disabilità

Sulla vicenda della “negazione” della Comunione a un bambino disabile, scegliamo di guardare le cose con un’altra misura
Un disabile

La vicenda della Comunione negata a un bambino disabile è stata sicuramente la classica bolla mediatica, quella che viene prodotta da una notizia Big Babol (la gomma per antonomasia) che diventa sempre più grande, più si diffonde.
Sarà difficile giungere alla verità in campo massmediatico tra i colpevolisti – moltissimi – che le danno giù al prete di Porto Garibaldi, reo di aver negato la prima comunione a un bambino disabile, e gli innocentisti – pochissimi – che giurano che le cose sono andate diversamente.

Alla fine sembra che il bambino farà la comunione, ma con un percorso un po’ più condiviso. L’importante sarà recuperare le cose con i suoi compagni affinché comprendano la verità e non rimangano con dubbi che non fanno bene alla loro crescita.

Noi, rispetto al fatto, scegliamo una strada un po’ diversa. Il prodotto cronachistico in sé interessa poco, soprattutto per la troppa facilità allo scoop e alla manipolazione. Interessa di più comprendere quanta passione e dedizione c’è tra gli appartenenti alle comunità popolate da cristiani affinché persone disabili, anziane, povere, in disagio, possano sentirsi a casa, come succedeva nelle vie della Giudea e della Palestina ai tempi di Gesù.

Chi può entrare nell’anima profonda delle persone a comprendere il vero peso specifico della spiritualità e non solo della teologia e della catechesi, pur importantissimi e basilari in un percorso di fede? Ho visto gesti di dolcezza e di altissima contemplazione negli occhi di persone con disabilità, come con Chiara, una mia grande amica, che ha ricevuto la comunione e la cresima nella sua condizione di cerebrolesa.

Sicuramente molti passi sono ancora da fare per comprendere il significato di comunità che abbia confini inclusivi piuttosto che categorie di appartenenza. Occorre sviluppare maggiormente una teologia della tenerezza e dell’accoglienza che dia modo di sviluppare un rapporto con l’assoluto senza cataloghi comportamentali. Forse è bene stare affianco, e non solo di fronte, ai sacerdoti, spesso soli di fronte alle tante domande e alle spesso poche risposte.

Guardando e sentendo persone con disabilità, sento che è inutile aggrapparsi ai razionali schemi che ho imparato, di fronte all’innocente silenzio che ci propongono, con la mia intelligenza posticcia non arriverò mai al loro infinito.



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