Combattere il bullismo nelle scuole

Negli ultimi giorni sono emersi molti fatti di cronaca, che hanno visto come vittime e bulli dei minorenni. Come riconoscere questo fenomeno sempre più preoccupante e come contrastarlo

L’ultimo episodio noto è avvenuto in provincia di Napoli. Un ragazzino di 13 anni, ciuffo alto, occhi buoni e faccia pulita, è stato picchiato a sangue da un gruppo di coetanei. I genitori hanno denunciato le violenze e hanno pubblicato su internet il viso tumefatto del figlio, invitando tutti coloro che sono a conoscenza di episodi di bullismo a farsi avanti, per cercare di arginare questo fenomeno. 

Qualche giorno prima da Vigevano era arrivata la notizia di uno studente picchiato, umiliato e violentato da una “baby gang” di 15enni, oggi in manette, che riprendevano gli abusi e li diffondevano tra gli amici. Ma non solo lui era stato colpito. I bulli prendevano di mira i soggetti più deboli, incapaci di difendersi, scegliendoli tra compagni di classe o vicini di casa.

In Francia, invece, il 22 gennaio è morta Emilie: aveva soltanto 17 anni e si è tolta la vita perché vittima di bullismo a scuola. A distanza di mesi dal suo decesso i genitori hanno autorizzato La Voix du Nord a pubblicare alcuni estratti del suo diario segreto per raccontare l’inferno che l’adolescente si è trovata a vivere. Un supplizio fatto di sguardi, frecciatine sull’abbigliamento (la chiamavano clocharde per le sue scarpe vecchie), continui commenti in classe, durante le lezioni, fatti dai compagni a voce non così bassa da non essere sentiti. I genitori della vittima hanno sporto denuncia contro l’istituto per scoprire il grado di conoscenza dei fatti da parte del corpo docente. Trattenere le lacrime, inciampare in mezzo agli sputi, vedere i suoi libri lanciati dalle scale sono i racconti quotidiani che scorrono in mezzo alle pagine di questo diario di dolore e umiliazione.

Il bullismo è un problema sociale e culturale di vaste proporzioni, che non può essere addebitato esclusivamente alla scuola, eppure questa resta lo stesso uno dei luoghi privilegiati di molti atteggiamenti di prepotenza e violenza fisica e psicologica. Per combattere questo odioso fenomeno, un’associazione di volontariato dal nome Panagiotis, che vede al suo interno vari professionisti spendersi per attività di ascolto e supporto alle famiglie in difficoltà, ha fatto partire – su specifica richiesta di alcuni genitori – il progetto “Io no bullo – Ambasciatori di fratellanza” in alcune scuole elementari palermitane (fra cui la Tenente Onorato Carmelo), con lo scopo di prevenire più che reprimere, con una vera e propria campagna educativa che arrivi al cuore e alla mente dei giovani.

Per ottenere tale obiettivo gli esperti si avvalgono della metodologia del gioco (attraverso cui lanciare un messaggio, senza farsene accorgere) e di un video per far riconoscere ai bambini chi possa essere la vittima, chi il bullo, chi gli spettatori. Nel video si vede un piccolo pulcino che ha poca fiducia in sé stesso e viene deriso dai compagni più prepotenti; situazione che lo fa stare in isolamento con la tendenza a credersi incapace di fare determinate cose finché non trova degli amici che lo aiutano. Sentendosi accettato dagli altri, riprende a stare con loro. Un progetto, quello dell’associazione Panagiotis, che ha visto ultimamente come utenti non solo i bambini, ma anche gli insegnanti e i genitori, con l’obiettivo di raddoppiare la sensibilizzazione sul tema, anche perché sui bambini possono influire gli esempi infelici degli adulti. Un linguaggio offensivo, scurrile, violento o semplicemente “disinvolto” degli adulti in qualunque sede esso si esplichi, si traduce subito infatti, nell’universo infantile e poi adolescenziale, in una spinta emulativa, in un sostanziale via libera.

 

Ma eccoci alle linee guida, illustrate dallo psicologo Riccardo Inguì.

Che cos’è il bullismo

«Il bullismo è: un’oppressione psicologica o fisica ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona (o un gruppo di persone) più potente verso una persona percepita più debole. E’ bullismo quando: è intenzionale (cioè vi è l’intenzione di fare del male); è persistente nel tempo; è asimmetrico (in quanto la vittima è impossibilitata a difendersi perché il bullo è sempre più forte). Il bullismo diretto (modalità più usata dai maschi) è fisico o verbale: può sostanziarsi di pugni, calci, oppure minacce, insulti, prese in giro, estorsioni. Il bullismo indiretto (più tipico nelle femmine) agisce prettamente sul piano psicologico. Suoi esempi possono essere l’isolamento, l’uso di smorfie e gestacci, la diffusione di pettegolezzi».

 

Che cosa non è il bullismo.

«Spesso degli episodi di contrasto, litigi – ha spiegato Inguì – sono catalogati come episodi di bullismo, a causa della loro natura conflittuale. Ma furti, minacce, molestie e abusi sessuali, sono classificati come comportamenti antisociali che non sono riconducibili a ciò che definiamo bullismo. Quindi, usciamo dai luoghi comuni, che il bullismo sia “una ragazzata”, che serve a crescere di più, che la vittima dovrebbe imparare a difendersi, che accade solo in contesti svantaggiati, che il bullo sia così per bassa autostima e insicurezza».

 

«Gli attori del bullismo sono: il bullo, la vittima e gli spettatori. Il bullo: può essere un leader autoritario; è in media più forte degli altri; prova soddisfazione nell’umiliare gli altri, ha un’autostima elevata. I gregari sono: più deboli del bullo; sono la sua spalla; godono di minore popolarità; possono avere rimorso. La vittima può essere: passiva o sottomessa (è un soggetto più debole, ansioso e insicuro; ha bassa autostima; è incapace di difendersi; ha la tendenza a chiudersi in sé e non parla delle violenze; il suo rendimento scolastico è scarso) oppure provocatrice (è allora un soggetto irrequieto ed iperattivo; ha problemi di concentrazione; ha comportamenti che irritano gli altri; è ansioso e ha bassa autostima). Gli spettatori sono costituiti dal gruppo dei pari che assiste alle prevaricazioni dei bulli. Anche qui abbiamo: chi prende le parti del bullo; chi cerca di difendere la vittima; una maggioranza silenziosa. Quali sono gli interventi possibili a scuola? Ascoltare (ascolto attivo ed empatico) il bambino; mettere a conoscenza di eventuali dubbi e problemi le insegnati o le mamme oltre che il personale che lavora in struttura, per monitorare e intervenire su eventuali situazioni di disagio».

 

Certi che, comunque, la lotta contro il bullismo diventa davvero efficace quando i testimonial sono gli stessi giovani. «Cari ragazzi – ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di inaugurazione dell’anno scolastico 2016-2017 a Sondrio – essere prepotenti con i più deboli non è sinonimo di forza, ma di viltà. È segno di incapacità di misurarsi con chi è forte. Confidare nell’essere più numerosi per accanirsi contro uno solo è segno di estrema debolezza. È sintomo, in realtà, di paura. Non fatevi trascinare, ma resistete e reagite all’arroganza. I bulli sono una piccola minoranza. Sono ragazzi infelici e pieni di problemi. Fate valere con loro la vostra tranquillità: quella della solidarietà e dell’amicizia. Vincete voi questa sfida».

 

 

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