Cittadella, apre il nuovo Museo del Duomo

A Cittadella, nel padovano, una raccolta preziosa di dipinti, affreschi - anche di Jacopo da Ponte detto il Bassano -, sculture e manifatture, raccolti dalla passione per l’arte nella cittadina veneta.  
Cittadella, Cena di Emmaus

Piccolo è bello, è sempre bello. E a Cittadella, con la sua cinta muraria straordinaria, il fascino rimane intatto. Il nuovo Museo all’interno delle mura è contiguo al duomo e congloba anche quanto rimane della precedente chiesa medievale con i suoi preziosi affreschi: una ducentesca Madonna col Bambino e santa Margherita, una Crocifissione di sapore giottesco e i resti di un ciclo del Bassano tra il 1537 e il 1539.

E, a proposito di Jacopo da Ponte detto dalla sua città il Bassano, il museo accoglie un capolavoro giovanile di rara bellezza. Si tratta della Cena in Emmaus, dipinta sul 1538, che già propone il linguaggio caratteristico di questo genio vissuto in provincia ma per nulla provinciale: il realismo e la religiosità pacata. L’interno di una locanda, con l’oste col grembiule, i l gatto e il cane, i due bambini che curiosano dalla tenda, le ciliegie – siamo nella stagione – sulla tovaglia, i pezzi di pane, il bicchiere di vino, i due pellegrini scalzi, parlano di una quotidianità semplice, tranquilla, pur nei gesti di sorpresa davanti al Cristo benedicente, morbido, dolce. C’è una religione della casa, del mondo rurale, sobria ma sincera. Poi Bassano allarga la visuale ed apre un paesaggio serotino, con le ombre in alto e il massiccio – il Grappa? – lontano fra casolari e gente, mentre si indovina la brezza della sera nell’alberello scosso dal vento. Ma il dettaglio naturalistico più interessante è la rondine nera posta sul traliccio, sola verso gli spazi: un inciso poetico   in questa atmosfera pre-caravaggesca, ma senza tensioni, serena.

Accanto al Bassano ecco la grande tavola del Compianto sul Cristo morto, del secondo Quattrocento, forse di Andrea da Murano e certo  di uno stile lagunare nervoso, insistito, drammatico. L’emozione prende tutti i presenti in un grido dolente che si alza sul cadavere, mentre lo sfondo diventa anch’esso impietrito da dolore. Lo sfondo è un miracolo d’invenzione. La città che si aggrappa sul picco montano – Marostica? – è descritta con una astrazione come fossimo in De Chirico o Sironi, ferma nel colore, petrosa come in Mantegna o Montagna, ma dal colore lunare, vetroso, irreale. Il museo meriterebbe una vista solo per ammirare Bassano e il Muranese.

Ma non sono le uniche opere che suscitano stupore. Dalla Flagellazione di Palma il giovane, tra Cinque e Seicento, memore di Tintoretto e Tiziano, si passa alla Croce processionale quattrocentesca, dal ligneo e policromo san Rocco, patrono contro la peste – e la pandemia, dunque …-, ai parati preziosi per le Quarantore, per citare solo alcune opere, la rassegna è squisita. Frutto di un volontariato appassionato che ridà luce alla storia, alla religione, alla bellezza da trasmettere alle nuove generazioni. Sobrio e preciso l’allestimento curato dall’architetto Gianni Toffanello in accordo con il Museo diocesano di Padova. Da visitare su prenotazione, per informazioni: cittadella@historiatravel.it, www.museoduomo.it

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons