Chi ordinò l’omicidio di Falcone?

Vent'anni fa i boss della mafia brindavano in carcere per la morte del giudice. Vent'anni dopo le indagini e la lotta alla mafia continuano
Falcone e Borsellino

Il 23 maggio 1992 in un attentato sull’autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci – a pochi chilometri da Palermo –, persero la vita Giovanni Falcone, sua moglie Laura Morvillo e tre agenti della loro scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montanaro. Rimasero invece illesi altri quattro componenti del gruppo al seguito del magistrato: l’autista giudiziario Giuseppe Costanza che era seduto nel sedile posteriore dell’auto blindata che, come si ricorderà, stava guidando lo stesso Falcone, e gli agenti Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.
 
Il tritolo, circa cinquecento chili, era stato messo in una galleria scavata sotto l’autostrada nel tratto che collega l’aeroporto di Punta Raisi (oggi Falcone e Borsellino) alla città di Palermo. Un frigorifero bianco, posto ai lati dell’autostrada, era stato preso come punto di riferimento. Giovanni Brusca fu quello che materialmente azionò il telecomando al passaggio dell’auto blindata di Falcone.
 
Ancora oggi si conoscono solo gli esecutori materiale della strage. Infatti le indagini non hanno prodotto risultati apprezzabili circa i mandanti e gli eventuali intrecci con la politica. La sera stessa, presso il carcere palermitano dell’Ucciardone, i mafiosi brindarono alla notizia dell’avvenuta esplosione. Un fatto sgradevole e cinico e infatti le stragi in cui persero la vita Falcone, e i loro uomini di scorta, hanno segnato profondamente la città e la nazione, e sicuramente rappresentano una delle pagine più dolorose della lotta alla criminalità organizzata.

“La storia si zappa a millimetri” soleva dire il poeta siciliano Ignazio Buttitta, e nel contrasto alla mafia, in particolare, è proprio vero! È di questi giorni, infatti, la notizia che, in secondo grado, ha retto l’impianto accusatorio del processo “Perseo” che vedeva imputato il vertice di Cosa Nostra palermitana. Il processo nasce da un maxi-blitz contro le cosche che portò in carcere 98 tra boss e gregari accusati di mafia, estorsione e traffico di droga. In buona sostanza con questa operazione gli inquirenti hanno assestato un duro colpo a Cosa Nostra e probabilmente hanno stroncato sul nascere il tentativo di riorganizzarsi da parte della mafia.
Un motivo in più per commemorare con serietà e dignità la strage di Capaci.

 

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