Catania sotto attacco climatico: città in ginocchio

La città fa i conti con la devastazione provocata da quello che è stato classificato come “Medicane”, uragano mediterraneo: danni ancora in corso e persino vittime
maltempo

Mai vista, nella terra del Sole, una cosa del genere: degli uragani del mediterraneo, in Sicilia, si aveva solo rara percezione tra esperti di settore. Ma per capire innanzitutto la portata della settimana di passione che sta vivendo soprattutto il versante jonico-etneo dell’isola, bisogna ipotizzare di riempire d’acqua un metro quadro di terreno con 500 litri, ovvero mezza tonnellata. Come cioè prendere 55 confezioni da 6 bottiglie da un litro e mezzo ciascuna ponendole su un metro quadro: tenuto conto che ogni millimetro di pioggia corrisponde a un litro d’acqua per metro quadrato, martedì 27 nell’etneo ne sono caduti circa 500 in 48 ore. Nella piana di Catania, addirittura, ne sono arrivati qualcosa come 300 in sole due ore. Sostanzialmente, secondo i meteorologi, si tratta della portata che la pioggia porta da queste parti in circa 6 mesi, nelle stagioni canoniche. Nella vicina Calabria si è arrivati a 451,6 millimetri in 48 ore nel vibonese e, anche se siamo ancora lontani dai quasi mille millimetri dei primi giorni di inizio mese in Liguria, record assoluto per l’Italia, la scarsa manutenzione di più punti del territorio ha generato un vero e proprio disastro.

 

Genesi di un disastro

Evitiamo, come da raccomandazioni degli esperti, di usare termini come “bomba d’acqua”, definizione impropria e allarmistica. Di fatto, in autunno zone della Sicilia come anche della Liguria sono da sempre soggette a nubifragi importanti per la conformazione del territorio, con montagne vicine al mare, ancora caldo e che incrocia le prime perturbazioni fredde restituendo molta energia e “caricando” le perturbazioni che, quando finiscono contro le montagne, generano tali fenomeni imponenti che il territorio non riesce ad assorbire, soprattutto se, come in troppe zone del catanese, non è tutelato con un’adeguata regimentazione dei corsi d’acqua ed è esposto ad abusivismo edilizio e incuria. Tuttavia, se a preoccupare non è tanto l’intensità del singolo fenomeno, lo è il fatto che questi nubifragi si stiano intensificando stremando il territorio: evidenti effetti del cambiamento climatico. L’uragano mediterraneo generatosi in mare venerdì 29, ribattezzato “MediCane” (incrocio di Mediterranean Hurricane) è infatti un ciclone con caratteristiche tropicali con pesanti precipitazioni e venti oltre i 100 chilometri orari e, di conseguenza, forti mareggiate. Tra gli uragani, comunque, Medicane appartiene al gradino più basso in una scala da 1 a 5.

 

Danni e vittime

Sebbene una conta più precisa dei danni potrà essere fatta solo dopo il finesettimana, con il dissolversi del fenomeno, Catania e alcune zone limitrofe sono state letteralmente paralizzate e messe in ginocchio. Tutte le attività non essenziali sono state chiuse e porte e garage sigillarti alla meno peggio nella giornata di mercoledì, dopo l’alluvione di martedì. In quest’ultima giornata, i danni maggiori si erano avuti nei comuni di Scordia e Gravina, ma anche nel cuore storico di Catania, ove piazze e vie del centro erano diventati letteralmente fiumi in piena in grado di spostare persino auto parcheggiate, travolgendo il resto sulla carreggiata. Già tre le vittime accertate: una coppia di sessantenni travolta dalla furia dell’acqua in strada a Scordia, il 25 scorso, e un 53enne altrettanto trascinato via dopo essere sceso dall’auto, a Gravina. Non si contano però, le azioni pressoché eroiche anche riprese in video di molti cittadini alle prese con salvataggi.

 

Emergenza idrogeologica: le parole di Musumeci

Dichiarando lo stato d’emergenza, il presidente della regione siciliana, Nello Musumeci, bersaglio delle critiche, ha dichiarato in una nota: «La successione e l’eccezionale intensità di vento e piogge ha messo a dura prova la nostra Isola, causando vittime e ingentissimi danni. Apprezziamo l’attenzione dimostrata dal capo della Protezione civile nazionale Fabrizio Curcio e al governo centrale chiediamo di avviare al più presto tutti i meccanismi per lo stanziamento delle risorse necessarie a ripristinare le infrastrutture pubbliche e ristorare chi ha subito danni. Bruxelles, invece, convochi meno tavoli sul cambiamento climatico e agisca con immediatezza con un’iniziativa strategica che coinvolga tutti gli Stati membri: la Sicilia è minacciata da troppi rischi, naturali e antropici e ha bisogno di interventi concreti. Servirebbe una legge speciale con una risorsa di almeno 3 miliardi di euro per mettere in sicurezza il territorio siciliano, abbandonato e devastato da oltre mezzo secolo. Negli ultimi quattro anni abbiamo già investito oltre 400 milioni di euro di fondi europei per contrastare il dissesto idrogeologico e l’erosione costiera – conclude – e circa 80 milioni per la pulitura di fiumi e torrenti. Interventi mai fatti prima, ma si tratta di una goccia nel mare delle azioni necessarie a rendere sicuro il nostro territorio di fronte a fenomeni con cui ormai dovremo fare i conti sempre più spesso e per i quali dobbiamo farci trovare preparati. Serve un nuovo approccio nella progettazione urbanistica del territorio e delle città».

 

Come vengono spese le risorse (sempre che si riesca a ottenerle)?

Eppure, di molte spese citate dal presidente, i cittadini dei comuni limitrofi non possono avere contezza: sia perché, alle prime piogge, tombini, aree di deflusso e caditoie, spesso intasati, non reggono o cedono subito; sia perché troppo spesso non si trova traccia nei conti di diversi comuni dell’hinterland catanese di tali spese di prevenzione, o di note spese, fatture o ricevute che comprovino una reale buona spesa dei fondi stanziati. Ancora più spesso, numerosi progetti di riqualificazione, prevenzione o riparazione non vanno a buon fine, sull’isola, per mancanza di competenze del personale addetto. Proprio come accaduto poche settimane fa con ben 31 progetti su 31 bocciati, per un valore di 450 milioni di euro persi, in materia di agricoltura per i capitoli legati al Recovery plan. Più che chiedere risorse, non sarà il caso di rivedere la capacità effettiva della macchina amministrativa centrale e periferica, approfittando di questa grande fase di transizione, per sapere utilizzare le copiose risorse già stanziate e possibili?

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