Catalogna, verso la sospensione dell’autonomia

Il governo spagnolo intende avviare la procedura prevista dall'articolo 155 della Costituzione, finora mai utilizzata, dopo la risposta di Puigdemont a Rajoy, che con equilibrismi lessicali vuole mantenere aperta la porta all’indipendenza.  

Pochi minuti prima della scadenza stabilita dal governo centrale, oggi è arrivata la risposta definitiva al quesito inviato dal premier Mariano Rajoy al governo catalano l’11 ottobre, per avere una chiara conferma da parte del presidente catalano, Carles Puigdemont, sull’avvenuta – oppure no – dichiarazione “formale” di indipendenza della Catalogna. Una prima risposta c’era già stata nei giorni scorsi, ma non definitiva. Non è che il testo inviato a Madrid da Barcellona oggi sia di una chiarezza specchiata, visto che appare piuttosto un esercizio di ricamo linguistico, ma sembra una dichiarazione che comunque farà decidere il governo centrale ad attivare quanto previsto dall’articolo 155 della Costituzione spagnola: l’autonomia della Catalogna sarà cioè sospesa. Mariano Rajoy, nel suo discorso al congresso dei deputati, l’aveva detto: «La risposta che il signor Puigdemont darà a questo requisito indicherà il futuro degli avvenimenti nei prossimi giorni».

Diversi analisti hanno sottolineato non solo il «tono minaccioso» di Rajoy nei confronti del governo catalano, ma anche nelle comunicazioni tra il presidente della Generalitat catalana (prima Artur Mas, ora Puigdemont) e il presidente Rajoy, da quando nel 2012, nel pieno della crisi economica, il governo centrale aveva detto di no alla proposta di Mas di stabilire un “tavolo economico comune” per la Catalogna.

Ora il «tono minaccioso» nella risposta di Puigdemont è chiaro: «Se il governo dello Stato persiste nell’impedire il dialogo e continua la repressione, il Parlamento della Catalogna potrà procedere, se lo crede opportuno, a votare la dichiarazione formale d’indipendenza che non ha votato il 10 ottobre». Ma il presidente catalano resta evasivo utilizzando l’espressione «potrà procedere, se lo crede opportuno». Dunque, visto «il rifiuto» a rispondere con chiarezza, «il governo della Spagna andrà avanti con i percorsi previsti nell’articolo 155 della Costituzione per ristabilire la legalità nell’autogoverno della Catalogna», come si può leggere nel comunicato emesso dal governo centrale un’ora dopo la risposta di Puigdemont.

Che prevede quest’articolo? È pure questo un testo impreciso, o almeno imprevedibile, nel senso che non è mai stato applicato e perciò non esiste una giurisprudenza al riguardo. L’articolo 155, comunque, contempla la possibilità di «prendere le misure necessarie per costringere quella (una comunità autonoma) a compiere per forza i suoi obblighi». Ciò significa iniziare un processo, a partire dal Consiglio dei ministri straordinario previsto per sabato 20, che dovrà proporre al Senato (La Camera alta) le misure concrete da adottare. E avviare così un percorso, si pensa di un mese, per vederne la concreta applicazione.

La situazione d’incertezza e l’attuazione del governo centrale fa presagire che ci saranno altre manifestazioni in piazza in Catalogna, che continuerà la migrazione di grosse e piccole ditte (quasi settecento finora), che sposteranno il proprio domicilio sociale o fiscale in altre regioni della Spagna, che le previsioni di crescita economica cadranno e soprattutto che la frattura sociale rischia di diventare un incubo per l’intera Spagna, non solo per la Catalogna.

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