Cartoline da Sochi

Proseguono i Giochi invernali. Che, come sempre accade, ci offrono ogni giorno imprese e gesti davvero rilevanti. Come quelli del giapponese Kasai, dell’austriaco Morgenstern, e del canadese Junio
Il canadese Denny Morrison

Quando siamo ormai entrati negli ultimi giorni dell’edizione olimpica di Sochi 2014, possiamo dire che questi Giochi invernali si stanno dimostrando davvero all’altezza delle migliori attese. La macchina organizzativa, nonostante i molti dubbi della vigilia, sta reggendo piuttosto bene, e fatta eccezione per alcuni disguidi logistici (in particolare per diversi alloggi di atleti e turisti rifiniti solo all’ultimo minuto), fatta eccezione per alcuni incidenti avvenuti sulle piste di snowboard e freestyle, tutto sin qui è filato per il verso giusto. Anche le gare si stanno rivelando davvero appassionanti, grazie alle performances di campioni e atleti di primissimo piano. Campioni e atleti provenienti da ogni angolo del pianeta, protagonisti spesso d’imprese o gesti davvero ragguardevoli.

Prendete ad esempio quanto ha saputo fare un vero esempio di longevità agonistica come il giapponese Noriaki Kasai, specialista del salto con gli sci. L’atleta nipponico, giunto alla soglia dei quarantadue anni, non si è ancora stancato di lanciarsi dal trampolino. Con la sua sola presenza a questa edizione dei giochi a cinque cerchi, Kasai ha stabilito il nuovo record assoluto di partecipazione alle Olimpiadi invernali, raggiungendo quota 7 (pensate che era presente già ad Albertville nel 1992). In questi giorni Noriaki non si è però limitato solo a fissare questo primato, ma si è tolto anche la soddisfazione di conquistare due medaglie (un argento individuale e un bronzo a squadre). Davvero un gran risultato per uno sportivo della sua età, a dimostrazione che con serietà, passione e dedizione negli allenamenti, la carriera ai vertici internazionali di un atleta di successo può durare a lungo.

Impresa certamente ragguardevole quella compiuta da Kasai, ma altrettanto si può dire per quella effettuata dal suo collega Thomas Morgenstern. Il ventisettenne saltatore austriaco, già vincitore di tre medaglie d’oro olimpiche (due conquistate a Torino 2006 e una a Vancouver 2010), a questi Giochi non doveva neanche partecipare. Lo scorso 10 gennaio, infatti, era caduto malamente dal trampolino austriaco di Bad Mitterndorf durante una sessione di allenamento. Perso il controllo dello sci sinistro, Thomas era precipitato da un’altezza di circa sei metri cadendo sulla schiena, sbattendo la testa, e rotolandosi sulla neve per circa 100 metri verso il fondo della pista dopo aver perso conoscenza. Subito rianimato, il ragazzo austriaco era stato portato in ospedale, dove le sue condizioni erano apparse subito gravi. Passati tre giorni in terapia intensiva, Thomas ha però gradualmente cominciato a riprendersi, anche se molti ritenevano non fosse più in grado di tornare a gareggiare. Invece lui, appena è stato possibile, ha rimesso gli sci ai piedi, è tornato a saltare dal trampolino, e dopo poco più di un mese si è aggiudicato la medaglia d’argento olimpica nella prova a squadre insieme ai suoi compagni di nazionale.   

Dicevamo d’imprese, ma anche di gesti ragguardevoli. E in questo senso uno dei gesti più belli, almeno sin qui, dell’intera Olimpiade, è stato forse quello che ha compiuto Gilmore Junio, un pattinatore di velocità canadese. Di cosa si è reso protagonista questo ragazzo? Di una cosa non molto usuale in ambito sportivo, ovvero di una rinuncia “personale” in nome di un interesse “collettivo”. Ci spieghiamo meglio. Per partecipare ai Giochi, in questa disciplina, nel Paese della foglia d’acero vengono svolti i fatidici trials, ovvero le selezioni (senza appello) che determinano chi prenderà poi parte alle gare olimpiche e chi rimarrà a casa. Per la prova dei 1000 metri maschili, tra gli altri, si era qualificato proprio Junio, mentre il suo connazionale Denny Morrison, più esperto di lui, era caduto durante l’ultima selezione.

Junio a Sochi ha disputato prima la prova dei 500 metri, altra gara per la quale aveva ottenuto il diritto di partecipare, prova terminata con un buon decimo posto. Poi, due giorni dopo, ha deciso di non prendere parte alla competizione sulla distanza dei 1000 metri, cedendo a sorpresa il suo “pass olimpico” proprio a Morrison. Il quale, superando atleti alla vigilia ben più accreditati, ha conquistato poi un’insperata medaglia d’argento. «Per come Denny stava pattinando – ha spiegato Gilmore – ho ritenuto che fosse più giusto nell’interesse della squadra che gareggiasse lui. Qui siamo alle Olimpiadi, rappresentare il proprio Paese è un grande onore, ma da canadese ho ritenuto doveroso pensare prima alla squadra piuttosto che a me stesso». Un gesto davvero in linea con il vero spirito olimpico.

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