Caritas Italia. Contro la povertà senza mezze misure

Quattro milioni di poveri assoluti non sono un dato consolante:  una porzione troppo grande della popolazione di un Paese avanzato. La politica è chiamata ad un cambiamento radicale di strategia con scelte strutturali, senza ulteriori sperimentazioni.. Intervista a Francesco Marsico della Caritas italiana
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Come abbiamo approfondito su cittanuova.it, l’Istat ha adottato, nel luglio 2015, un nuovo criterio di calcolo dei consumi che ha fatto superare la soglia della povertà assoluta a due milioni di persone. La situazione dell’esclusione sociale, in effetti, resta seria e preoccupante, ma una tale notizia sembra assecondare le ragioni di una diffusa mancanza di allarme, anche in ambienti ecclesiali. Cerchiamo di interpretare questo dato di fatto con l’aiuto di Francesco Marsico, responsabile area nazionale Caritas Italiana.

 Innanzitutto, ci chiediamo: come si spiega la nuova rilevazione dell’Istituto di statistica?

«L’Istat ha modificato i criteri di raccolta dei dati della Indagine sui consumi, che rappresenta la base dati su cui si costruiscono le stime. La rinnovata Indagine sulle spese delle famiglie, si è resa necessaria per armonizzare la precedente Indagine sui consumi ad una nuova classificazione della spesa definita a livello europeo; l’effetto è stato quello di raffinare la richiesta di informazioni alle famiglie comprese nel campione e raggiungere un livello di maggiore dettaglio delle voci di spesa. Tutto questo ha avuto come effetto di censire con maggiore efficacia quanto le famiglie, comprese nel campione, spendevano effettivamente facendo aumentare il livello di consumi rilevato: questo ha spostato fuori dalla povertà assoluta un numero molto consistente di famiglie».

Cosa significano, in effetti, questi nuovi dati?

«L’assenza di misure di contrasto universalistiche alla povertà nel nostro paese, peraltro, fa sì che gli unici dati ufficiali siano le stime dell’Istat . D’altro canto i dati percentuali ci confermano le tendenze di drammatico peggioramento dei fenomeni di povertà negli anni della crisi economica, che nonostante il loro rallentamento per il 2014, non rassicurano rispetto allo scenario di uno strutturale incremento del dato di povertà assoluta, che potrebbe essere mitigato solo parzialmente nei prossimi anni dalla uscita dagli effetti della crisi, ma accanto a questo un’altra considerazione è da fare»

Quale considerazione?

«Quattro milioni di poveri assoluti non sono un dato consolante: sono una porzione troppo grande della popolazione di un Paese avanzato come è l’Italia. Non solo: i due milioni che hanno superato le cosiddette soglie di povertà – relativa e assoluta – sono a qualche centinaio di euro di distanza da quelle soglie; “certamente non poveri” direbbe l’Istat, ma possiamo aggiungere “sicuramente non ricchi” e, soprattutto, non immuni ai rischi di impoverimento se raggiunti da una spesa straordinaria, dalla perdita del lavoro etc.»

Gli italiani, a suo parere, come vivono la consapevolezza di una tale sofferenza? Non sembra diffusa una certa sensazione di impotenza nel generare cambiamenti sociali?

«Penso che il Paese sia più consapevole del problema della povertà rispetto agli anni scorsi, anche perché ormai diffuso in aree tradizionalmente esenti. Ma c’è una complessiva fatica a vedere soluzioni ai problemi, con un pendolo tra delusione e assuefazione. Va recuperata una capacità di resilienza, che ci metta in grado di guardare, senza la narcosi della menzogna così diffusa negli anni scorsi, la realtà pure drammatica in cui ci troviamo e immaginare soluzioni ragionevoli e sostenibili».

Il Ria (Reddito inclusione attiva), annunciato dal ministro del Lavoro, Giancarlo Poletti è una misura inadeguata secondo il giudizio del presidente delle Acli, Bottalico, che insieme alla Caritas, ha lanciato l’Alleanza contro la  povertà. Nel frattempo, il governo annuncia un piano strutturale inteso ad abolire le tasse sulla prima casa. Cosa ne possiamo dedurre?  

«Bisogna capire come stanno insieme le due notizie: di sicuro il ministro Poletti non ha dato garanzie circa le risorse disponibili, ma ha annunciato un impegno a reperirle per la prossima legge di stabilità. D’altro canto il presidente del Consiglio indica una strategia di politica economica di riduzione delle tasse come “volano” per la ripresa, condivisibile in teoria, ma che rischia di avviare una spirale di ulteriore compressione della spesa, che potrebbe incidere sull’avvio di una misura di contrasto alla povertà. Per ora sono due notizie diverse. Speriamo che rimangano tali».

Esistono misure immediate, come ad esempio il rimborso Irpef agli incapienti, che potrebbero indicare un cambiamento di orientamento politico sull’emergenza povertà?

«Certo esistono molte possibili strategie alternative per fare interventi su chi sta peggio, ma se si vuole dotare questo Paese di una permanente infrastruttura sociale di contrasto alla povertà, solo il mix di una misura economica e di una prospettiva di impegno graduale e definita, ci salva dalla sindrome di interventi parziali che durano il tempo di una legge di stabilità. Per questo condividiamo la logica del Piano annunciato dal Governo, condividiamo anche la prospettiva di un Reddito di inclusione attiva, a patto che sia uno stabile orientamento delle politiche sociali dei prossimi anni, non un annuncio o un provvedimento una tantum. Un parte del Paese esce provato dalla crisi, molti ancora ne vivono – come dicevamo – gli effetti: è necessaria una politica all’altezza di questo tempo drammatico».

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