«Camminare insieme con i popoli dell’Asia»

Il santuario del Beato Nicholas Bunkerd Kitbamrung a Bangkok, in Thailandia, ha ospitato la Conferenza generale della Federazione delle Conferenze Episcopali dell'Asia (FABC) che - dopo il rinvio di due anni a causa della pandemia - può celebrare i 50 a anni di fondazione.
(AP Photo/Manish Swarup)

«Camminare insieme con i popoli dell’Asia», questo il senso e la prospettiva delle celebrazioni che si sono aperte in questi giorni a Bangkok per il cinquantesimo anniversario della fondazione della Federation of Asian Bishops Conferences (Fabc), un organismo che raccoglie tutte le conferenze episcopali cattoliche dell’immenso continente asiatico. Il modello di questo cammino comune in un continente che annovera un caleidoscopio di etnie, culture, civiltà e religioni è quello che ci offrono i Magi nel passaggio evangelico di Matteo 2,1-12, che è stato scelto come road-map per questo momento storico. Le celebrazioni si sono inaugurate nella capitale thailandese con una liturgia della parola animata da una religiosa indiana e presieduta da tre delle figure attualmente più rappresentative della Chiesa in Asia: il card. Charles Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della Fabc, l’arcivescovo di Bombay, Oswald Gracias, che ha coordinato la preparazione di questa Conferenza e il card. Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok. Il mezzo secolo di vita di questa importante realtà asiatica, purtroppo quasi sconosciuta alla Chiesa e all’opinione pubblica europea, si celebrerà con l’Assemblea Generale dei vescovi asiatici che si terrà nell’autunno di quest’anno. Fra il 12 e il 30 ottobre, infatti, 250 vescovi, sacerdoti, religiosi e laici in rappresentanza di tutte le Chiese cattoliche in Asia si riuniranno in Thailandia non solo per una celebrazione, ma soprattutto per una riflessione ed un discernimento sulle prospettive future della presenza cristiana in un continente che annovera una varietà impressionante di realtà ecclesiali. La Chiesa in Asia, infatti, pur caratterizzata da una presenza quasi infinitesimale – circa il 2% – rispetto alle masse che vivono in questo continente, ha da sempre un ruolo fondamentale nel campo educativo, sanitario e sociale, ambiti di primaria importanza in questo continente dove le spiritualità più antiche della storia dell’umanità sono rimaste pressoché impermeabili all’annuncio della Buona Novella. Eppure, un annuncio si compie ogni giorno proprio attraverso ospedali, dispensari, scuole e università, opere di ogni tipo a livello sociale che le varie chiese locali promuovono e continuano a realizzare.

Nel 1970, in occasione della visita di Paolo VI a Manila, i vescovi dell’Asia, radunati per quell’evento storico nell’unico Paese del continente – insieme a Timor – a maggioranza cristiana, decisero di dar vita ad una federazione continentale che potesse coordinare e ispirare le chiese locali nel loro impegno di annuncio e dialogo. Infatti, sulla scia dell’appena concluso Concilio Vaticano II (1962-1965), la Chiesa del continente intuì in modo davvero profetico il tipo di presenza che le era richiesta per essere vera fonte di testimonianza in un mondo caratterizzato da induismo, buddhismo, giainismo, sikhismo, confucianesimo, taoismo e shintoismo nonché sciamanesimo. Tale impegno si concretizzò negli anni successivi con la fondazione del Fabc, avvenuta nel 1972, e con il successivo, storico, incontro di Taipei del 1974, che disegnò la linea che la Chiesa in Asia era chiamata a seguire nei decenni successivi. Si tratta di quello che è noto come il triplice dialogo: con i poveri dell’Asia, con le sue culture e con le sue religioni. E bisogna dire che il documento che sancì questa road-map si rivelò profetico, avendo rappresentato in questi cinque decenni la via percorsa, sia pure tra mille difficoltà e problemi, da tutte le chiese del continente asiatico.

A mezzo secolo di distanza, questo mondo si presenta totalmente trasformato. L’Asia è oggi il continente dove si giocano i destini dell’umanità. Qui vive, infatti, un essere umano su sei di quelli attualmente viventi sul pianeta. Qui Paesi come Cina, India, Corea, Vietnam, Giappone e Taiwan hanno raggiunto livelli di sviluppo semplicemente impensabili solo tre decenni addietro, quando vari di questi mondi lottavano ancora contro la fame e la povertà. Tuttavia, questi problemi non sono spariti e in alcune di queste nazioni la forbice fra ricchi e poveri si è ulteriormente allargata producendo spesso – in India per esempio – delle situazioni di contrasto sociale difficilmente comprensibili in occidente. L’Asia è, poi, la parte del pianeta dove la globalizzazione appare più evidente sia nelle sue forme positive che in quelle deleterie. A questo si devono aggiungere tensioni sociali non indifferenti, spesso, aggravate da retaggi religiosi abilmente manipolati sia da politiche locali che da quelle di Paesi stranieri. A seguire, e perfettamente interagenti con quanto appena detto, non mancano problemi creati dalla digitalizzazione ormai pressochè totale in Asia, dalle contraddizioni sul ruolo della donna – spesso leader indiscusso e potente, e quotidianamente sfruttata e discriminata in molte forme –, da un mondo che guarda al futuro perché il numero delle nascite è sempre molto alto e la popolazione incredibilmente giovane, e quindi anche più vitale ed intraprendete di quella occidentale, e da una politica spesso corrotta e manipolatrice, caratterizzata anche dall’aumento dei sistemi dittatoriali. E altro… molto altro ancora!

La conferenza dei vescovi asiatici in ottobre dovrà riflettere sul senso che il messaggio cristiano può offrire a tutto questo. Un documento preparatorio, articolato e ben calibrato su queste problematiche, è già stato pubblicato ed a partire da esso si svilupperà la riflessione dei delegati. Intanto, nei giorni scorsi in occasione della cerimonia di apertura, in un messaggio inviato alla Fabc e letto dal nunzio apostolico, papa Francesco ha espresso l’auspicio che questa Conferenza generale «rinnovi le Chiese in Asia nella comunione fraterna e nello zelo missionario per la diffusione del Vangelo tra i popoli, le culture e le realtà sociali così diverse del vasto continente».

«Prego affinché le deliberazioni che prenderete – ha scritto ancora il Pontefice – permettano alle vostre Chiese locali di sviluppare, all’interno dell’unità poliedrica del popolo di Dio, modi diversi di proclamare la gioia del Vangelo, di formare nuove generazioni di discepoli missionari e di lavorare per l’estensione del regno di Cristo, della santità universale, della giustizia e della pace».

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