Cadei: “Padre, le affidiamo tutta l’Asia!”

Adriano Cadei, pime, ci racconta il suo primo incontro con Chiara Lubich.
Adriano Cadei

Sento il bisogno di raccontare… la storia di come ho conosciuto il Movimento dei Focolari. Se la chiamata al sacerdozio e alla missione è la chiamata a una volontà di Dio, la chiamata all’Opera di Maria è la chiamata alla volontà di Dio. Nella spiritualità focolarina infatti la scelta di Dio occupa il primo posto liberandoci da tutti gli attaccamenti a realtà belle e sante.

Cos’è l’Opera di Maria? È una grande opera a cui la Madonna e lo Spirito Santo hanno dato origine nella Chiesa del XX secolo allo scopo di raggiungere la perfezione della carità e di riportare a Dio tutti i suoi figli, e ciò attraverso uno sforzo continuo di vivere il Vangelo.

Il primo impatto con l’Opera di Maria l’ebbi durante il primo anno di teologia, a Venegono Inf., nel 1951, ove ebbi modo di incontrare Francesco Valsasnini, missionario del Pime, così diverso dalle persone che avevo fino allora conosciute. Sorrideva sempre, era gentile e pieno di amore, con una visione ottimista della vita in quanto era convinto che ogni cosa fosse bella, perché Cristo operava solo meraviglie e perché la Chiesa era piena di segni di speranza. Fui molto contento di averlo come vice-rettore a Milano quando, dopo il noviziato, passai nella teologia del Pime.

Egli mi parlò di come vivessero il Vangelo persone di ogni ceto sociale. Alcune di esse, malgrado ottimi posti di lavoro e prospettive di carriera, avevano lasciato ogni cosa per vivere questa nuova vita di unità. Non sapendo di che cosa si trattasse pensai che fossero matti o fanatici. Nel frattempo conobbi altri missionari del Pime che erano in contatto con loro e che mi spinsero a partecipare alla loro riunione estiva chiamata Mariapoli, che si sarebbe tenuta a Fiera di Primiero nelle splendide montagne vicino alle Dolomiti.

L’estate in cui fui ordinato, 1956, decisi di scoprirne di più sul Focolare. Presi così la bicicletta e la mia tenda, visitai alcuni amici boy scouts sulle Alpi, incontrai don Tito Levi, il mio assistente spirituale, che mi diede dei buoni consigli per la mia vita sacerdotale, e dall’Aprica raggiunsi Trento dove, per la volta nella mia vita, andai in un Focolare che, ricordo ancora, era in via Vanetti.

Quando suonai il campanello, un giovane venne ad aprire e mi domandò se non mi dispiaceva essere ricevuto in cucina, perché lui stava lavando i piatti. Era di sicuro uno strano modo di essere intrattenuto. Sedetti su una sedia e fui stupito di scoprire che quel giovane era un professionista. Poco dopo arrivò un altro focolarino: si chiamava Aldo Stedile ed era uno dei primi seguaci di Chiara Lubich, la giovane fondatrice di questo Movimento che stava fiorendo nella Chiesa.

Poiché avevo già spedito a casa la mia bicicletta, fui lieto di scoprire che vi era un pullman, proveniente da Milano e diretto alla Mariapoli di Fiera di Primiero. Quando arrivai era tardi, ma ci stavano aspettando, e io fui sistemato in una bella casa insieme ad altri sacerdoti e fui felice di incontrare un confratello del Pime, Luigino Confalonieri. Il giorno seguente andai alla chiesa parrocchiale per assistere alla santa Messa e fui affascinato e sorpreso nel vedere che la chiesa era piena, ma fui soprattutto impressionato dal fervore dall’unità e dai magnifici canti. La parola migliore per descrivere quella scena è «Paradiso» che è anche la parola di una delle canzoni che mi avevano colpito di più, insieme a un’altra che conoscevo: «Ubi charitas et amor Deus ibi est».

In effetti capivo che là queste parole erano vere: l’amore e la carità erano così grandi che Dio era veramente in mezzo a noi. Dopo la Messa ci fu un’altra sorpresa: le persone, giovani e vecchi, uomini e donne, laici, religiosi e preti non andarono a casa, ma rimasero a lungo a chiacchierare davanti alla chiesa.

Dopo colazione ci recammo alla scuola del paese; qui fummo divisi in parecchi gruppi, ognuno dei quali venne sistemato in una classe. Ascoltammo la storia di diverse persone che ci descrissero come avevano incontrato l’Ideale dell’unità, e come lo sforzo di praticare il Vangelo avesse cambiato le loro vite. I due temi principali erano l’amore e la croce, e molto spesso vennero ripetute le parole di Gesù: «Quando sarò alzato sulla croce, attirerò tutti a me» (cf. Gv 12, 32).

In particolar modo fui colpito dalla storia di un francescano, Andrea Balbo, Padre Novo, appena arrivato da Gerusalemme. Per tutta la sua vita aveva cercato una comunità che vivesse come i primi cristiani e alla fine l’aveva trovata nel Focolare.

L’altro fatto che mi impressionò fu la storia, breve ma molto interessante, del Movimento, narrata da Chiara e registrata su un nastro. Durante la seconda guerra mondiale, mentre ogni cosa crollava, un gruppo di ragazze scoprì che l’unico Ideale che non può essere distrutto è Dio. Scegliendo Dio come solo Ideale della loro vita e cercando Dio nel Vangelo, esse si riunirono intorno a Chiara e con lei cominciarono a vivere una nuova spiritualità piena di fede, di gioia e di amore.

A questo punto cominciai a desiderare di conoscere Chiara, perché capii che lei era la fonte di questo meraviglioso modo di concepire la vita, e un giorno Dio mi accontentò. Fu sempre alla mariapoli di Fiera, durante la presentazione di un film che non ricordo bene; ciò che ricordo è che il sacerdote che stava con me mi disse che se volevo conoscere Chiara ero fortunato, perché lei si era seduta dietro a noi. Mi girai e vidi due donne: una molto vecchia ed una molto giovane; chiesi al mio amico quale fosse Chiara ed egli mi rispose che la più vecchia era la sorella di papa Pio XII, anche lei in vacanza, mentre la più giovane era Chiara. Non mi fu difficile parlare con lei che era molto semplice e modesta malgrado l’apparenza intelligente e graziosa. Fu molto gentile, e mi diede un appuntamento, e così il giorno seguente mi recai alla “casa rossa” dove Chiara viveva. Dovetti attendere un poco perché era in ritardo a causa di una gomma bucata che avevano dovuto cambiare.

Chiara e le sue compagne erano felici e ben vestite. Dopo un po’ la nostra conversazione giunse a un punto morto, e lei mi disse che le stavo ponendo delle domande molto delicate alle quali non era sicura di poter rispondere. Mi chiese quindi se potevo attendere mentre lei avrebbe fatto una telefonata. Capii che era una cosa importante, e così recitai qualche Ave Maria. Quando ritornò era raggiante e mi informò che mi avrebbe detto ogni cosa, ma che era un segreto. Ciò che io posso dire ora è che il focolarino che avevo visto leggere il breviario era un prete, ma nessuno lo sapeva.

Chiara mi spiegò molte cose che riguardavano il Focolare e alla fine fui più che convinto che il dito di Dio era là. Le dissi che in lei c’era così tanta bontà perché aveva sofferto molto, mentre fino a quel momento la mia vita era stata una vita molto facile. Mi rispose di non preoccuparmi per questo, ero ancora giovane e di sicuro avrei avuto anch’io motivo di soffrire. La benedissi e la lasciai, senza sapere che quella sera stessa le sue parole si sarebbero avverate. Fui infatti chiamato a casa, perché erano sorti dei problemi familiari. Per cercare di risolverli tornai alla Mariapoli accompagnato da mia mamma e da mia sorella; mio padre era morto per un attacco di cuore l’anno prima.

Pur avendo passato solo pochi giorni in mariapoli mi ero reso conto che, per prendere la decisione giusta, sarebbe stato di grande aiuto trovarsi fra persone che si amavano profondamente le une con le altre, «Dove sono due o tre riuniti nel nome di Gesù, Lui è in mezzo a loro» (Mt 18, 20). Questo è senza dubbio uno dei più bei punti della spiritualità del Movimento dei Focolari.

È impossibile raccontare ora tutto ciò che accadde quando tornai a casa, dirò solo che pochi mesi più tardi benedissi il matrimonio di mia sorella e poi potei battezzare suo figlio con lo stesso nome di mio padre, Vittorio.

Ciò che più importa è che, l’ultimo giorno che trascorsi in mariapoli, Chiara mi diede la Parola di Vita, e questo era un segno che lei mi riteneva chiamato allo stesso meraviglioso Ideale. Mi telefonò a casa per salutarmi ed augurarmi successo nella mia missione in Birmania. Mi disse che per me aveva scelto le parole di Gesù: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16, 15) spiegandomi che tutto il mondo voleva dire non solo la Birmania.

In quel momento queste parole mi sembrarono un’utopia, ma oggi, dopo tanti anni, esse sono diventate una realtà. Sono stato in più di 40 nazioni, e quasi ogni giorno ho avuto occasione di predicare il Vangelo.

Quando lasciai la mariapoli, i focolarini mi dissero: «Padre, le affidiamo tutta l’Asia». Anche queste parole si sono avverate, grazie a Dio e ad altri grandi missionari…

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