Burkina Faso, la gente è stanca di violenza

In Burkina Faso è in corso da anni una strategia del terrore da parte di formazioni jihadiste. Lo stato di emergenza è stato dichiarato in 14 province, dove il coprifuoco è in atto dal 2019. La Francia (ex potenza coloniale) ha inviato nel Sahel fin dal 2014 un contingente di 5 mila militari, che dovrebbero lasciare la zona nei primi mesi del 2022.  
Burkina Faso, AP Photo/Sam Mednick

Burkina Faso, un convoglio militare francese proveniente dalla Costa d’Avorio è stato bloccato mentre si preparava ad attraversare il  Paese per raggiungere il Niger. Con gli slogan “Francia vattene” o “Abbasso la Francia”, i giovani manifestanti hanno costretto il convoglio militare a tornare indietro dopo un blocco di tre giorni. Un fatto senza precedenti. Le manifestazioni sono proseguite domenica 21 novembre nella capitale, Ouagadougou, dove i giovani hanno eretto barricate alle uscite nord-est ed est della città.

Molti tra i manifestanti, aderenti alla Copa-BF (Coalizione dei patrioti del Burkina Faso), sospettavano che il convoglio portasse armi ai jihadisti e ne chiedevano l’ispezione.

Il convoglio, composto da diverse decine di veicoli, si trova ora accampato ad una trentina di chilometri da Ouagadougou e ufficialmente trasporta pezzi di ricambio, pneumatici e razioni alimentari per rifornire una missione dell’esercito francese, e i suoi partner, che si trovano in Niger nell’ambito dell’azione antijihadista denominata Operazione Barkhane.

La presenza militare francese è sempre meno accettata dalla popolazione, in particolare nella regione del Sahel dove si susseguono gli attacchi di gruppi armati jihadisti, che provocano violenze e morti…

La domanda che si pongono in molti è: a cosa serve l’operazione Barkhane? Ouedraogo, uno studente di Scienze della Vita e della Terra (Svt), osserva: “Non capiamo l’obiettivo di Barkhane o i risultati che stanno ottenendo. Da quando sono qui, il terrorismo si è solo intensificato. Ci sembra che proteggano soltanto le loro installazioni”.

La protesta contro la Francia è iniziata a Bobo-Dioulasso e Ouagadougou il 16 novembre. La “rabbia”, secondo un ex diplomatico e docente di relazioni internazionali presso la Libera Università del Burkina Faso, esprime l’incomprensione della popolazione, di fronte alla sproporzione tra le risorse operative e logistiche di Barkhane e gli attacchi seriali perpetrati sul territorio burkinabè. «Questa rabbia è stata amplificata con l’orribile attacco a Inata [il 14 novembre, dove sono state uccise dai terroristi 53 persone, 4 civili e 49 militari locali]. Due giorni dopo, le persone che vedevano passare l’imponente convoglio militare francese si chiedevano dove fossero queste forze al momento dell’attacco».

Per quanto riguarda il convoglio bloccato, nell’entourage del presidente del Burkina Faso, Roch Marc Kaboré, si dice che si sta cercando “una soluzione ideale e rapida per tutti”. Fuori discussione, comunque, che l’esercito francese passi in forze nel territorio nazionale. I militari francesi aspettano che le trattative portate avanti dalle autorità burkinabè vadano a buon fine.

Il capo del Quai d’Orsay (Ministero degli Esteri francese), Jean-Yves Le Drian, ha denunciato l’attività di manipolatori che operano servendosi di social network, che diffondono fake-news e provocano la strumentalizzazione di parte della stampa contro la Francia, talvolta anche ispirati da reti europee, penso alla Russia”.

Come promemoria, questo sentimento contro la presenza militare francese era già stato manifestato apertamente anche in Mali e Niger. Dal 2015 ad oggi la violenza terroristica ha ucciso circa duemila persone in Burkina Faso, provocato 1,4 milioni di sfollati interni e negli ultimi 6 mesi la chiusura di oltre 2 mila scuole in diverse regioni. Secondo fonti Onu, il clima di violenza ha spinto oltre 17 mila persone a lasciare il Paese dall’inizio dell’anno.

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