Bolivia al voto

Si torna ad eleggere il nuovo presidente, in Bolivia, superando l’attuale fase di transizione. La polarizzazione fa temere episodi di violenza. È molto probabile che sarà necessario il secondo turno.
Carlos Mesa (AP Photo/Juan Karita)

Mancano pochi giorni alle elezioni politiche in Bolivia. Il risultato dovrebbe mettere fine alla fase di transizione iniziata lo scorso anno quando, dopo accuse di brogli elettorali, il presidente Evo Morales prima rinunciò alla presidenza, poi chiese ed ottenne asilo politico all’estero. Le circostanze crearono una situazione innaturale, perché il partito di Morales, che aveva la maggioranza in Parlamento, fu messo in minoranza dopo i momenti cruciali di protesta e la partenza di Morales, per cui la presidenza (ad interim) finì in mano dell’esponente di destra, Jeanine Áñez. L’unico mandato previsto dalla costituzione per un governo di transizione è quello in vista della convocazione di nuove elezioni. Ma la pandemia di Covid-19 ha stravolto i tempi ed alla fine si torna alle urne quasi un anno dopo.

Evo Morales ha preferito evitare di essere una nuova fonte di tensione, pertanto il candidato del suo partito, il Mas, è Luis Arce. Vari sondaggi vedono Arce favorito, addirittura con qualche chance di vincere al primo turno. La costituzione prevede che la vittoria vada chi ottiene il 50% più uno dei voti, oppure a chi supera il 40% con un vantaggio di 10 punti sul secondo.

Nelle proiezioni, alle spalle di Arce si colloca l’ex presidente Carlos Mesa, del partito Comunidad Ciudadana. In alcune previsioni si parla anche di un testa a testa fra i due. Arce starebbe ottenendo circa il 42-43% dei voti, mentre Mesa oscillerebbe tra il 32-34%. Quanto basta per andare al secondo turno, quindi, ma con il rischio di una vittoria di Arce che a destra si cerca di evitare il più possibile, temendo in questo caso il ritorno in patria di Morales, attualmente in Argentina.

Infatti, sia la presidente ad interim, che altri candidati hanno preferito rinunciare alla competizione elettorale, per concentrare i loro voti attorno a Mesa. Luis Camacho, candidato dell’estrema destra, appare staccato al terzo posto, con una proiezione delle intenzioni di voto tra il 13 ed il 16%. E da varie parti lo si sta invitando a fare un passo indietro per evitare una vittoria del Mas. A questo punto diventa improbabile una vittoria del Mas al secondo turno, dato che pare probabile che si concentreranno contro questo partito i voti del resto dell’arco politico.

Conosciuto per la sua moderazione e per il rispetto delle regole dello stato di diritto, Mesa ha annunciato che in caso di vittoria proporrà un governo di coalizione ed un patto nazionale con Morales per assicurare la governabilità. Per Mesa è importante uno “scenario di dialogo”, ed è forse la proposta più ragionevole in un Paese polarizzato, perché unirebbe oltre il 70% degli elettori attorno a due proposte politiche non troppo distanti tra loro.

Il candidato di Comunidad Ciudadana, sa che non è facile governare con una destra estremista, dove sarebbe difficile equilibrare il peso di Camacho, poco propenso al gioco democratico. Ma il Mas accetterà di condividere il potere privilegiando il bene di tutti e non il proprio progetto egemonico?

In queste settimane non sono mancate le accuse reciproche di notizie false fatte circolare sulle reti sociali, stando alle quali ci sarebbero documenti su presunte tangenti riscosse da Arce, mentre su Mesa sono circolate voci sul suo stato di salute. La presidente Áñez, ha fatto sapere che le forze dell’ordine si preparano ad intervenire in caso di rivolte, e vari partiti hanno denunciato episodi di violenza. La Chiesa cattolica, l’Ue e l’Onu hanno manifestato la loro preoccupazione per la violenza politica, invitando i candidati a generare un clima pacifico ed a rispettare il responso delle urne. Saranno giorni cruciali.

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