Bilanci di fine anno o “di più”?

Prima di dichiararci falliti, guardiamo alla complessità della nostra vita, che nelle sue tonalità ha tanta bellezza e tanta ricchezza

Siamo spesso portati a fare i conti con i bilanci economici, sociali, di andamento della nostra vita. Questo tipo di abitudine è efficace per monitorare l’efficacia e l’efficienza, il raggiungimento di obiettivi, i risultati finali, ma ci conduce spesso ad una sintesi riduttiva in positivo o in negativo.

Questa forma mentis (fare attenzione in modo particolare solo i prodotti finali) fortemente occidentale porta con sè un rischio: la persona osserva il risultato finale e non la storia che caratterizza ciascuna vita. A volte incontro delle persone che si presentano al primo colloquio definendosi “dei falliti”, nonostante abbiano fatto molte cose interessanti e soprattutto “sono”, hanno un valore e una personalità ricca di valori.

Forse culturalmente condividiamo dei messaggi particolari, a volte coscientemente altre volte meno, ma che condizionato la nostra esistenza: «Se non sei in un certo modo e hai fatto determinate cose la tua vita non ha significato», oppure «se hai superato i 30 anni e non hai un partner, dei figli e il lavoro perfetto c’è qualcosa che non va».

Possiamo incasellare i nostri successi e fallimenti in un calendario di vittorie e sconfitte, oppure, possiamo guardare alla complessità della vita che nelle sue tonalità ha tanta bellezza e tanta ricchezza. Una volta superata la fatidica adolescenza, crescere vuol dire saper cogliere queste sfumature, stare in mezzo al caos e cogliere le opportunità, vivere la “generatività” che caratterizza l’età adulta. Eric Erickson parla di “generatività” un concetto che va oltre la genitorialità per indicare la capacità propria della persona adulta di uscire da una concezione narcisistica e individualistica tesa a concentrare le energie mentali e le preoccupazioni su di sé, per potersi dedicare e prendere cura dell’altro.

Alla fine di quest’anno possiamo riguardare la nostra storia di vita e ricercare proprio nei momenti più difficili e bui quel “di più” che abbiamo scoperto, qualcosa che abbiamo imparato dai nostri errori, da quegli ostacoli con cui abbiamo combattuto, o quelle relazioni importanti che abbiamo coltivato. La storia di ciascuno ha tempi e modi diversi, unici, vi è una bellezza che possiamo scorgere aprendo la mente all’imprevisto o a quella nuova persona che ha portato colore in questo ultimo anno.

Volevo proporre il bilancio degli obiettivi raggiunti nel 2017 per progettare un nuovo 2018: sicuramente delle dritte di buona organizzazione saranno importanti soprattutto per il lavoro, ma l’obiettivo più grande forse è scorgere l’incanto della nostra vita, anche tra le macerie. Anche tra le “perdite”, c’è vita da vivere. Rintracciamo quei passi importanti che hanno caratterizzato l’ultimo anno, ritroviamo quella forza nascosta che abbiamo vissuto oppure quella fragilità che abbiamo scoperto.

Da lì, possiamo continuare o ripartire, accettando quello che non possiamo cambiare e agendo sulle cose che dipendono dalla nostra volontà e decisione. L’obiettivo di felicità vive nel percorso, nelle cose che alimentiamo quotidianamente, nelle fatiche che facciamo con convinzione, nell’amore che riusciamo a generare attorno a noi.

A tutti, buon 2018!

 

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