Basta odio in Rete

Si è svolta a Trieste la manifestazione Parole Ostili, promossa per confrontarsi sullo stile con cui abitiamo la Rete e contrastare la violenza dei linguaggi.

«La ferita provocata da una parola non guarisce», dice un proverbio africano. Tutti sappiamo che le parole sono importanti. Lo sono quelle dette a voce, che possono ferir più di una spada. E lo sono quelle che sempre più spesso ci scambiamo attraverso i dispositivi che si interpongono tra noi e i nostri interlocutori, in maniera spesso asincrona, senza poter tenere conto del contesto di chi le riceverà, rendendo così più facili le incomprensioni.

Ma oggi le parole che ci scambiamo nell’ambiente digitale sono importanti anche perché restano a futura memoria, sempre disponibili, e se anche a volte le usiamo con impulsività e leggerezza, purtroppo non svaniscono nell’aria, ma vengono scolpite nella pietra. Con l’aggravante che siccome basta un semplice click per condividerle, il passaparola può assumere una viralità potenzialmente infinita, e con essa anche la possibilità di ferire aumenta.

Dall’idea che noi siamo le parole che usiamo è nata Parole Ostili, manifestazione che si è svolta nella suggestiva cornice di Trieste, voluta e promossa per confrontarsi sullo stile con cui abitiamo la Rete e contrastare la violenza dei linguaggi. Obiettivo, mettere al bando l’ostilità ed individuare delle pratiche virtuose riflettendo sull’aggressività che il nostro linguaggio e le nostre azioni possono contenere, anche nella cosiddetta vita digitale.

Tra i tanti dati citati nel convegno, la graduatoria di Swg, ad esempio, indica le categorie più colpite dall’odio online: migranti (32%), politici e omosessuali (30%), donne (27%), minoranze (21%) e musulmani (15%). E questo in un periodo in cui Internet è se non il primo, sicuramente uno degli strumenti più utilizzati per diffondere la paura per ciò che percepiamo come diverso, andando ad alimentare l’inquinamento nel dibattito pubblico e nella formazione delle proprie opinioni.

Il convegno triestino è stata una ricca occasione di dibattito e di riflessione sui diversi modi in cui possiamo esprimere atteggiamenti e parole ostili, ma non è che il punto di partenza di un’analisi a tutto tondo in diversi ambiti che non deve interrogare solo i professionisti della comunicazione. Interpella, infatti l’approccio che ognuno di noi ha nelle relazioni con gli altri, “offline” prima che online, visto che non possiamo più intendere queste due realtà in modo separato.

Un manifesto per una comunicazione non ostile

Tra i vari spunti concreti lasciati dai lavori c’è il Manifesto della comunicazione non ostile, che presenta dieci prassi per sopravvivere alle parole ostili in Rete, da utilizzare per ripulire il web dai tutti quei piccoli e grandi atteggiamenti che contribuiscono giornalmente ad alzare troppo i toni e che ci invita a ragionare, ad ascoltare, comprendere, faticare e perché no, resistere alle provocazioni come prassi di una buona comunicazione.

Ecco il testo:

  1. Virtuale è reale. Dico o scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona
  2. Si è ciò che si comunica. Le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano
  3. Le parole danno forma al pensiero. Mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio quel che penso
  4. Prima di parlare bisogna ascoltare. Nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura
  5. Le parole sono un ponte. Scrivo parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri
  6. Le parole hanno conseguenze. So che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi
  7. Condividere è una responsabilità. Condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi.
  8. Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare. Non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare
  9. Gli insulti non sono argomenti. Non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi.
  10. Anche il silenzio comunica. Quando la scelta migliore è tacere, taccio.

Dieci semplici punti che andrebbero appesi in tutte le classi, uffici, luoghi pubblici, da tenere sul nostro comodino, che investono la nostra relazione nella comunicazione a tutto tondo, interrogando indistintamente tutti, ragazzi, giovani e adulti.

Sul sito della manifestazione è possibile indicare la propria adesione al Manifesto attraverso una firma simbolica, anche se è nella vita reale di tutti i giorni che ci giochiamo la partita di una buona comunicazione. Rileggiamo e facciamo conoscere il Manifesto, ma soprattutto proviamolo a vivere, perché niente meglio dell’esempio può realmente farci capire che se è vero che la Rete siamo noi, ognuno, in prima persona, è chiamato a costruire e contribuire ad un’etica della comunicazione (online) e ha la responsabilità di non fomentare odio.

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