Banche in crisi e conti correnti a rischio

La recente approvazione di un disegno di legge, su sollecitazione dell’Unione europea, apre uno scenario che potrebbe comportare il coinvolgimento diretto dei cittadini privati in caso di fallimento o di criticità finanziarie negli istituti di credito
Grecia

Se fallisce la banca, e sono titolare di azioni, obbligazioni o conti correnti con depositi di importo superiore a centomila euro, potrei rischiare di non ottenerne più il rimborso.

Questa la spada di Damocle che dal primo gennaio 2016 potrebbe pendere sul capo di milioni di cittadini a seguito dell'approvazione, avvenuta il 2 luglio, del disegno di legge su sollecitazione dell’Unione europea e incluso nella delegazione di legge europea, la vecchia legge comunitaria.

L'Italia, diciamolo con chiarezza, era già in grave ritardo: avrebbe dovuto adeguarsi alla  direttiva Ue (la numero 2014/59/UE, battezzata come Bank Recovery and Resolution Directive,  che intende  istituire un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento) già al 31 dicembre 2014, ma non l'aveva fatto e aveva ricevuto già una lettera di messa in mora da parte della Commissione. Adesso il Parlamento si è adeguato, e subito si sono sollevate rimostranze e polemiche.

Si tratta di un prelievo forzoso, ha detto qualcuno; altri hanno evocato i fantasmi di quel famoso prelievo straordinario del 6xmille, nel luglio del 1992, quando il governo D'Amato si vide costretto a far fronte a sopravvenute ed improvvise necessità di finanza pubblica. Attraverso, appunto, il prelievo del relativo importo dai conti correnti  aperti presso le banche italiane.

Sta di fatto che ora non si tratta di una manovra episodica o contenuta nei limiti territoriali della nostra Repubblica, ma è una manovra di ampio respiro europeo che vorrebbe sostituire alla vecchia politica degli aiuti di Stato a banche ed enti creditizi in difficoltà finanziaria (se non in default) una nuova politica di sostegno a tali enti ricorrendo alla tasche dei privati.

In primis tocca agli azionisti della banca (che, detto tra parentesi, molto spesso possono essere solo piccoli risparmiatori senza capacità di incidere sulle scelte gestionali dell’istituto),  poi ci sono gli obbligazionisti (che avendo fornito alla banca capitale pulito vivono nella legittima aspettativa di recuperarlo, magari maggiorato di un qualche ragionevole interesse) e infine  ci sono i titolari di conti correnti con depositi superiori a centomila euro (quelli inferiori sono già per fortuna coperti da un Fondo garanzia nazionale, e costituiscono i cosiddetti depositi protetti). Che poi attraverso tale misura si riesca a porre un freno all' "azzardo morale" che ha accompagnato talune scelte speculativo-finanziarie operate proprie da alcune Banche con conseguenze disastrose sui mercati interni e internazionali è fortemente in dubbio.

Molto spesso, come si è notato in questi anni, le scelte gestionali e di politica finanziaria sono sottratte al differenziato popolo degli azionisti di una banca, e coloro che operano quelle stesse scelte sono gruppi di comando forti e talvolta ristretti, ai quali comunque vengono assicurati corposi e allettanti bonus economici, e che quindi potrebbero essere coinvolti solo superficialmente dalle situazioni di difficoltà finanziaria.

La socializzazione del rischio d'impresa sarebbe giustificata (forse) se le perdite fossero proporzionalmente condivise e supportate a largo raggio tra tutti quelli che concorrono ad assumerlo, e in via privilegiata proprio da coloro che, costituendo il gruppo di comando di un ente creditizio, abbiano contribuito fortemente ad indirizzarne le scelte.

Prima ancora però, si dovrebbe pensare a risolvere ex ante soluzioni di criticità finanziaria che poi comportano il coinvolgimento di tanti soggetti che non hanno concorso a generarle. In tali casi la medicina preventiva è sicuramente quella più congeniale.

Non a caso si legge in un passaggio dell'ultima enciclica di Papa Francesco Laudato si': «Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l'intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura». È di questo che ha un estremo bisogno sia le banche che il nostro sistema economico-finanziario.

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