Azzardo. Il falso proibizionismo e la vera minaccia totalitaria

«Vogliamo abolire la schiavitù del sistema che produce l’azzardo», spiega il collettivo Senza Slot. Il proibizionismo è un'altra cosa. E, in fondo, ad essere in gioco è il concetto di essere umano
senza slot

Nel discorso aperto con Mauro Vanetti, del Collettivo Senza Slot, sul contrasto radicale dell’attuale gestione dell’azzardo arriviamo all’obiezione classica per chi cerca di rivoltare l’impostazione dominante sulla materia.

La vostra posizione non vi attira l’accusa ricorrente di essere, in fondo, dei proibizionisti? 

«Rifiutiamo l'accusa furbetta di proibizionismo: noi non siamo così ingenui da credere che basti proibire qualcosa perché sparisca. Siamo, semmai, "abolizionisti", come chi si opponeva alla schiavitù dei neri nei campi di cotone del Sud degli Stati Uniti.

Per abolire quella schiavitù ci volle una guerra civile, non bastò un tratto di penna. Nel caso dell'azzardo, che oggi non è solo "consentito" dallo Stato ma è addirittura promosso, pubblicizzato, pianificato a tavolino, sarà necessario escogitare modi innovativi per evitare che cancellare il gioco d'azzardo liberalizzato porti alla crescita del gioco d'azzardo illegale».

E come si può evitare di ricadere nella gestione clandestina?  

«Noi parliamo (come Pepe Mujica, ex presidente dell’Uruguay, sulle droghe leggere) di "legalizzazione controllata", quindi spazi specifici statali e no-profit che consentano ai giocatori compulsivi d'azzardo di trovare sfogo alla propria compulsione, finché ne saranno ancora preda, e di guarirsi e liberarsi con l'aiuto gentile di professionisti qualificati quando desidereranno farlo. I liberatori non esistono, diceva Che Guevara: sono i popoli che si liberano da soli. Noi parliamo anche, nel nostro libro, di "contromacchinette"»

E cosa sarebbero questi macchinari?

«Si tratta di  slot machine speciali e software progettati appositamente per accompagnare il giocatore patologico d'azzardo fuori dalla sua dipendenza, e per scoraggiare tutti gli altri, ma così convenienti per il giocatore (payout al 100 per cento: cioè senza prelievo del gestore e dello stato,ndr ) da estromettere dal mercato tutto il gioco clandestino. Questa posizione è molto lontana dal proibizionismo, probabilmente un vero proibizionista ci troverebbe molto scandalosi e immorali perché vogliamo smontare l'azzardo mettendo le mani dentro la slot machine, sporcandosi fino al gomito».

Esistono tali macchinette alternative ?

«Ancora non esistono. Bisogna inventarle. Siamo convinti che sia possibile immaginarle e un giorno costruirle; l'industria dell'azzardo ha avuto più di un secolo per perfezionare le sue macchine schiavizzatrici, con una frazione molto più piccola degli investimenti in ricerca e sviluppo che loro hanno messo in campo noi pensiamo che si potrebbe trovare l'antidoto».

Qualcuno sta lavorando al progetto?

«Non posso ancora rivelare i dettagli, ma sto seguendo proprio io in prima persona un progetto di ricerca che fa i primissimi, acerbissimi passi in quella direzione. Ci sono ludologi, game designer, psicologi, medici, ingegneri, programmatori, attivisti interessati a pensare al modo di uscire dalla società dell'azzardo. Con molti di loro abbiamo discusso, li abbiamo conosciuti, abbiamo stabilito rapporti. Abbiamo imparato che il gioco in generale è già un primo antidoto all'azzardo, ma lo Stato italiano non fa nulla per promuovere giochi sani e socializzanti».

La famosa carenza di volontà politica?

« Già. Se  ci fosse tale volontà di bloccare l'espansione dell'azzardo, togliere le macchinette dai bar, chiudere le sale slot private, aprire ludoteche pubbliche, liberare risorse colossali oggi sequestrate dall'industria del gambling, si potrebbe aprire da subito una fase nuova, quella dove la macchina lanciata a tutta velocità verso il baratro rallenta, si ferma e fa inversione. I dettagli si possono discutere ma oggi manca proprio questa volontà politica, e anche chi dubita della nostra strategia a lungo termine è nostro compagno di strada nelle rivendicazioni immediate.

In materia di lotta all’azzardo e prendendo come esempio la rivoluzione cubana che voleva liberare l'isola diventata un casinò (prostituzione e azzardo) a cielo aperto per i ricchi statunitensi, molti vi leggono l'esito fallimentare di un cambiamento imposto dall'alto (la prostituzione è di nuovo presente e l'azzardo è incombente). Come rispondete a questa accusa di ideologismo astratto nella lotta contro il potere dell'azzardo?

«A Cuba, dove sono stato di recente, il gioco d'azzardo è effettivamente stato in larga parte debellato. C'erano 13 casinò e10mila slot machine prima della rivoluzione del '59.  

La prostituzione esiste ancora, soprattutto per colpa del criminale embargo statunitense, ma non ha certo le caratteristiche e l'estensione che aveva ai tempi di Batista (il dittatore filostatunitense estromesso da Castro, ndr). Non paragonerei una ragazza che si prostituisce "in proprio" in una discoteca dell'Avana agli eserciti di schiave sessuali che orbitavano attorno ai casinò privati sull'isola negli anni Quaranta e Cinquanta. Quel che è vero è che i capitalisti nordamericani, che da anni stanno cercando di restaurare il dominio del grande capitale a Cuba, progettano apertamente di trasformare nuovamente l'isola in un casinò a cielo aperto se continueranno le "aperture" da parte del governo di Raul Castro. Questo dimostra semmai il legame forte che c'è tra il capitalismo contemporaneo e l'economia dell'azzardo di massa».

Il modello cubano non ha problemi?  

«I problemi della rivoluzione cubana sono fuori discussione e sono dovuti sia a cause esterne (essenzialmente: la Casa Bianca) sia a cause interne (una vorace burocrazia, la ridotta partecipazione democratica dei lavoratori alle decisioni politiche ed economiche, l'isolamento politico di Cuba visto il fallimento dell'ondata di rivoluzioni latinoamericane che si aspettava Che Guevara)».

Non esiste invece un problema intrinseco alla natura umana  per cui ogni tentativo di fare l'"uomo nuovo" è intrinsecamente totalitario? 

«Penso che sia un po' totalizzante e in fondo troppo comodo spiegare questi problemi concreti con un riferimento generico e astratto alla "natura umana". Gli uomini cambiano e gli eventi cambiano gli uomini. Mi sembra più interessante notare come la rivoluzione abbia cambiato i cubani piuttosto che spargere pessimismo enfatizzando quante cose non sono ancora cambiate abbastanza. Un caso opposto a Cuba è l'Italia, che è riuscita a scalare in pochi anni la classifica dei Paesi dove si spende di più in gioco d'azzardo, arrivando sul podio di questa gara infelice: questo dimostra che i mali dell'azzardo non sono insiti nella natura umana ma dipendono dalle circostanze materiali e politiche. Cambia quelle circostanze e cambierai le persone. Questo non significa considerare le donne e gli uomini come delle pedine, perché le rivoluzioni le fanno dei corpi in carne ed ossa: siamo artefici del nostro destino, ma lo siamo anche collettivamente, anzi, certe cose le puoi cambiare meglio e prima con uno sforzo comune che con azioni individuali. L’approccio fatalista apre invece rischi più insidiosi».

Quali rischi nasconde l’approccio pessimista?

«Descrivere l’azzardo come una fatalità conduce a sottovalutare l'importanza della "dipendenza progettata", che la studiosa americana Natasha Dow Schüll chiama "addiction by design". Le slot machine non esistono in natura: sono state progettate da qualcuno. Non esiste una "domanda di slot machine" e non esiste neppure un fantomatico bisogno spontaneo che venga soddisfatto dall'offerta di slot machine. Giocare alle slot machine non è "divertente" neanche per chi "desidera" giocarci. Le slot machine sono costruite con l'intento specifico di dirottare il cervello umano facendogli volere l'assurdo: perdere soldi in cambio di nulla. Sono l'incubo del consumatore consapevole e il sogno perfetto del capitalista».

Una visione inquietante…

«Che esista un intero settore economico, tra l'altro vastissimo e più grande per esempio del settore farmaceutico o scolastico, dedicato a manipolare la mente umana per spillarci direttamente soldi dalle tasche senza neanche passare dal venderci qualcosa, è – questo sì – una minaccia totalitaria. Da un certo punto di vista, lasciare che questi vampiri investano miliardi (miliardi che hanno sottratto a noi, per giunta) per continuare a studiare i modi migliori per manipolarci, e avendo a loro disposizioni legislatori compiacenti e milioni di cavie umane, è una minaccia per lo stesso concetto di democrazia. Non vorrei che, consolati dall'idea che "fare l'uomo nuovo è impossibile", finiamo per lasciare che siano lorsignori a trasformarci in esseri umani su misura delle loro esigenze di profitto. I fautori del libero mercato del gioco d'azzardo in fondo stanno solo pronunciando al rovescio un motto orwelliano. Ci ripetono in continuazione: "La schiavitù è libertà"».

Terza e ultima puntata

prima parte

seconda parte

 

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