Aumentano le foreste in Italia, ma non sappiamo sfruttarle bene

In dieci anni la superficie forestale è aumentata di oltre 600 mila ettari. Purtroppo, però, l'utilizzo delle biomasse resta basso e sono troppi i sottoboschi che non vengono curati. In calo anche il numero delle imprese e degli addetti. Come invertire la tendenza?
Val di Susa

Fa più rumore una foresta che cresce rispetto a un albero che cade. Questa volta è proprio così. E parliamo veramente di boschi, la cui avanzata in Italia prosegue. La superficie forestale nazionale complessiva è pari a 10,9 milioni di ettari, con un aumento rispetto al 2005 di oltre 600 mila ettari. Lo conferma l'Annuario dell'agricoltura presentato dal Crea, Centro nazionale di ricerca che fa capo al ministero per le Politiche agricole, alimentari e forestali

 

I dati non sono certo positivi. Cresce la superficie forestale (+5,8 per cento rispetto al 2005), le foreste italiane rappresentano il 5 per cento della superficie forestale europea e il 34 per cento della superficie totale nazionale. Nonostante l’aumento, l’utilizzo annuale delle biomasse rimane largamente al di sotto della media europea (30 per cento contro il 60 per cento). Crescono anche le importazioni di legname grezzo a uso strutturale, ma in particolare a uso energetico. Qualcosa non va. Anche perché «siamo il primo importatore europeo di legname per l’industria e il primo importatore mondiale di legna da ardere», spiega Piermaria Corona, direttore del Centro di ricerca per la selvicoltura del Crea. Altri numeri? Diminuisce in Italia il fatturato del macrosettore legno-arredo (-2,7 per cento), ma aumentano le esportazioni (+2,9 per cento). Al contempo diminuisce anche il numero delle imprese (-2,4 per cento) e degli addetti (-1,0 per cento).  

 

Eppure i vantaggi economici che potrebbero derivare da una gestione pianificata del nostro patrimonio arboreo sono tanti: dal sostegno alla filiera alla creazione di nuovi posti di lavoro («almeno 35 mila nel medio periodo»). Ma c’è dell’altro: «I servizi economici rappresentano non più del 20 per cento di tutti i servizi pubblici che ci può dare un bosco. Dall’avanzamento delle foreste, in questi decenni abbiamo ottenuto gratuitamente lo stoccaggio delle emissioni di CO2, mentre per beneficiare di altri servizi ambientali, come il blocco di frane, valanghe e la protezione dalle esondazioni, abbiamo bisogno di un’attenta gestione», spiegano Igor Boni e Pier Giorgio Terzuolo dell'Ipla, l’Istituto per le piante da legno e l’ambiente della Regione Piemonte. Il problema principale è la mancanza di filiere locali, una lacuna che è legata a diversi fattori, a partire da quello legislativo: "Ogni Regione e Provincia autonoma ha la sua legge sulla selvicoltura, con una diversa definizione di bosco", spiega Corona. Inoltre, la proprietà dei boschi è polverizzata: "In Italia ci sono 1 milione di appezzamenti inferiori a un ettaro, così piccoli che è impossibile attuare una gestione pianificata se i proprietari non si riuniscono"

 

Il rapporto del Crea evidenzia che le foreste assumono sempre più un ruolo fondamentale ai fini della mitigazione dei cambiamenti climatici, grazie alla loro capacità di assorbire CO2 e di immobilizzare grandi quantità di carbonio; rappresentano un elemento chiave nell'adempimento agli obblighi imposti dalle politiche climatiche internazionali. "Ma per svolgere questo importante ruolo – evidenzia Lido Riba, presidente Uncem Piemonte – devono essere correttamente gestite con tagli regolari e trasformazione del ceduo in fustaia, ad esempio. Inoltre, non va dimenticato, oltre al ruolo protettivo, il ruolo produttivo". “In tal senso – aggiunge Alessandra Stefani, capo del Corpo Forestale dello Stato –, mi auguro che nell’ambito del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali sia creata un’unica struttura di riferimento istituzionale e di coordinamento delle questioni forestali di rilevanza nazionale”.

 

Le esperienze positive di filiere locali non mancano. Piccoli segnali. Che spingono a investire fondi europei per la nascita di start up ad esempio nel settore delle costruzioni in legno, oggi tutte concentrate nel nord est e in altre aree dell'arco alpino. Senza dimenticarsi che Rubner, colosso italiano del settore, è nata costruendo un capanno per gli attrezzi. Oggi esporta in tutt'Europa case in legno, da filiera locale, alpina.

 

Il Crea raffigura nel suo rapporto un alto grado di illegalità nei tagli e nei prelievi forestali. "Non è certo una novità – aggiunge Riba – e mi auguro che il controllo possa esserci anche oggi che il Corpo Forestale è transitato nell'Arma dei Carabinieri".

 

L'assorbimento della CO2 non può essere svolto senza l'attribuzione di un valore economico a questo ruolo. "Emerge anche dal rapporto Crea – fa notare Enrico Borghi, presidente dell'Intergruppo parlamentare per lo Sviluppo della montagna – come la capacità di assorbire fattori inquinanti, come appunto anidride carbonica, sia un bene, abbia un valore ecosistemico, sancito anche dal Collegato ambientale alla legge di stabilità. Ma non deve restare sulla carta. Gli enti locali devono essere messi in condizione, attraverso leggi regionali e nazionali, di vendere l'assorbimento di CO2 per ogni ettaro di forestagestito e certificato".

 

L'aumento delle foreste vuol dire abbandono e minore superficie per il pascolo. Non certo una notizia positiva per la protezione dei versanti, troppo carichi e soprattutto non gestiti, con un sottobosco che cresce senza regole e non previene il dissesto idrogeologico. "Le politiche forestali devono essere inserite nella logica delle green communities che lo Stato deve incentivare – sottolinea ancora Borghi, che è anche sindaco di Vogogna, piccolo Comune nell'alta Ossola -. Al Collegato ambientale deve seguire il Green Act, un testo di legge necessario per il Paese, per una seria politica in favore delle aree rurali e montane. L'aumento delle foreste ci preoccupa ma anche l'assenza di strategie, nazionali e locali, può notevolmente complicare gli scenari, non permettendo la crescita di una filiera che in altri Stati alpini ha segnato, negli ultimi decenni, il rilancio economico e sociale dei territori montani".

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