Attualità di Idomeneo

In scena al Teatro dell’Opera di Roma, fino al  16 novembre, Idomeneo, re di Creta, raro titolo mozartiano che unisce il nitore classico del mito greco a un linguaggio teatrale aperto alle riforme operistiche del secondo Settecento

Sullo schermo si proiettano ondate marine tumultuose, cieli tempestosi a dire l’ira del dio Nettuno perché Idomeneo, re di Creta, non vuole sacrificargli come promesso il figlio Idamante.

Intanto, folle di migranti approdano dal mare, sono rinchiusi, pattugliati da soldati. È il fenomeno migratorio dei Troiani di allora e delle genti di oggi che il regista Robert Carsen inscena trasportando nell’oggi la vicenda antichissima, musicata con successo da Mozart a Monaco il 29 gennaio 1781.

Una volta tanto l’attualizzazione non soffre di eccessi o di stonature nel confronto con un melodramma ancora metastasiano ed “eroico”, eppure percorso grazie ad Amadeus da una ispirazione lirica e drammatica stringente, adatta a venire “raccontata” registicamente spostandola nel nostro tempo.

Certo, ci sono gli innamorati Idamante ed ILia, c’è la rancorosa Elettra, ci sono duetti amorosi pervasi di lacrime e recitativi drammatici, scene d’insieme possenti. Eppure una aria nostalgica, pensierosa, pervade i tre atti dove si muovono popoli sullo sfondo di eventi dolorosi.

Mozart nella sua prima opera matura già traccia una linea divisoria con il melodramma del suo tempo: i sentimenti non sono letteratura ma vita, le ansie e le paure sono reali, i dubbi, il rapporto d’incomprensione tra padre e figlio forse autobiografico, e il coro vive una tragedia annunciata di popoli oltre che di individui.

Ed anche se, illuministicamente, tutto finisce bene con Ilia e Idamante sposi ed Elettra furiosa, quante sospensioni ci sono state, quanto dolore. Naturalmente nella musica di un Mozart mai aggressivo, mai fatalistico, sempre portato su un livello di sguardo superiore.

La direzione di Michele Mariotti, al suo debutto all’Opera di Roma, è illuminante. L’orchestra suona con un calore umano, un affetto raro, che è poi la cifra di questo direttore. Ma non basta: la precisione, il senso del fraseggio, la luce degli archi o l’oscurità degli ottoni sono chiare, non confuse e il gesto di Mariotti ”canta” una musica bellissima, specie nei due primi atti.

Cantano e benissimo i protagonisti: il tenore Charles Workman è un Idomeneo attore credibile –il regista ha il merito di non esagerare con i movimenti – e virtuoso perfetto nei lunghi “da capo” delle arie dei  duetti; l’Idamante Joel Prieto ha voce bella e fresca (qualche problema nelle note basse), mentre la luminosità del canto di Rosa Feola (Ilia) è di una limpidezza stupenda. Anche i l coro si difende bene.

Idomeneo sfiora il capolavoro, peccato si rappresenti poco. A Roma lo si potrà ascoltare fino a sabato 16 novembre.

 

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