Attraversando piazza Taksim

Il cuore delle proteste contro il governo di Erdoğan viene ripulito a più riprese dalla polizia. La gente è sorpresa dalla linea dura del primo ministro: «tutti, compreso lui, dobbiamo imparare cosa vuol dire democrazia»
Il parco vicino piazza Taksim

Abbiamo raggiunto i nostri amici ad Istanbul per chiedergli un resoconto di quanto si sta vivendo in queste ore concitate, dopo lo sgombero di piazza Taksim.

«Già da ieri mattina alle 8 si è avuta notizia dello sgombero della piazza. La metropolitana di Taksim funzionava e questo era una nota rassicurante.  Già alle 14 la metro è stata nuovamente bloccata e quindi mi aspettava una lunga passeggiata proprio nel mezzo della piazza. Tutta la zona era presidiata dai poliziotti che fronteggiavano ancora qualche residuo di sassaiole, perchè le pietre arrivavano quasi ai miei piedi rotolando ma smorte. Qualcuno usava anche la fionda. L'aria era ancora acida per via dei lacrimogeni. Oltre la piazza c’è il parco dove persistono ancora le tende dei "masumlar" (gli innocenti) – con questo nome si designano i manifestanti ambientalisti e pacifici-. Le tende sono intatte e sotto la protezione dei poliziotti che sussurrano agli occupanti: «Non preoccupatevi per le agitazioni in piazza e per gli scontri: quelli sono causati da provocatori, voi invece restate tranquilli». Tra tutti è corsa immediatamente la voce dell’incontro con il primo ministro, il giorno dopo. Qui la distinzione tra pacifisti e sobillatori, che le forze dell’ordine avevasno sottolineato fin dai primi giorni della protesta, sembra davvero tale. Ma non è facile distinguere tra chi ha snaturato la protesta e chi continua a chiedere democraticamente.

In serata gli scontri si sono riaccesi con più veemenza». Altre nostre amiche che vivono a pochi metri dalla piazza ci scrivono che « hanno dovuto chiudere tutte le finestre perché i gas che arrivavano erano intensissimi. La polizia  inseguiva i manifestanti su Istiklal e in tutte le stradine attorno, cercando di allontanarli dalla piazza e per buona parte della notte si è andati avanti tra avanzamenti e retrocessioni, tuttavia alla fine la piazza è stata liberata, mentre tanti hanno trovato rifugio nel parco». Ancora una volta poi si sperimenta la doppia verità dei media: «abbiamo seguito la protesta su due canali della CNN: quella internazionale parlava di cariche delle forze dell’ordine, quella turca invece affermava il contrario. Certo è che oggi la piazza è vuota».

La strategia è stata quella di isolare i violenti marginali che stanno screditando la protesta mentre una rete di solidarietà capillare coinvolge tutti gli abitanti provvisori del parco, tra i quali si intravedono anche tanti adulti e gente di una certa età. Certo è che i danni dei provocatori sono sotto gli occhi di tutti: vetrine e saracinesche infrante, assieme alle telecamere di sorveglianza delle piazze.

Restano le domande della gente: perché Erdoğan decidendo di incontrare oggi i manifestanti, ieri ha voluto dare questa prova di forza e non ha usato toni più concilianti? Perché dopo due settimane esatte? Perché non si attendevano gli esiti dei colloqui?

In serata Vali, prefetto di Istanbul, ha dichiarato che l'operazione della polizia sarebbe andata avanti finché i gruppi di provocatori non avessero desistito e assicurava protezione ai manifestanti pacifici nella tendopoli del Gezi Park. Ha poi aggiunto un appello ai cittadini: « Non frequentare Taksim ne di giorno ne di notte finché la situazione non si fosse normalizzata».

Volano tra i manifestanti e non solo parole e parolacce. «Il Primo ministro e tutti noi dobbiamo imparare insieme cosa vuol dire democrazia perché abbiamo appena cominciato a sperimentarla e queste manifestazioni sono anche il prezzo per costruirla», questi sono i commenti che si raccolgono anche tra la gente semplice. «La democrazia non è il sentire e il volere di una maggioranza, ma il sentire e il volere di tutto il popolo di cui fa parte maggioranza e opposizione». C’è preoccupazione per il fluttuare della borsa, anche se Erdoğan dice che non permetterà agli speculatori di far man bassa.

Il riconoscimento dei meriti del primo ministro non si discute:la fine della guerra con i Curdi, l'apertura alle minoranze e la consegna dei beni espropriati dall'inizio della repubblica fino agli anni settanta, un’economia al galoppa, le infrastrutture e la crescita del lavoro.  Non garba però questo atteggiamento che qualcuno definisce da neo-sultano, altri da despota, altri ancora da megalomane. I manifestanti gridano le sue dimissioni e l’opposizione pur di vederlo capitolare sarebbe disposta anche a sacrificare il benessere di cui gode il Paese. Certo che se ciò accadesse le prospettive del futuro non sono rosee, secondo gli abitanti della città, divisi tra l’appoggio ai manifestanti e al governo.

Intanto ieri sera, come ogni secondo martedì del mese, malgrado gli avvenimenti, c’è stata la veglia di preghiera animata dal gruppo di Taizè. Nonostante i rumori e i gas si è continuata a pregare con intensità e raccoglimento. Ora come non mai si confida ancor di più nel Dio della pace e della riconciliazione.

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