Astrazeneca: paure irrazionali e numeri reali

L'argomentazione, piuttosto diffusa, del "in fondo che male c'è a sospendere il vaccino in via precauzionale" non tiene conto del drammatico contesto in cui viviamo.
Vaccino Astrazeneca (AP Photo/Virginia Mayo)

L’annunciata decisione dell’EMA, l’agenzia europea del farmaco, è arrivata puntuale. Al termine di un’accurata analisi dei casi segnalati la direttrice Emer Cooke e la responsabile della Commissione sicurezza dell’agenzia hanno ribadito quanto già espresso nei giorni precedenti dall’agenzia, ossia che «i benefici del vaccino di AstraZeneca continuano ad essere molto superiori ai rischi. La Commissione sulla sicurezza dell’Ema non ha trovato prova di problemi di qualità o sui lotti».

Anche l’OMS, il 17 marzo, ha espresso con chiarezza, nell’attesa degli esiti della revisione dei dati di sicurezza affidata al Global Advisory Committee on Vaccine Safety, l’importanza di conservare un approccio razionale rispetto alla sospensione dell’uso del vaccino di AstraZeneca in alcuni paesi europei e alle comprensibili paure che questa situazione ha generato:

«La vaccinazione contro COVID-19 non induce malattie o decessi per altre cause. È noto che gli eventi tromboembolici si verificano frequentemente. La tromboembolia venosa è la terza malattia cardiovascolare più comune a livello globale». E ancora: «In questo momento l’OMS ritiene che i benefici del vaccino AstraZeneca superino i suoi rischi e raccomanda che le vaccinazioni continuino».

L’EMA proseguirà il suo lavoro di revisione, con «ulteriori approfondimenti per capire di più» riguardo agli eventi avversi rari avvenuti dopo la vaccinazione con AstraZeneca: nonostante non vi sia un incremento del rischio di episodi di tromboembolismo, il lavoro di review dei casi segnalati, potrà portare «ad alcune raccomandazioni all’uso che sono in corso di valutazione» e che saranno eventualmente diffuse a tutti gli utilizzatori.

Di cosa parliamo?

Nel giorno in cui l’EMA esprime questa valutazione, nella sessione “domande e risposte” sulla vaccinazione AIFA si può leggere: «A seguito di intense consultazioni su alcuni peculiari casi di eventi trombotici, che si sono verificati in alcuni Paesi Europei, il Paul-Ehrlich-Institut tedesco, AIFA e le agenzie regolatorie di altri Paesi dell’UE, dopo un confronto tra i rispettivi Ministeri della Salute, hanno raccomandato la sospensione temporanea, in via del tutto precauzionale, dell’utilizzo del vaccino anti Covid-19 AstraZeneca.

La scelta della Germania di sospendere la somministrazione del vaccino è dovuta alla diagnosi di 7 casi di una trombosi venosa molto rara (trombosi della vena del seno) in pazienti che presentavano anche una concomitante carenza di piastrine (trombocitopenia) e sanguinamento, con una correlazione temporale dalla vaccinazione con il vaccino Covid-9 AstraZeneca. In Italia, secondo i dati AIFA, solo un caso temporalmente correlato al vaccino è stato rilevato con queste caratteristiche».

Come sappiamo, un prodotto farmacologico viene approvato dopo una lunga serie di verifiche e di analisi che consentono di stabilirne il profilo di sicurezza, quantificando il tipo e la frequenza delle reazioni avverse che si manifestano in un gruppo di persone vaccinate, seguite scrupolosamente nel tempo.

Questo gruppo, nel caso dei vaccini per il Sars-COV-2, è già stato ampliato di molto rispetto alle abituali procedure, e riguarda alcune decine di migliaia di persone.

Perché queste cose vengono fuori ora?

L’uso del vaccino sull’intera popolazione permette di evidenziare anche eventi che si manifestano molto, molto raramente, ad esempio in un caso ogni 100.000, o in un caso su un milione di vaccinazioni. Questo follow-up di massa si chiama farmacovigilanza e avviene per tutti i prodotti immessi in commercio, soprattutto nelle prime fasi del loro utilizzo.

Ma se osserviamo 30 milioni di persone e registriamo tutto quello che accade per alcune settimane, si verificheranno in questo gruppo un certo numero di eventi anche rari, visti i grandi numeri; infarti, trombosi, morti improvvise senza apparente causa.

Tutti questi eventi andranno valutati per capire:

  1. se si verificano di più di quanto accada normalmente in una popolazione altrettanto numerosa;
  2. se c’è una correlazione con il farmaco (o vaccino) in esame;

Ogni evento “strano”, anche se non insolito dal punto di vista statistico, attiva un segnale di sicurezza nella rete di farmacovigilanza.

Sul punto, ancora AIFA: “Un safety signal nella farmacovigilanza è un’informazione su un evento avverso nuovo o non completamente documentato che potrebbe potenzialmente essere causato da un farmaco (inclusi i vaccini) e che richiede pertanto ulteriori indagini.”

Il problema è che il “segnale”, in questo caso, ha generato un cortocircuito: e ciò per ragioni che nulla hanno a che fare con il normale funzionamento del sistema, a tutela e garanzia di tutti.

È molto probabile che un atteggiamento comunicativo più responsabile ed equilibrato avrebbe facilitato la coesistenza della doverosa vigilanza e della prosecuzione dell’attività vaccinale, i cui benefici sono sempre stati certamente ben superiori all’ipotetico rischio.

L’argomentazione, piuttosto diffusa, del “in fondo che male c’è a sospendere in via precauzionale” non tiene conto del drammatico contesto in cui viviamo.

La stima del rapporto rischio beneficio, infatti, deve essere attuale, sempre calata sulla realtà. E la realtà è che in Europa la pandemia galoppa (mentre invece rallenta drasticamente nei Paesi che vaccinano, come in UK, USA e Israele). In Italia ogni giorno si ammalano circa 20.000 persone e il costo in termini di incremento di malattia e di morti del rallentamento della campagna vaccinale è effettivo, certo e misurabile.

Ma qual è il problema che abbiamo con i numeri?

Ciò che ha destato preoccupazione in questa vicenda è la violenza di una reazione di paura che ha comportato prese di posizioni irrazionali, ritardi nella protezione delle persone, molta sfiducia e confusione nell’unico, vero strumento che abbiamo per combattere il virus.

Ma perché accede questo? Gli studi di psicologia cognitiva l’hanno chiarito da decenni: al rischio che percepiamo direttamente diamo un peso molto maggiore rispetto a quello che non percepiamo, non vogliamo associare a noi o che non capiamo fino in fondo. Pensiamo tutti che una morte su 1 milione per un caso rarissimo di evento avverso potrebbe essere la nostra, mentre non riusciamo ad inquadrare il fatto che il vaccino ci evita di essere fra i 25.000 morti su un milione dovuti alla malattia.

La nostra mente inoltre ha la tendenza ad associare due fenomeni in quanto uno è collegato intuitivamente all’altro (ad esempio nella successione temporale, o per una qualche coincidenza ci colpisce); non riusciamo a liberarci da questa idea nemmeno quando viene chiarito che i due fenomeni non hanno alcun nesso associativo.

Ma il vero problema è che dinanzi a queste distorsioni, davanti ai numeri così difficili da maneggiare, gli esseri umani sono lasciati soli. Soli con le proprie paure, sfiducie e fallacie logiche: gli stessi meccanismi che la cultura politica di questa Europa in crisi profonda sfrutta, per cercare il proprio interesse, un consenso effimero e viscerale che le permette di rimanere a galla.

Un garantismo esasperato, che affonda radici nella cultura individualista e difensiva degli ultimi due decenni, soffoca il bene comune e le scelte coraggiose: in nome di un illusorio principio di “pretesa del rischio zero”, si boicotta l’unico strumento in grado di offrirci la via d’uscita.

La scelta (quella giusta) non è solo del singolo, ma della società, laddove è ancora capace di ragionare e decidere insieme. Forse il nostro virus più pericoloso è un altro: quello dell’individualismo, dell’esasperazione dei diritti del singolo, che blocca la nostra capacità di scegliere collettivamente il meglio. E allora non siamo più capaci di comprendere che anche il proprio diritto alla tutela assoluta, il mio “rischio zero”, finisce dove inizia quello di tutti.

Così alla fine di questo caso, con poco sforzo, si è dimostrato ancora qualcosa di ovvio: se ognuno si rifiuta di fare la propria parte, tutti insieme subiamo un danno immenso, e ciascuno perde più di quanto ha guadagnato perseguendo il proprio interesse.

Contro questa epidemia dilagante, che distrugge il nostro tessuto sociale, vaccini in vendita non ce ne sono.

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