Ascoltare il grido dei più deboli

Ascoltare il grido dei più deboli. È l'invito di papa Francesco nel messaggio per la 106° Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si celebrerà il prossimo 27 settembre dedicato alla tragica condizione degli sfollati interni.

«Cittadini sulla carta»: così il card. Czerny definisce la drammatica situazione degli sfollati interni, i più deboli, più di 41 milioni di persone che «non vengono considerate, anche se hanno molto da offrire; richiedono la nostra attenzione e la nostra responsabilità». Già all’inizio dell’anno papa Francesco aveva indicato come una delle sfide del mondo contemporaneo, la situazione degli sfollati interni, di tutti coloro che – secondo la definizione dei «Principi guida sugli sfollati» delle Nazioni unite – «sono stati forzati o obbligati a fuggire o a lasciare le loro abitazioni o i luoghi abituali di residenza, in particolare come conseguenza di un conflitto armato o per evitarne gli effetti, di situazioni di violenza generalizzata, di violazioni dei diritti umani o di disastri naturali o provocati dall’uomo, e che non hanno valicato un confine di Stato internazionalmente riconosciuto».

Papa Francesco dedica a loro il Messaggio per la 106ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che sarà celebrata il 27 settembre 2020 e avrà come tema: «Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni». Al centro, l’icona di Gesù sfollato e profugo assieme ai suoi genitori. «Purtroppo, ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà», dice il papa. «Nei loro volti siamo chiamati a riconoscere il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato che ci interpella».

Donne e uomini che vivono drammi che la pandemia Covid-19 ha esasperato. «Questa crisi, infatti – si legge nel Messaggio – per la sua veemenza, gravità ed estensione geografica, ha ridimensionato tante altre emergenze umanitarie che affliggono milioni di persone, relegando iniziative e aiuti internazionali, essenziali e urgenti per salvare vite umane, in fondo alle agende politiche nazionali». Il Messaggio si sviluppa attraverso sei sottotemi, una sorta di vademecum per affrontare questa grande sfida pastorale.

Conoscere per comprendere. I migranti non sono numeri, ma persone e solo incontrandole si potrà arrivare a conoscerle. «E conoscendo le loro storie riusciremo a comprendere. Potremo comprendere, per esempio, che quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante della vita degli sfollati».

Farsi prossimo per servire. È la lezione che, in questi mesi di pandemia, ci hanno insegnato tanti dottori e infermieri: avvicinarsi al prossimo, aiutarlo, essere disposti anche a correre dei rischi. Invece, «le paure e i pregiudizi – tanti pregiudizi – ci fanno mantenere le distanze dagli altri e spesso ci impediscono di “farci prossimi” a loro e di servirli con amore», ricorda papa Francesco.

Per riconciliarsi bisogna ascoltare. Tra i tanti messaggi che si moltiplicano nel mondo di oggi, si rischia di perdere l’attitudine ad ascoltare. Negli ultimi mesi il silenzio ha regnato per le strade e nei cuori. «Un silenzio drammatico e inquietante, che però ci ha offerto l’occasione di ascoltare il grido di chi è più vulnerabile, degli sfollati e del nostro pianeta gravemente malato. E, ascoltando, abbiamo l’opportunità di riconciliarci con il prossimo, con tanti scartati, con noi stessi e con Dio, che mai si stanca di offrirci la sua misericordia».

L’attenzione del papa si rivolge al creato: per crescere è necessario condividere, sull’esempio della prima comunità cristiana, ciò che si ha affinché le risorse del pianeta siano a disposizione di tutti. È importante anche coinvolgere per promuovere. Coinvolgere le persone alle quali si offre assistenza, renderle protagoniste del proprio riscatto. «La pandemia ci ha ricordato quanto sia essenziale la corresponsabilità e che solo con il contributo di tutti – anche di categorie spesso sottovalutate – è possibile affrontare la crisi», si legge nel Messaggio.

Infine, occorre collaborare per costruire: «Per preservare la casa comune e farla somigliare sempre più al progetto originale di Dio, dobbiamo impegnarci a garantire la cooperazione internazionale, la solidarietà globale e l’impegno locale, senza lasciare fuori nessuno».

Nel corso della conferenza stampa di presentazione del Messaggio, la Dott.ssa Amaya Valcárcel, Coordinatrice internazionale di advocacy, Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, ha ricordato la crisi in cui versano molti Paesi: la Siria, dove più di 6,5 milioni di persone sono fuggite dalle loro case dall’inizio della guerra. Il Myanmar, con più di 450.000 sfollati interni a causa del conflitto etnico che sono a rischio di contrarre il virus poiché vivono in situazioni di sovraffollamento e accesso limitato all’acqua e all’assistenza sanitaria. La Repubblica Democratica del Congo, il Venezuela, la Colombia dove conflitti spesso dimenticati dal resto del mondo causano povertà e precarietà di vita a milioni di persone. «Quando chiediamo agli sfollati quali messaggi vogliono che esprimiamo al mondo – ha concluso le dott.ssa Valcárcel – ci chiedono sempre di rendere visibile la loro situazione in modo da attivare gli aiuti umanitari e far conoscere e risolvere le ingiustizie che subiscono a causa del loro isolamento».

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