Argentina. Fragile vittoria del Fronte della Kirchner

Il candidato dell’attuale governo è riuscito ad arrivare primo nel primo turno delle elezioni presidenziali ma con uno stretto margine verso il concorrente Macrì di “Cambiemos”. Il responso  del secondo turno, atteso per fine di novembre, si presenta completamente aperto. Intanto il fronte peronista ha perso la provincia di Buenos Aires 
ARGENTINA

Una vittoria che ha sapore di sconfitta quella di Daniel Scioli, candidato del governo a succedere l’attuale presidente argentina, Cristina Fernández de Kirchner. Non solo i risultati di domenica 25 ottobre gli assegnano, contraddicendo i sondaggi precedenti, solo due punti di vantaggio su Maurizio Macri, alla testa di “Cambiemos”, una alleanza che raccoglie vari gruppi dell’opposizione, ma anche una cocente sconfitta nella provincia di Buenos Aires (l’Argentina è uno stato federale), della quale Scioli é l’attuale governatore, il principale distretto elettorale del Paese e tradizionale bastione peronista. María Eugenia Vidal (Cambiemos) ha interrotto l’egemonia peronista nel governo locale che durava da quasi 30 anni, superando il candidato del Frente para la Victoria(FpV), il partito di Scioli e della presidente, Aníbal Fernández, attualmente capo di gabinetto del governo nazionale.

  Il magro risultato ottenuto appare con maggiore evidenza quando si compara con l’indiscutibile vittoria ottenuta da Cristina Kirchner  nel 2011, quando venne rieletta col 54 per cento dei voti. Scioli si ferma al 37 per cento e Macri al 35 per cento. Non solo una emorragia di voti rispetto alle presidenziali precedenti, ma una stasi rispetto ai voti raccolti nelle primarie disputate ad agosto, quando Scioli ottenne la stessa percentuali di voti ma con un vantaggio di una decina di punti rispetto a Macri.

Bisognerà attendere la fine di novembre per sapere chi sarà il prossimo presidente, quando si disputerà il secondo turno. A questo punto prende corpo la possibilità che il ciclo del FpV iniziato nel 2003 da Néstor Kirchner venga interrotto. Sarà decisivo l’appoggio che Macri potrà ottenere dalle file dell’opposizione all’attuale governo. Il più consistente potrebbe essere quello di Sergio Massa, anche lui candidato alla Casa Rosada, che domenica scorsa ha raccolto il 21 per cento dei voti. Ex capo di gabinetto di Cristina, una volta fuoriuscito dal Governo Massa ha coltivato un suo proprio profilo politico ma come tenace oppositore di un settore che non è propenso a tollerare voci dissonanti. E’ molto probabile che convergano su Macri anche i voti degli altri partiti, di minore entità, attratti più che dalla proposta di questo tecnocrate di stampo liberal, dalla possibilità di interrompere il ciclo dei Kirchner.

In realtà, al di là delle retoriche elettorali, oggi in Argentina è in gioco lo stile di governo più che un modello ideologico.La gestione di Cristina, sebbene ammantata da un discorso progressista e di centrosinistra, ha generato molte resistenze verso lo stile polemico che ha polarizzato lo scenario politico spazzando ogni posizione moderata finendo per trasformare ogni dibattito in una battaglia tra il bene e il male. L’asservimento del potere legislativo e, soprattutto, di quello giudiziario ai voleri dell’esecutivo, la permanente ricerca di scorciatoie per evadere i dettami della legge, compresa la stessa Costituzione, hanno trasformato Macri in un difensore dei principi di separazione dei poteri dello Stato e di osservanza della norma di legge.

E’ iniziato un mese di campagna durante il quale Scioli dovrà dimostrare la sua statura di leader capace di un pensiero autonomo e di stabilire la rotta del suo eventuale governo. Non gli ha giovato l’immagine trasmessa – in modo involontario ma non per questo meno reale – di essere in realtà il volto visibile di una parentesi di quattro anni, sotto l’influenza della famiglia Kirchner, ed in attesa del ritorno in scena di un suo membro (la stessa Cristina o il figlio Maximo, che ha conquistato un posto tra i deputati).

Macri dovrà convincere di essere in condizione di condurre il Paese spazzando la dilagante corruzione, ma senza rinunciare alle conquiste sociali ottenute in questi anni pur se al prezzo salato deterioramento del quadro istituzionale.Chiunque sia il vincitore dovrà affrontare un difficile panorama economico regionale contrassegnato dal freno dell’economia cinese e dall’abbassamento dei prezzi delle materie prime. Uno scenario comune ai vari governi che in questi anni hanno posto l’accento su politiche sociali e ridistribuzione del reddito.

Il voto argentino indica che gli elettori sono sempre più esigenti tanto che anche l’assistenzialismo non è più garanzia pe le vittorie facili. Il tempo dirà se i leader politici hanno appreso questa lezione.

 

 

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