Antisemitismo, perché?

Numerosi fatti di cronaca in Italia e nel mondo segnalano una crescita di sentimenti anti giudaici. Solo negli Usa nel 2019 gli attacchi antisemiti sono stati quasi 1900 con diverse vittime, l'ultimo a Monsey nello Stato di New York. Nostra intervista a padre Giulio Michelini, preside dell'Istituto teologico di Assisi, docente di Nuovo Testamento e autore de La Bibbia dell'Amicizia (San Paolo 2019).  

Nella prefazione de La Bibbia dell’amicizia papa Francesco scrive che: «Abbiamo alle spalle 19 secoli di antigiudaismo cristiano…». Ha avuto un ruolo l’antigiudaismo cristiano nel creare un clima d’odio verso gli ebrei?
Senza menzionare veri e propri errori di interpretazione dei vangeli, quali l’imputazione della colpa per la morte di Gesù a tutto il popolo ebraico (l’accusa di “deicidio”), si può dire che anche una certa teologia, quella soprattutto “della sostituzione” (che vedeva la Chiesa come il “vero” Israele, perché il “vecchio” patto con gli Ebrei sarebbe stato ricusato), non ha contribuito a creare un clima favorevole nei confronti dell’ebraismo. Purtroppo poi si sono aggiunti altri fattori, molto umani, come l’insegnamento del disprezzo, che è addirittura approdato nella liturgia. Solo prima del Concilio Vaticano II, grazie al lavoro di tanti, tra cui Jules Isaac e il card. Agostino Bea, è mutato l’atteggiamento complessivo, che ha portato alla dichiarazione Nostra Aetate dove si legge che «gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono irrevocabili». Ma questa dichiarazione aveva senso proprio perché con essa si ammetteva implicitamente che per secoli le chiese hanno disprezzato gli Ebrei.

Lo sviluppo di questo processo ha portato alla richiesta di perdono da parte di papa Giovanni Paolo II durante il Giubileo del 2000, e a parole chiare come quelle della Commissione Teologica Internazionale della Santa Sede, che nel documento Memoria e riconciliazione (approvato dall’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Joseph Ratzinger) arrivavano a dire che «La Shoah fu certamente il risultato di una ideologia pagana, qual era il nazismo, animata da uno spietato antisemitismo, che non solo disprezzava la fede, ma negava anche la stessa dignità umana del popolo ebraico. Tuttavia, ci si deve chiedere se la persecuzione del nazismo nei confronti degli ebrei non sia stata facilitata dai pregiudizi antigiudaici presenti nelle menti e nei cuori di alcuni cristiani».

L’antisemitismo ha più di duemila anni, perché già il mondo romano e greco avevano problemi con gli ebrei?
Tutti i popoli hanno vissuto nell’antichità – e purtroppo ancora oggi, e ciò è alquanto preoccupante – atteggiamenti xenofobici. Il popolo ebraico è stato oggetto di pregiudizi già da diversi secoli prima di Cristo, come testimoniato nel libro di Ester, dove addirittura si decreta la distruzione dell’intera nazione ebraica. Ma l’antigiudaismo imperiale faceva leva anche su alcuni pregiudizi fondati su alcuni tratti religiosi caratteristici degli ebrei, quali la circoncisione o l’osservanza del sabato o di alcune norme alimentari.

Quali sono le caratteristiche dell’antisemitismo di oggi?
Come scrive Piero Stefani in un testo fondamentale sull’argomento, L’antigiudaismo. Storia di un’idea (Laterza 2004), la parola “antisemitismo” si afferma già a partire dal 1879, e diventa il modo per trovare in una “razza” un capro espiatorio. Ecco perché è necessario distinguere un antigiudaismo cristiano dall’antisemitismo (anche se purtroppo le due cose si sono spesso confuse storicamente).

Oggi assistiamo a un mix di diversi “anti”: una certa tendenza marcionita nella cristianità non è purtroppo scomparsa, e vi sono antisemitismi di destra e anche di sinistra. Spesso poi l’antisemitismo va a braccetto con l’antisionismo e con la negazione dell’autodeterminazione e della sovranità del popolo ebraico. Ma se in un passato recente la critica allo stato di Israele poteva essere la principale causa di questo atteggiamento, oggi forse l’antisemitismo riemerge dalla paura dell’altro, di ciò che è allogeno e da cui serve immunizzarsi, e anche da un ritorno di nazionalismi e sovranismi. Emblematico il caso dell’ebreo Dreyfus – la cui storia è stata ripresa ora nel film L’ufficiale e la spia (il titolo originale, basato sulla frase di E. Zola, J’Accuse) di Roman Polanski – nel quale il traditore dell’esercito francese non poteva essere che un “diverso”, cioè un ebreo. L’accusa nei suoi confronti era allora fortemente legata al nazionalismo francese.

Che ruolo positivo può avere conoscere la Torah e le tradizioni ebraiche?
Gesù stesso conosceva la Torah, e ha vissuto come un ebreo fedele alle tradizioni del suo popolo. Conoscere i testi da lui continuamente ripresi ci permette di conoscere meglio Gesù, che era ebreo e non ha perso alcun tratto dell’appartenenza a questo popolo. Inoltre, papa Francesco nella sua Evangelii gaudium ha ribadito che è utile «leggere insieme i testi della Bibbia ebraica e aiutarci vicendevolmente a sviscerare le ricchezze della Parola», cosa che abbiamo cercato di fare proprio con La Bibbia dell’amicizia. Soprattutto, è utile conoscere l’altro e cercare di comprenderne le ragioni: in fondo, ogni pregiudizio razziale, come anche il preoccupante antisemitismo che sta tornando con grande veemenza, è fondato sull’ignoranza.

 

L’inchiesta dal titolo “Il carnefice e la vittima” dedicata all’antisemitismo sul numero di Città Nuova di gennaio 2020.

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