András Simon e l’arte come strumento di pace

A Palazzo Falconieri a Roma la mostra "LINEArte" in memoria di Andràs Simon sarà aperta dal 12 settembre al 22 novembre 2024. Un'occasione per riflettere sul bello visto come simbolo di bene e via per la speranza e la pace.
A Palazzo Falconieri a Roma la mostra "LINEArte" in memoria di Andràs Simon, foto di Tanino Minuta

Il tempo che viviamo «non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento di epoca», afferma papa Francesco. Le guerre accese, assieme a inimmaginabili fenomeni di crudeltà, dimostrano che gli insegnamenti della storia non hanno la forza di risolvere i gravi problemi che affliggono l’umanità di oggi. In tale contesto, quale spazio può occupare una mostra d’arte?

Ho trovato la risposta leggendo Nella stessa linea di Dio di András Simon (1958-2024), che assieme a molti filosofi afferma che il bello è simbolo di bene e desiderarlo significa accendere la speranza e indurre alla pace.

Per András Simon l’artista, in quanto “strumento” di Dio, con le sue opere apre un varco ad altre dimensioni e lui l’ha fatto con la sua struggente abilità, ma soprattutto, come lui afferma, con la sua profonda fede. Alle sue 2833 grafiche, con più di 50 tematiche, l’autore dà dei titoli spesso accompagnati da poesie che ne sviscerano il messaggio. Oltre ai “disegni a una linea”, Simon ha prodotto disegni classici con una giocosità che ricorda Bosch. Le sue opere formano un’autobiografia da dove si evince il suo pensiero e il suo cammino e, oggi si può dire, il suo impegno ascetico che ne fa un demiurgo del Bello.

Il luogo della mostra è stato l’Accademia d’Ungheria in Roma, che da quasi cent’anni, pur nel giro di cangianti regimi politici, è un importante e attivo mediatore della cultura e della scienza ungherese. Circa un anno fa András Simon era stato invitato a fare una mostra all’Accademia e lui aveva manifestato il desiderio di realizzare l’esposizione assieme alle opere della figlia Gyöngyös che come pittrice ha seguito le orme del padre, ma il 23 marzo 2024 la linea della sua vita si è spezzata. István Gégény scrisse che quella linea, interrotta sulla terra, continuava in cielo.

Un’opera di András Simon, foto di Tanino Minuta

La direttrice dell’Accademia Krisztina Lantos, aprendo la mostra al piano nobile del superbo Palazzo Falconieri, ha dichiarato come l’arte abbia la forza di unire le generazioni e lo stesso evento ne era un esempio, oltre ad essere una grande spinta per un impegno a proseguire su questa linea. Accanto alle opere di András Simon, una sala ospita quelle della figlia Gyöngyös Smohayné Simon mentre in altra sala ci sono le opere dei premiati nel concorso “Crea liberamente” che come tema avevano quest’anno lo sport. Durante una tavola rotonda ho alternato delle domande a Nora Zambo, del Ministero della Cultura Ungherese e rappresentante della Fondazione “Crea liberamente” e a Gyöngyös Smohayné Simon, pittrice e curatrice delle opere del padre. Le loro risposte sono state il disvelamento del senso della mostra: l’arte come “paideia”, educazione alla verità, alla bellezza e quindi strumento di pace.

Dopo un tempo riservato alla visione delle opere e a un brindisi, un concerto di due giovani talenti di violino e pianoforte, László Tésik e András Moldoványi, ha coronato la serata che, a detta di molti, “è stata una vera festa della bellezza e un orizzonte di speranza”. La mostra è aperta dal 12 settembre al 22 novembre ’24.

Il grande manifesto della mostra appeso accanto all’ingresso del Palazzo Falconieri in via Giulia, mostra la sagoma di un uomo che mendica… e la stessa linea traccia un re nascosto dentro di lui. Vi scrive a matita András: «Come un mendicante implori e chiedi, mentre nella tua anima sei ricco e vali più di un re».

Risuonano i versi di Emily Dickinson: «Non conosciamo mai la nostra altezza / finché non siamo chiamati ad alzarci. / E se siamo fedeli al nostro compito / arriva al cielo la nostra statura…»

Mi scrive un cultore d’arte: «Quando Giovanni Paolo II, negli anni Ottanta, proclamò beato il frate domenicano Giovanni da Fiesole e patrono universale degli artisti, per la gente fra’ Angelico era già da secoli beato. Il papa spiegava che nel religioso-artista “l’arte diventa preghiera”. Oggi posso affermare che le opere di András Simon, come quelle del Beato Angelico, sono una vera catechesi. In un tempo in cui l’Ungheria usciva da un regime che aveva fermato le immagini religiose in santini colorati, András è stato coraggiosamente capace di raccontare la fede con immagini precise… con una linea inequivocabile».

“Il bello del bene” emerge da una lettera pastorale della fine del secolo XX di Carlo Maria Martini intitolata Quale bellezza salverà il mondo? Il cardinale di Milano, per descrivere il suo tempo, riportava un’affermazione dello scrittore russo Aleksandr Isaevič Solženicyn: «Il mondo moderno, essendosela presa contro il grande albero dell’essere, ha spezzato il ramo del vero e il ramo della bontà. Solo rimane il ramo della bellezza, ed è questo ramo che ora dovrà assumere tutta la forza della linfa e del tronco».

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