Ancora e sempre clandestini

La richiesta di abrogazione del reato di immigrazione clandestina, online e offline o nelle sedi deputate, non affronta il nodo delle politiche internazionali adottate dal nostro Paese e dall'Europa verso le aree del Mediterraneo investite dalle transizione democratiche
Lampedusa

Il tema dell’immigrazione ha il limite di essere tra quegli argomenti che hanno dei picchi di successo e poi non se ne parla più. Ogni tanto vengono lanciate nell’etere poche parole, in questo caso non più di una o due (immigrazione clandestina), che poi rimbalzano di bocca in bocca e non per affrontare seriamente l’argomento, ma dire che non se ne deve parlare altrimenti scattano i ricatti (politici, ovviamente).

La scorsa settimana era stato il Pd a dire che la materia doveva rivista (insieme a quella sui diritti delle coppie gay, che è ancora tutta da vedere) e subito il vicepremier Alfano ha espresso un categorico rifiuto. Adesso è il turno del Movimento 5 Stelle. Durante la campagna elettorale Grillo non ha inserito l’immigrazione tra i punti del suo programma, ma in alcuni comizi ha usato parole molto precise per dire, in sostanza, che rimanderebbe a casa gli immigrati che vorrebbero stabilirsi da noi.

Ma la base scalpita – e non sempre condivide – e quindi Grillo ha fatto ricorso a una consultazione online per capire cosa vogliono i suoi sostenitori sul fronte immigrati. Il risultato lo sappiamo: la base (in realtà hanno risposto in pochi rispetto ai voti che il M5S ha ottenuto alle elezioni) ha chiesto l’abrogazione della legge che prevede il reato di immigrazione clandestina.

Facile immaginare l’esito di questa consultazione online. Resterà una parola scritta nel nulla, perché – di fatto – è errata la prospettiva con cui si affronta il tema (sia tra le rappresentanze politiche che altrove) che così come è impostata non ha gambe per camminare.

Le persone che arrivano in Italia da molti Paesi del Medio Oriente, dell’Africa e dell’Asia sono diventate – per i governanti italiani – un’arma di ricatto politico e di trattativa governativa; nessuno vede in esse l’occasione per interrogarci sulle politiche internazionali dell’Italia, ma prima ancora dell’Europa, rispetto ad aree geografiche di grande estensione e rilevanza con cui dovremmo affrontare molti discorsi lungimiranti per un futuro non lontano (basti pensare alla Cina e ai cinesi in Italia).

Difficilmente troveremo soluzioni adeguate fino a quando la politica guarderà a questi Paesi (e soprattutto ai loro giovani, molto più determinati e forti degli italiani) come avversari difficili, culturalmente lontani e incomprensibili. Le politiche governative (diplomatiche, economiche, culturali, ecc.) dovrebbero avere obiettivi tali da farci chiedere non come risolvere il problema degli immigrati ma quale Italia, quale Europa e quale mondo vogliamo costruire per i nostri figli e nipoti.

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