Amministrative al centrodestra. Strategie in corso

Il Pd perde in città importanti ma Renzi punta sul voto utile a livello nazionale. Il centrodestra vince ma restano le fratture interne. Non sottovalutare il M5S. Crolla la percentuale dei votanti e senza legge elettorale si rischia di andare verso il caos
ANSA / MATTEO BAZZI

Benché in Italia nessuno mai perda le elezioni, stavolta il coro è un po’ più complicato, visto che i nudi numeri si incaricano di fotografare una situazione ben poco interpretabile: nelle città capoluogo il centrodestra, che ne amministrava 5, passa a 15, mentre il centrosinistra da 15 crolla a 4; il M5S aveva già incassato la brusca frenata al primo turno e si consola incassando 8 ballottaggi su 10. Necessario poi segnalare due outsiders: Pizzarotti che conserva con ampio consenso la guida di Parma, e Flavio Tosi che invece perde Verona per interposta compagna di vita e senatrice Patrizia Bisinella; nel primo caso la vittoria è tutta personale: Pizzarotti era solo contro tutti; nel secondo c’è anche un portato politico, vista la posizione filo-governativa assunta da Tosi dopo la fuoriuscita dalla Lega Nord: antesignano, quindi di una destra che guarda a sinistra.

L’affermazione del centrodestra è abbastanza uniforme sul territorio nazionale, scontando il vantaggio che ha al Nord per via della Lega, così come è altrettanto uniforme la sconfitta del centrosinistra, che conosce punte brucianti a Genova e Sesto San Giovanni. Pertanto, pur senza eccessi di enfasi, anche queste elezioni amministrative avranno ripercussioni di portata nazionale. In casa Pd, tra i renziani, non ci si affretta tanto a minimizzare la sconfitta quanto a sostenere che essa è dovuta alla formula della coalizione larga, quella che Prodi e Pisapia stanno tessendo per le politiche. Si sa che ciò che assomiglia all’Ulivo & derivati non incontra l’entusiasmo del segretario del partito, quindi il risultato delle amministrative porta acqua a una impostazione che immagina una partita “o-la-va-o-la-spacca”: il Pd corre da solo e punta a vincere raccogliendo i voti del 40 per cento dei Si al referendum costituzionale di dicembre.

 

Anche nel centrodestra, però, la vittoria è tutt’altro che pacificante: pure quella compagine è infatti attraversata dalla medesima faglia del centrosinistra: coalizione o non coalizione? Facile concludere: il risultato risponde affermativamente alla domanda! Così sarebbe se ne fosse convinto anche Silvio Berlusconi, tornato con grande spolvero sulla scena politica e protagonista della campagna elettorale. Che di vera faglia si tratti, lo dimostra il guanto di sfida lanciato dal governatore ligure Toti direttamente a Berlusconi, incitandolo a rompere gli indugi filo-renziani e a stringere un accordo con la Lega, Fratelli d’Italia e le formazioni minori. Ma non è detto che andrà così.

Quindi, le elezioni sono utili a far emergere apertamente  il dilemma nel quale si dibattono centrodestra e centrosinistra e speriamo davvero di sbagliare se prevediamo che vincerà la linea del tanto peggio tanto meglio: voto, quando sarà, con le attuali regole proporzionaliste e disarmoniche tra Camera e Senato; caos risultante; grande abbraccio Pd-Forza Italia e chi altri ci starà. Ma il rischio di fare i conti senza l’oste pentastellato è davvero grande, tanto più se si pesa il galoppante astensionismo.

 

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