Amianto in città

Il dossier di Legambiente parla chiaro: lo smaltimento è ancora un problema da risolvere

L’amianto, il materiale cancerogeno usato in passato per realizzare gli edifici, continua a essere una presenza silenziosa ma allarmante nelle nostre città. Il suo smaltimento è ancora considerato un problema e le bonifiche dei siti contaminati procedono molto lentamente. Con la legge n.257 del 1992 l’Italia ha messo al bando tutti i prodotti contenenti amianto. Oggi però risulta essere un materiale ancora troppo diffuso: secondo un dossier di Legambiente dal titolo “Liberi dall’amianto” – pubblicato il 28 aprile scorso in occasione della giornata nazionale delle vittime di amianto – circa 370mila strutture in Italia contengono questa fibra cancerogena.

Perché questo ritardo?

Il blocco arriva dalle regioni e dai loro ritardi nei Pra, cioè i Piani regionali amianto, che dovevano essere pubblicati entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge, cioè 26 anni fa. Poi occorre fare una mappatura e un piano di bonifica e smaltimento.

13 regioni su 15 (a esclusione del Lazio e la provincia autonoma di Trento) hanno dichiarato di aver approvato il Pra, di cui nel 2015 la Liguria, l’Umbria e la Toscana.

Le attività di censimento sono state completate da 6 regioni su 15: Marche (solo per edifici pubblici e imprese), Campania, Emilia Romagna, Piemonte, Provincia Autonoma di Trento e Valle d’Aosta. E 9 regioni hanno confermato di non avere concluso le procedure.

La mappatura è invece stata realizzata solo da 7 amministrazioni (Puglia, Sardegna, Campania, Emilia Romagna, Marche, Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Trento), mentre è ancora in corso in Basilicata, nella provincia autonoma di Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Sicilia e Veneto. Non risulta sia stata fatta nel Lazio. Stando ai dati del 2015, la mappatura risulterebbe completata anche in Liguria, Lombardia, Molise Toscana e Umbria, mentre era in ancora in corso in Calabria e non risultano dati per l’Abruzzo.

Il problema più grande

Le difficoltà maggiori riguardano lo smaltimento: in Italia non c’è un sistema di gestione sufficiente, pertanto la maggior parte del materiale rimosso viene esportato all’estero. Fino a pochi anni fa nel nostro Paese c’erano 24 impianti. Oggi ne abbiamo 18 e solo 8 regioni hanno almeno un impianto specifico. In Sardegna e in Piemonte ce ne sono 4 (di cui uno per le sole attività legate al Sin di Casale Monferrato), 3 in Lombardia e 2 in Emilia Romagna e in Basilicata. Uno solo l’impianto esistente in Friuli Venezia Giulia, Puglia e nella Provincia autonoma di Bolzano.

Secondo i dati di Ispra (istituto superiore per la ricerca ambientale), nel 2015 in Italia sono state prodotte 369 mila tonnellate di rifiuti contenenti amianto (71% al Nord, 18,4 al Centro e 10,6 al Sud). Di questi, 227 mila tonnellate sono state smaltite qui mentre 145 mila tonnellate sono state esportate nelle miniere dismesse della Germania.

La salute innanzitutto

Il quadro complessivo che emerge è abbastanza preoccupante, anche a livello sanitario. L’associazione ambientalista ricorda che stando agli ultimi dati diffusi dall’Inail, in Italia sono 21.463 i casi di mesotelioma maligno tra il 1993 e il 2012, di cui il 93% dei casi a carico della pleura e il 6,5% (1.392 casi) peritoneali, e oltre 6 mila morti all’anno.  A livello regionale i territori più colpiti sono Lombardia (4.215 casi rilevati), Piemonte (3.560), Liguria (2.314), Emilia Romagna (2.016), Veneto (1.743), Toscana (1.311), Sicilia (1.141), Campania (1.139) e Friuli Venezia Giulia (1.006).

«È necessario – afferma Legambiente – ripristinare incentivi per la sostituzione dei tetti con amianto con coperture solari, che non sono stati previsti nella bozza di decreto di incentivo per le rinnovabili presentato dal governo. Si tratta di uno strumento molto efficace che in passato ha portato alla bonifica di 100 mila metri quadri di coperture e oltre 11 MWp di impianti fotovoltaici installati e connessi alla rete in tutta Italia».

Al Parlamento Legambiente chiede quindi che si riprenda la discussione del “Testo unico per il riordino, il coordinamento e l’integrazione di tutta la normativa in materia di amianto”, presentato nel novembre del 2016 al Senato e bloccato da due anni a Palazzo Madama.

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