Alle urne il futuro della presidenza Biden

Negli Usa si vota per il rinnovo totale della Camera dei rappresentanti e per un terzo dei seggi al Senato. I repubblicani potrebbero conquistare la maggioranza e mettere in stallo l’agenda presidenziale.
Biden Foto Ap

Martedì 8 novembre è per gli statunitensi è l’Election Day, l’ultimo giorno delle elezioni statunitensi di Midterm.

Alle 6 (le 12 in Italia), hanno aperto i seggi in Virginia e New Hampshire; trenta minuti dopo, è stata la volta di North Carolina e Ohio. Alle 7 (le 13 in Italia), seggi aperti per gli elettori di Florida, Georgia, Pennsylvania e Michigan. Lo stesso nel Midwest. Alle 14 italiane, seggi aperti anche in Wisconsin.

Oggi è soprattutto il giorno del giudizio sulla presidenza di Joe Biden. L’8 novembre concluderà la tornata elettorale in cui si deciderà la composizione totale della Camera dei rappresentanti (mandato di 2 anni per 435 deputati) e del Senato (rinnovo di circa un terzo per mandato di 6 anni per 35 senatori). Se la maggioranza al Congresso sarà assegnata ai repubblicani, come prevedono i sondaggi degli ultimi giorni e come è ormai tradizione nella storia politica del Paese, che nel Midterm boccia il partito del presidente, l’agenda liberale di Biden subirà una brusca frenata.

I prossimi due anni potrebbero annunciarsi come un susseguirsi di veti e di blocchi, che rischiano di esacerbare divisione sociale e politica che sta cambiando radicalmente il volto degli Stati Uniti, facendone un terreno di costante battaglia su diritti civili, clima, leadership mondiale, tenuta istituzionale e diseguaglianze. La posta in gioco è alta.

L’inflazione ha toccato il picco degli ultimi 40 anni, i diritti all’aborto sono alla mercè degli stati e delle urne, l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale alimenta i timori di recessione e molti negazionisti delle precedenti elezioni potrebbero entrare in carica a breve. L’agenda di Biden è rimasta resiliente nei sondaggi, dopo due anni di venti estremamente contrari al suo governo, dalla crisi post-pandemica alla guerra in Ucraina, alla spietata concorrenza cinese, eppure la realtà che il presidente e il suo partito hanno dovuto affrontare è stata ben altra.

La presidenza di riconciliazione auspicata non è stata quella ottenuta, con l’incombente presenza di Trump che ha tessuto giorno dopo giorno una campagna di delegittimazione del risultato presidenziale, avviluppando dentro le spire delle frodi decine di candidati, ufficialmente repubblicani, ma affiliati al suo movimento Make America Great Again, un partito dentro il partito. Le elezioni di Midterm definiranno quanto semplice o in salita sarà il suo futuro all’interno del GOP (altro nome dei repubblicani). Una vittoria dei suoi candidati, sarà anche una vittoria per l’ex presidente che dovrebbe annunciare il 15 novembre la sua intenzione di ricandidarsi alla Casa Bianca, se le urne premieranno le sue teorie della cospirazione e i suoi attacchi senza freni. L’ultimo toccato alla presidente della Camera, Nancy Pelosi, definita nel comizio di chiusura tenuto ieri un Ohio, “un animale”, perché ha osato incriminarlo.

La contestazione del voto per corrispondenza da parte dei fedelissimi dell’ex presidente che nelle settimane precedenti l’Election Day ha portato all’annullamento di 7.000 schede in Pennsylvania e a 2.000 in Florida, ha dato il via a una marea di sfide legali infondate e prepara la strada a potenziali ballottaggi, riconteggi che non consentiranno di avere risultati se non entro una settimana, come successo nel 2020 e nel 2018.

Alcuni sostenitori dell’ex presidente, hanno organizzato milizie armate in Arizona, apposte vicino alle buche postali dedicate al voto per corrispondenza, al fine di intimidire gli elettori. Sono cinque gli stati chiave che decideranno se il Senato resterà a maggioranza democratica e aumenterà i suoi seggi: Pennsylvania (dove si sono concentrati gli sforzi di Biden, Obama e dello stesso Trump); Georgia (dove a sfidarsi saranno due afroamericani); Arizona (che vedrà la vittoria o la sconfitta di repubblicani non affiliati a Trump); Nevada (in attesa di una tempesta di neve che potrebbe ritardare il voto; Wisconsin (dove il tema dell’aborto è diventato cruciale).

In questi cinque stati i partiti hanno spesso oltre la metà dei 16,7 miliardi di dollari destinati alla campagna elettorale, con oltre 270 milioni usati per gli annunci pubblicitari. Oltre al rinnovo di Camera e Senato, 36 stati voteranno per decidere il loro governatore; ma alle urne spetterà anche di decidere la protezione o meno dei diritti all’aborto.

Referendum statali in Kentucky, California, Michigan e Vermont stabiliranno quanto l’interruzione di gravidanza sarà consentita o negata, dopo che la Corte Suprema annullando la sentenza Roe v. Wade, che ha protetto a livello federale l’aborto per quasi 50 anni, ha lasciato libertà di decisione ai singoli stati.

Tra i referendum che alcuni stati hanno deciso di accorpare alle elezioni di Midterm ci saranno quelli per mettere al bando definitivamente la schiavitù, considerata ancora una punizione accettabile nelle costituzioni di alcuni stati.  Si voterà per legalizzare la marijuana; limitare il cambiamento climatico, modificare le leggi sull’identificazione degli elettori, combattere la criminalità.

I social media intanto affilano le armi per combattere la disinformazione e la contestazione infondata delle elezioni. Lo fanno con Elon Musk a capo di Twitter e intenzionato a sostenere i repubblicani e con un funzionario russo che, proprio ieri, ha ammesso le interferenze di Mosca nelle elezioni presidenziali che hanno consegnato la vittoria a Trump. Youtube si è preparata con tutorial che insegnano a distinguere le fake news, mentre Meta ha messo insieme un comitato elettorale centrale che monitorerà i post di Facebook anche di Instagram: l’allarme sulla tenuta democratica del Paese che Biden ha ventilato durante la campagna elettorale potrebbe vedere tra i primi imputati proprio i social.

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