Alimentare la speranza partendo dalla realtà

La generatività, in chiave sociale, può riguardare la nascita o la rinascita di un prodotto o di un servizio, di una relazione, di un progetto e si può manifestare nel lavoro cooperativo, nel volontariato, nell’arte e in tutti gli altri settori sociali.

Viviamo in una società tecnica. È possibile fare una storia della “potenza” dal sacro alla politica e poi alla tecnica, come ha fatto il sociologo Mauro Magatti in Oltre l’infinito, Feltrinelli, Milano 2018. In questa prospettiva possiamo capire che ci è dato vivere la crisi della società della potenza tecnica, affermatasi dopo il 1989.

Viviamo nell’epoca della globalizzazione e della sua idea di potenza che si è arrestata di fronte alla grande recessione del 2008. Questa società manifestatasi in questi venti anni ha prodotto ai nostri occhi una pericolosa illusione di onnipotenza. Oggi viviamo la drammatica impossibilità di risolvere i problemi che essa stessa ha causato. Questa crisi ci impone un cambio di paradigma.

L’uomo è una “potenza” nel senso di essere possibilità oltre il dato biologico e storico. Viviamo nella libertà creativa che è data dalla nostra “eccentricità”. La nostra forza sta nella capacità di sottrarci all’immediatezza e alla necessità del presente. Dobbiamo e possiamo, noi di queste generazioni del XXI secolo, stabilire una nuova direzione se vogliamo uscire dalla crisi del mondo contemporaneo. Si tratta di un nuovo umanesimo, riscoprendo la natura eccentrica dell’uomo. Possiamo migliorare il nostro mondo e la nostra umanità superando il monopolio della società tecnica. È possibile vincere il delirio di onnipotenza facendo fiorire l’umano in noi attraverso il recupero del sacro, dell’arte, della politica e della trascendenza.

L’eccentricità si coniuga poi con generatività. Questa è radicata nella nostra esperienza umana originaria e non è riducibile alla dimensione biologica. La generatività è il nucleo vivo di un nuovo umanesimo della libertà in grado di condurci oltre la società dei consumi e le sue “passioni tristi”. La generatività è cura di sé e degli altri, cura del mondo nella dimensione intergenerazionale. E una nuova energia psichica che ci fa uscire dalla gabbia dell’io. Oggi siamo prigionieri della potenza tecnica e dei grandi apparati tecno-economici. Trasformiamo il desiderio in godimento e ci facciamo schiavi della performance, fino a negare la realtà e l’altro da noi. Siamo vuoti e viviamo gravi disuguaglianze.

Non dimentichiamo che già molti anni fa Giovanni Paolo II poneva queste cruciali domande ancor oggi molto attuali: «Lo sviluppo della tecnica, non controllato né inquadrato in un piano a raggio universale ed autenticamente umanistico, […] rende la vita umana sulla terra, in ogni suo aspetto, “più umana”? La rende più “degna dell’uomo”?». E aggiungeva: «Lo sviluppo della tecnica e lo sviluppo della civiltà del nostro tempo, che è contrassegnato dal dominio della tecnica stessa, esigono un proporzionale sviluppo della morale e dell’etica. Invece quest’ultimo sembra, purtroppo, rimanere sempre arretrato» (Redemptor hominis, n. 15).

È, perciò, quanto mai urgente, in questo nostro tempo di crisi profonda, riscoprire la libertà generativa e alimentare la speranza a partire dalla realtà. La generatività, in chiave sociale, può riguardare la nascita o la rinascita di un prodotto o di un servizio, un’impresa, una relazione, una nuova forma socio-economica, un progetto. Si può quindi manifestare nel lavoro cooperativo, nel volontariato, nell’arte, nell’imprenditorialità civile, nell’artigianato, nel sacro.

Quali sono i suoi tempi e il suo dipanarsi? Sono quattro: desiderare, mettere al mondo, prendersi cura, lasciar andare, in modo che quanto generato possa crescere e fiorire. Tale dinamica, porta alla maturazione di una sana e comune peculiarità che induce l’uomo ad essere più uomo, attento all’innovazione e alla gestione responsabile della libertà e di una cultura “nuova”. In tal modo possiamo davvero rigenerarci come soggetti pienamente umani e rinnovati, liberi dalla grande espansione narcisistica del sé degli ultimi decenni dopo il Sessantotto.

Su questa base possiamo costruire un nuovo paradigma di sviluppo economico-civile ed una democrazia partecipativa e deliberativa. In sintesi, possiamo uscire dalla società dei consumi che ci rende schiavi ed entrare nella società generativa. Consapevole della “notte della cultura” nella quale l’Europa e l’intero Occidente erano piombati, Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, affermava: «[…] non siamo forse chiamati dalla stessa crisi ad approfondire sia il concetto del soggetto che quello dell’essere in tutta la sua ampiezza? E così comprendere che la difficoltà di oggi è in fondo l’invocazione di una soluzione nuova, matura, nella quale il carisma cristiano brilli con tutta la sua forza? Ed ecco Gesù abbandonato come maestro di luce, di pensiero, di filosofia (oserei dire), proprio su questo punto» (C. Lubich, Per una filosofia che scaturisca dal Cristo, Città del Messico, 6 giugno 1997). E proprio da qui nasce una nuova filosofia, una nuova concezione di vita per una società generativa libera dal dominio della tecnica.

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