Accuse al papa: «Una montatura politica»

Dopo 40 giorni di silenzio dalle accuse di Carlo Maria Viganò al papa con la pretesa delle sue dimissioni, un comunicato della Santa Sede e una lettera del cardinal Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione dei vescovi,  forniscono una prima risposta alla ricerca della verità

Sulla lunga querelle originata dal dossier del 26 agosto dell’ex nunzio negli Usa Carlo Maria Viganò con la richiesta di dimissioni del papa per la gestione non trasparente del caso McCarrick ‒ il cardinale accusato di abusi su seminaristi e minori ‒ Francesco decise di non rispondere. Meglio il silenzio e la preghiera. Le accuse di Viganò (che si possono leggere qui per intero) erano determinate e tutte rivolte a chiedere che «papa Francesco sia il primo a dare il buon esempio a Cardinali e Vescovi che hanno coperto gli abusi di McCarrick e si dimetta insieme a tutti loro». Lo scopo e la sponda politica sono chiari. Alla fine ciò che interessa fortemente sono le dimissioni del papa come se fossero la panacea per risolvere i mali della Chiesa.

Per la prima volta dopo 40 giorni dalle accuse papa Francesco affida ad un comunicato della Sala stampa vaticana una prima risposta in cui spiega che andrà fino in fondo nel caso McCarrick, per appurare i fatti e arrivare alla verità «ovunque possa portarci». Ad un attacco personale per gettare discredito contro di lui, il papa risponde con una investigazione più approfondita perché «sia gli abusi sia la loro copertura non possono essere più tollerati e un diverso trattamento per i Vescovi che li hanno commessi o li hanno coperti rappresenta infatti una forma di clericalismo mai più accettabile».

Un clericalismo che per anni ha devastato, in modo impunito, l’immagine della Chiesa, ha messo al centro la carriera personale di ecclesiastici e la difesa dell’istituzione, anziché mettere al centro le vittime, con le loro sofferenze e ferite a volte insanabili.

Il comunicato della Sala stampa ricorda i fatti. Nel settembre del 2017 un uomo accusa Mc Carrick di aver abusato di lui negli anni ’70. Nel corso delle indagini sono emersi gravi indizi e il papa ha accettato le dimissioni di McCarrick dal Collegio cardinalizio. In un anno tutto si è concluso.

Se ci sono stati degli errori, delle coperture, delle omissioni, il papa è il primo che vuole scoprirle per far emergere tutta la verità anche perché «la Santa Sede è consapevole che dall’esame dei fatti e delle circostanze potrebbero emergere delle scelte che non sarebbero coerenti con l’approccio odierno a tali questioni». Le coperture, gli spostamenti da una diocesi all’altra, erano infatti, dagli anni ’60 in poi, frequenti e prassi consolidata.

La strada che il papa indica è quella del rinnovamento che parte da dentro nella «consapevolezza di sentirci parte di un popolo e di una storia comune ci consentirà di riconoscere i nostri peccati e gli errori del passato». Se la colpa è stata collettiva, anche la salvezza può scaturire solo dalla coscienza di essere un popolo guidato dall’Alto che sa vedere e correggere i propri errori.

Il comunicato della Santa Sede non nomina mai Viganò al contrario della lettera scritta dal cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione dei vescovi, che esordisce con un «caro confratello Carlo Maria Viganò». Le accuse sono chiare e dirette. In lui il cardinale non trova lo «spirito di Dio», ma un movente divisivo, un prestarsi a muovere accuse contro il papa del rinnovamento con «la pretesa che il Santo padre si dimetta». E poi passa a confutare i fatti e le false accuse. La carriera incontrastata di Theodore McCarrick, vescovo di Metuchen (1981) quindi arcivescovo di Newark (1986), poi di Washington (2000) e infine creato cardinale è dovuta al «motivo è che non si disponeva allora, a differenza di oggi, di prove sufficienti della sua presunta colpevolezza». Del resto lo stesso cardinal Ouellet si dice «assai stupito» e riconosce «dei difetti nel procedimento di selezione» ma, afferma, «si deve comprendere» che le decisioni prese dal papa «poggiano sulle informazioni di cui si dispone in quel preciso momento e che costituiscono l’oggetto di un giudizio prudenziale che non è infallibile». Quindi, conclude Ouellet, «ti dico francamente che accusare» Francesco di «aver coperto» questo «presunto predatore sessuale» risulta «incredibile ed inverosimile da tutti i punti di vista». Un’ accusa «mostruosa che non sta in piedi. Francesco non ha avuto alcunché a vedere con le promozioni di McCarrick a New York, Metuchen, Newark e Washington» ma «lo ha destituito dalla sua dignità di Cardinale quando si è resa evidente un’accusa credibile di abuso sui minori».

«Tu approfitti ‒ attacca Ouellet ‒ dello scandalo clamoroso degli abusi sessuali negli Stati Uniti per infliggere all’autorità morale del tuo Superiore, il Sommo Pontefice, un colpo inaudito e immeritato». Il Prefetto della Congregazione dei vescovi lo invita a «ritrovare la comunione», a uscire «dalla tua clandestinità», a pentirsi perché non può mettere in discussione l’integrità personale del papa per una evidente «montatura politica priva di un reale fondamento».

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