A che punto siamo con la libertà religiosa?

La United States Commission on International Religious Freedom (USCIRF), creata nel 1998 al fine di monitorare la questione della libertà religiosa nei vari Paesi del mondo, ha presentato il suo sedicesimo rapporto annuale sulle violazioni
Isis

Rapporto americano sulla libertà religiosa

La United States Commission on International Religious Freedom (USCIRF), creata nel 1998 al fine di monitorare la questione della libertà religiosa nei vari Paesi del mondo, ha presentato il suo sedicesimo rapporto annuale sulle violazioni.

Sulla base dei dati raccolti e della relazione presentata, la USCIRFha invitato il Dipartimento di Stato a ridisegnare la geopolitica mondiale sulle criticità riguardo alla questione della libertà religiosa. In questa prospettiva diciassette Paesi sono stati inseriti nell’elenco di quelli che destano «particolare preoccupazione» a causa del fatto che al loro interno si sono riscontrate «violazioni particolarmente severe della libertà religiosa sono perpetrate o tollerate». Le nazioni, divise in due gruppi per la gravità e frequenza degli episodi, sono: Birmania, Cina, Iran, Corea del Nord, Arabia Saudita, Sudan, Turkmenistan, Uzbekistan, Repubblica Centroafricana (la prima volta che appare nella lista), Egitto, Iraq, Nigeria, Pakistan, Siria, Tajikistan e Vietnam. Un terzo gruppo comprende, invece, altre nazioni che la USCIRFha definito come «coinvolte o tolleranti di violazioni che sono serie, ma non a livello di Paesi di preoccupazione particolari». Si tratta di Afghanistan, Azerbaijan, Cuba, India, Indonesia, Kazakhstan, Laos, Malesia, Russia, e Turchia.

La USCIRFnel report appena presentato si concentra su trentatré Paesi ed elabora raccomandazioni specifiche e monitora l’applicazione dell'International Religious Freedom Act (IRFA) da parte del governo degli Stati Uniti. Katarina Lantos Swett, presidente dell’USCIRF, ha dichiarato che «non passa giorno senza che almeno uno dei Paesi in questa lista non appaia sulla prima pagina di un grande giornale. Le crisi umanitarie alimentate da ondate di terrore, intimidazione e violenza hanno colpito un numero allarmante di Paesi nello scorso anno».

Il rapporto di quest’anno si concentra ovviamente sui Paesi del Medio Oriente, in quanto, si afferma, «nessun gruppo religioso è stato esentato dalle violenze predatrici dell’ISIS». Lo pseudo-stato Islamico ha scatenato «ondate di terrore sia contro gli Yazidi che contro i cristiani, così come contro altri che hanno osato opporsi agli estremisti». Il report mette in evidenza come in Iraq, dopo la caduta di Mossul, siano state uccise dodici personalità religiose sunnite, oltre a preti e suore cristiani. «Più di mezzo milione di residenti di Mossul sono fuggiti dalle loro case. Quando l’ISIS ha catturato Sinjar, da sempre patria degli Yazidi, duecentomila sono fuggiti in Siria». Inoltre, l’USCIRF evidenzia che  cristiani e Yazidi sono stati oggetto di «esecuzioni sommarie, conversioni forzate, stupri e schiavitù sessuale, oltre a rapimenti di bambini e alla distruzione dei luoghi di culto». Si riconosce lo sforzo sistematico di cancellare la loro presenza dal Medio Oriente.

Il rapporto dell’USCIRF legato alla geopolitica americana è destinato a far discutere e a creare imbarazzo a livello diplomatico. Una reazione quasi immediata è arrivata dal governo indiano. Il portavoce del ministero degli Esteri dell’India, Vikas Swarup, ha dichiarato che il documento «si basa su una comprensione limitata dell’India, della sua Costituzione e della sua società. Noi non abbiamo intenzione di recepirlo». La Commissione americana ha affermato che, dalle elezioni generali dello scorso anno e la conseguente vittoria del premier Modi, «sono aumentati gli attacchi compiuti da estremisti indù contro le minoranze religiose. Inoltre si sono moltiplicati i commenti sprezzanti e discriminatori da parte di politici collegati al Bharatiya Janata Party al governo, che non vengono sanzionati per il loro comportamento». La commissione statunitense non ha mancato di sottolineare il piano di «riconvertire» varie migliaia di famiglie cristiane e mille famiglie musulmane all’induismo. La pratica, nota come “Ghar wapsi” [“ritorno a casa” ndr], è uno dei pilastri della politica radicale hindutva, secondo la quale «ogni indiano deve essere indù». Per la USCIRF questi comportamenti «violano lo status della nazione. Nonostante si professi pluralista, democratica e secolare, l’India non riesce a proteggere le comunità religiose di minoranze. Continua un clima di impunità per coloro che le attaccano».

Il rapporto USCIRF rivolge, quindi, accuse precise all’attuale governo Modi, cui il Dipartimento di Stato aveva rifiutato il visto di entrata negli USA dopo i fatti di Godra, cittadina dello stato del Gujarat, dove Modi era Primo Ministro al tempo dell’uccisione di circa mille musulmani in scontri dipinti come di origine religiosa. Nel 2014, tuttavia, Modi aveva realizzato un viaggio pressoché trionfale negli USA attirando l’attenzione dell’opinione pubblica e investimenti in India di notevole portata.

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