Musica contro il silenzio: un canto da Genova per la Palestina

Tra le numerose manifestazioni per la Palestina, ce n’è una che sta attraversando l’Italia in modo inedito, con una voce diversa: quella degli strumenti musicali, dei cori spontanei, dell’arte che diventa atto politico. Si chiama Musica contro il silenzio e martedì 3 giugno ha fatto tappa a Genova, riempiendo piazza De Ferrari con suoni, voci e una partecipazione sorprendente. Un concerto collettivo, aperto, inclusivo, nato per rompere – appunto – il silenzio. Un silenzio considerato assordante da chi guarda con sgomento alle stragi in Palestina e all’inerzia delle istituzioni internazionali.
A dare origine a tutto è stata Firenze, dove pochi giorni fa, tra i corridoi del Teatro del Maggio Fiorentino e dell’Orchestra della Toscana, un messaggio, una chiacchierata, un’idea si sono trasformati in un’iniziativa nazionale. In pochissimo tempo il tam tam è arrivato a Palermo, Bologna, Torino, Genova. Roma e Milano si preparano a scendere in piazza nei prossimi giorni: nella capitale l’appuntamento è l’8 giugno alle 11:00 in Piazza Vittorio Emanuele, a Milano il 25 giugno alle 18:30 in Piazza della Scala.
A Genova, la risposta è stata intensa e partecipata. Sotto il cielo di inizio giugno, si sono ritrovati in piazza musicisti del Teatro Carlo Felice, cantanti lirici, strumentisti dilettanti e semplici cittadini. Tutti uniti da un obiettivo comune: far parlare la musica dove le parole sembrano non bastare più. I brani scelti, potenti nella loro simbologia, spaziavano dal Dies Irae al Lacrimosa di Mozart, dall’inno palestinese a Lascia ch’io pianga, da Vois sur ton chemin a Bella Ciao, interpretata come canto universale di resistenza.
Il pubblico, composto da centinaia di genovesi, ha ascoltato in silenzio, poi si è unito al canto, fino a intonare un lungo applauso e lo slogan Palestina libera. Non una semplice esibizione, ma un momento collettivo in cui l’arte è diventata espressione di solidarietà, indignazione, speranza.
La forza di Musica contro il silenzio sta anche nella sua natura fluida e partecipata: è una manifestazione apartitica, ma non neutrale. È politica nel senso più profondo del termine: azione collettiva, esercizio di coscienza, atto di presenza. Non ci sono bandiere, se non quelle dell’umanità condivisa. Ogni città interpreta il format con le proprie risorse e la propria sensibilità, ma ovunque il messaggio resta lo stesso: denunciare l’ingiustizia, richiamare attenzione, rifiutare l’indifferenza.
«Non serve essere musicisti, serve esserci», dicono gli organizzatori. E Genova ha risposto. Come hanno fatto Firenze, dove tutto è iniziato il 1° giugno, Palermo, Torino e Bologna. E come faranno anche Roma e Milano. L’idea di fondo è semplice e potente: usare la musica per scuotere le coscienze, per trasformare la piazza in un coro, per ricordare che la cultura, come la solidarietà, non può restare in silenzio.
In un tempo in cui spesso si è spettatori passivi davanti alle tragedie del mondo, Musica contro il silenzio offre un’altra possibilità: essere parte attiva di una denuncia che passa per la bellezza, per il canto, per l’arte. Una manifestazione che non urla, ma non tace. Che non divide, ma coinvolge. Che prova, con dolce ostinazione, a restituire umanità.
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