Fino alle montagne

Arriva in Provenza dal Canada l’agente pubblicitario Mathyas Lefebure, giovane ricco ma insofferente della vita cittadina, dei legami sociali, a cercare ad Arles – splendida l’inquadratura iniziale dell’anfiteatro osservato dalla finestra dell’albergo –, una nuova ragione di vita. L’ambiente naturale è bellissimo, la gente però anche ostile, chiusa nel lavoro di pastori, minato dal cambiamento climatico e dall’industrializzazione dell’agricoltura che rischia di far morire l’attività secolare.
Il giovane non si scoraggia, cerca una nuova strada per la vita: è fuggito da Montréal, e fa l’apprendista pastore, vive in una casupola, solo. Scrive un diario e lettere un po’ romantiche sul suo lavoro ad Élise, l’impiegata comunale che ha conosciuto. Vita dura, ma lui la ama, tra incomprensioni anche, scoraggiamenti, bisogno di affetto: Mathyas è tenace.
È la prima parte del film in cui la regista Sophie Deraspe, nella concatenazione di piccoli episodi legati fra loro dalla bellezza della natura e dalla fatica del vivere, indaga e ci fa entrare nell’anima del giovane, che scopre il contrasto fra l’ideale e la concretezza del vivere.
Arriva il momento di condurre il gregge in alto, sui monti. Condurre il gregge ma, la regista lo sottende, condurre anche Mathyas ed Élise, che lascia tutto e va con lui, verso nuove mete. È un cammino a due tra luoghi bellissimi, esaltati dalla fotografia, scorrere di notti e di giorni, di sogni e di attimi d’amore, molto delicati, di poter sentirsi liberi e di gridarlo al mondo. E il dolore? Arriva durante una notte tempestosa: la loro “vocazione” di pastori è messa alla prova. Scoraggiamento, delusione? Non sveliamo il finale, ovviamente.
Girato con una sensibilità squisita, attenta alla natura, ai caratteri, ai passaggi psicologici, con delicata precisione, il racconto, in sé semplice, diventa tuttavia un percorso di vita, una metafora delle scelte da fare e da mantenere, un viaggio verso la vera libertà. Interpretato con una totale trasparenza dai due giovani attori Fèlix-Antoine Duval e Solène Rigot, è un gioiello da non perdere.
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