L’unità tra cristiani passa da Bari

La visita dell'arcivescovo a Istanbul e quella di padre Ibrahim Faltas nel capoluogo pugliese hanno segnato due momenti importanti di incontro tra Oriente e Occidente
San Nicola di Bari
Basilica di San Nicola a Bari (Berthold Werner, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons)

Mentre papa Francesco tornava alla casa del Padre, i semi dell’unità da lui promossi continuavano ad essere coltivati con la visita dell’arcivescovo di Bari-Bitonto mons. Giuseppe Satriano ad Istanbul, accolto pochi giorni dopo dal Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I.

Il rappresentante della Chiesa ortodossa si è sempre mostrato “fratello nella fede” con papa Francesco e le sue parole lo dimostrano: «Un fratello, al quale ci ha accomunato una profonda amicizia e soprattutto una sintonia di intenti». Il cammino verso un ritorno ad una maggiore unità tra i cristiani è dimostrato dal percorso sinodale e l’intento, come ricordato proprio durante la visita in Turchia, dal percorso con cui le Chiese cristiane puntano alla data unitaria della Pasqua, simbolo di resurrezione e di speranza per tutti i credenti. L’incontro tra mons. Satriano e Bartolomeo I, oltre a rinsaldare l’amicizia tra le Chiese di Rossano (dove mons. Satriano ha ricoperto il ruolo di vescovo prima dell’incarico pugliese) e Bari con Costantinopoli, è stato l’occasione di ricordare il 1700° anniversario del Concilio di Nicea come momento fondamentale nella definizione della dottrina cristiana e nell’affermazione dell’unità della Chiesa universale.

Bartolomeo ha affermato come anche la memoria del Concilio abbia segnato il passaggio dai sinodi locali ad un’assemblea ecumenica. Come già sta accadendo, è opportuno mantenere vivo lo spirito di unità e di verità tra le Chiese cristiane. L’anniversario è un’occasione per rimarcare proprio l’universalità della Chiesa attorno a Cristo e su questa scia l’arcivescovo di Bari-Bitonto ha ricordato la giornata del luglio 2018 a Bari, in cui si respirò quel clima di fraternità soprattutto su impulso di papa Francesco che invitò a riunirsi i patriarchi delle Chiese cristiane in Medio Oriente.

Testimonianze e ricorrenze storiche aiutano a vedere i passi senza perdere l’obiettivo della pace.

La pace purtroppo è minata in diverse parti del mondo, ma i suoi semi continuano a passare da Bari, che resta un ponte tra Oriente e Occidente. Il dialogo e l’incontro sono occasioni che la proiettano sempre verso l’oriente, proprio in quella zona letteralmente martoriata dal 7 ottobre. Nel capoluogo pugliese, il Rotary Club Bari Sud ha accolto padre Ibrahim Faltas, frate francescano, vicario della Custodia di Terra Santa a cui è stata donata una borsa di studio per una giovane studentessa dell’Università di Siviglia originaria di Betlemme. Nel contesto del tragico scenario della Palestina che non si arresta, nella sala della Cattedrale, durante un incontro aperto anche all’Ordine dei giornalisti, frate Ibrahim, già parroco di Betlemme, ha raccontato ancora con sgomento l’episodio risalente al 2002 con 240 palestinesi rintanati nella basilica della Natività per 39 giorni accerchiati dagli israeliani. È servita proprio la capacità di mediazione del frate francescano per scampare una strage. Padre Ibrahim è vera testimonianza di pace, anche se ammette che ormai esiste un prima e un dopo 7 ottobre. La sua esperienza diretta non lascia scampo a una forte preoccupazione: «A Gaza non c’è più niente, né ospedali né scuole; chiese e moschee sono bombardate. Ciò che sta accadendo è oltre ogni immaginazione, i cristiani hanno perso speranza e il conflitto mette repentaglio la loro presenza in Terra Santa. La distruzione della violenza ha numeri inequivocabili: 90.000 erano i cristiani prima della guerra. Con gli attacchi e lo scoppio delle bombe a Gerusalemme i cristiani ora non arrivano a 9000; anche ad Aleppo le guerre hanno ridotto la presenza cristiana da 200 mila a 20 mila persone». Tutti fuggono, e il rischio è che a Betlemme non resti più un cristiano.

L’ospite ha ricordato la grande vicinanza fraterna con papa Francesco, di cui ha affermato: «Non ha mai smesso di gridare il cessate il fuoco. Il Pontefice ha sempre mostrato vicinanza invitando sempre a non perdere speranza». Padre Ibrahim è sempre stato in contatto con papa Francesco, soprattutto nei concitati giorni in cui il frate ha dovuto gestire la sofferenza di tanta gente sotto le minacce delle bombe; è stato testimone della sofferenza che provocava in Bergoglio la guerra: «Nessuno soffriva come lui a causa della guerra. In realtà aveva un sogno: far incontrare i capi di Stato di Israele e Palestina per il tavolo di pace». In qualche modo si può credere che gli incontri avvenuti tra i capi di Stato in occasione del funerale del Pontefice siano un piccolo segno miracoloso.

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