La felce e il bambù

«Giunto alla fine dei suoi giorni, un vecchio saggiò chiamò i suoi due figli al capezzale. Il primo era forte e fiero, l’altro timido e magrolino. Ma il padre li amava entrambi in egual misura. Il vecchio tirò fuori di tasca due piccoli semi e ne diede uno a ciascuno: al maggiore toccò un seme di felce, al minore uno di bambù. “Piantateli nella foresta in mio ricordo”. E pronunciate queste parole, con grande tristezza dei figli morì…».
Due semi… Vedi caso, proprio di recente sul davanzale della mia finestra s’erano posati due strani semi mai visti prima, dotati di alette con le quali si erano lasciati trasportare dal vento. Dovevano appartenere ad un albero, forse del giardino accanto alla mia abitazione, ma a quale, visto che ce n’erano di specie diverse? L’unica cosa da fare era piantarli in un vasetto e aspettare che spuntassero per scoprirlo. Sto ancora aspettando… e intanto mi è capitato di leggere la storia di cui sopra. È solo l’inizio in un album cartonato di grande formato edito dall’Ippocampo, editrice specializzata in libri per l’infanzia, dal titolo La felce e il bambù, con protagonisti dei topolini secondo l’antica consuetudine delle favole, storie con animali parlanti.

Un album con pochissimo testo e il resto disegni, alcuni spettacolari, distesi su due pagine. Lo stile è personalissimo, affascinante. L’autrice Marie Tibi è originaria dell’Alta Francia, ma residente in Provenza dal 1977. Ha sempre desiderato condividere il proprio immaginario – così si presenta – e poiché non è mai troppo tardi per fare d’un sogno realtà, per poco che vi si creda, si lancia nel 2012 nella letteratura per l’infanzia. Appassionata di parole e della loro musicalità, inventa storie bizzarre, poetiche o avventurose per i bambini che amano la magia dei libri. Un po’ strega, si trasforma talvolta in gatto per arrampicarsi sui tetti e chiedere ispirazione alla luna. La sua pozione segreta? Mescolare due dosi di fantasia, una botte di ottimismo, un filo di humour, poi condire lettere dell’alfabeto appena colte e finemente cesellate. Da bere con una cannuccia immaginaria.
L’illustratore, il cui apporto è fondamentale in questo tipo di libri, è Jérémy Pailler, lui pure francese ma dell’Alta Vienne. Titolare anche di un dottorato in arti plastiche, ha realizzato locandine di film e cortometraggi animati e vive a Limoges. Il genere per bambini gli consente di viaggiare senza limiti con l’immaginazione. Ogni album di circa 40 pagine, come questo, richiede almeno 16 illustrazioni e quasi cinque mesi di lavorazione. L’artista Jérémy non si riconosce in una corrente specifica, segue il proprio istinto, per cui i suoi stili variano a seconda del progetto. Spesso si ispira alle decorazioni alto-viennesi della sua infanzia, come appunto in questo suo ultimo lavoro.
Proseguendo con il racconto, dal primo seme – quello della felce – cresce presto una selva verdeggiante, mentre il bambù non sembra dare segni di vita (come i miei semi misteriosi!). Il topolino più piccolo però non si scoraggia e continua ad accudire il suo semino (proprio quello che farò!)… finché un bel giorno, al quinto anno, ne vedrà finalmente il germoglio! (saprò attendere anch’io?).
Come in ogni favola che si rispetti, anche questa ispirata a Marie Tibi dall’Oriente ha in sé un insegnamento da darci: «Anche se non ottieni subito quello che vuoi, non arrenderti. Forse, senza saperlo, stai già rafforzando le tue radici». Non vi pare che sia particolarmente adatto al nostro tempo che vuole “tutto subito”?
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