Bio testamento: apertura all’eutanasia?

La Camera dei deputati ha espresso parere positivo sulla legge che regolamenta le Disposizioni Anticipate di Trattamento: le più vincolanti per il medico in tutta Europa

326 sì, 37 no e 4 astenuti. Questi i numeri che hanno condotto il 20 aprile scorso la Camera dei deputati all’approvazione della legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento, il cosiddetto Bio testamento, che vorrebbe regolamentare l’azione del medico nella fase finale della vita di un soggetto, quella di maggiore fragilità, quella che dovrebbe prevedere il massimo dell’attenzione e della cura e non certo l’abbandono terapeutico.

Siamo già intervenuti su questa proposta di legge nata come frutto di compromessi e di una certa caparbietà ideologica. Nel suo percorso siamo passati dalle iniziali dichiarazioni proposte al parere del medico, alle attuali disposizioni anticipate di trattamento che vorrebbero vincolare l’agire medico ridotto a mero esecutore della volontà del paziente.

Grazie all’azione del presidente della Commissione Affari Sociali, Mario Marazziti, si è introdotta una timida apertura che consente al medico di non attenersi alle DAT se “manifestamente inappropriate” o “non rispondenti alla condizione attuale del paziente” o se “superate dalla scoperta di nuove terapie”.

Nonostante questo correttivo, la legge che ora dovrà essere discussa al Senato, rompe la relazione medico paziente, già fortemente in crisi nell’epoca della medicina difensiva, e non aggiunge nulla alla legislazione vigente prima fra tutte la legge 38/2012  che ha regolamentato la medicina palliativa e la terapia del dolore accogliendo le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa e la Convenzione di Oviedo nelle quali il consenso informato, la possibilità di rinunciare a un trattamento ritenuto troppo gravoso e il rifiuto assoluto dell’accanimento terapeutico sono già previste e assicurate.

Neanche le legislazioni più apertamente eutanasiche come quella olandese e belga costringono il medico ad agire su richiesta del paziente che, invece affermano, “sarà tenuta in considerazione” lasciando al medico la libertà di esercitare in scienza e coscienza la sua professione.

Quello che si rischia di introdurre pesantemente, infatti, è una forma di eutanasia da abbandono, attraverso la possibilità di sospendere l’idratazione e l’alimentazione che, a parte casi isolati, sono da considerarsi normali mezzi di accudimento e non certo “atti medici” per il solo fatto che per essere somministrati abbiano bisogno di una sonda inserita dal personale sanitario.

Certo, l’inedita maggioranza PD-M5S che ha approvato la legge alla Camera non sarà riproponibile al Senato dove gli equilibri sono molto diversi. La discussione perciò sarà ancora lunga e la possibilità di modifiche speriamo sia ancora aperta.

Sempre più spesso il fine vita è un tempo che avviene nelle strutture sanitarie che, con l’invecchiamento della popolazione, la crisi economica e i continui tagli di bilancio risentono fortemente delle tentazione di liberarsi del fardello rappresentato dai pazienti cosiddetti “terminali”, una spesa “a perdere”.

Per essi è necessario invece uno sguardo buono, fraterno e solidale, capace di vedere oltre la fragilità, di riconoscere nel volto sofferente la dignità dell’uomo che rende prezioso ogni momento della sua vita anche, e forse di più, i suoi ultimi istanti.

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Chiara D’Urbano nella APP di CN

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