Entra in azione la società civile

Inquinamento e risposte della gente al dramma generato dall'Ilva. I segnali e le scelte dei Focolari. Intervista all’avvocato Sergio Barbaro, tra i promotori della scuola di economia civile
Ilva

Sergio Barbaro è un giovane avvocato di Taranto che nell’ultimo incontro di Loppiano Lab ha presentato la scuola estiva di economia civile presente da due anni sul territorio e realizzata in collaborazione con il Centro di cultura “Giuseppe Lazzati” dell’Università cattolica del Sacro Cuore.

È un interlocutore che rappresenta un segno di speranza per cercare di comprendere la complessità della vicenda di Taranto e dell’acciaieria dell’Ilva, da 50 anni presenza fissa sul territorio. Avviare un laboratorio di economia civile in questo contesto è un segno forte in un luogo simbolo delle contraddizioni del tempo moderno: l’inquinamento provocato dall’impianto industriale, grande due volte la città, erano note già molto tempo prima delle ordinanze del giudice Todisco. Lo abbiamo intervistato nella sua città.

Come è nata l'idea di questo laboratorio?
«Il laboratorio è stato avviato a Taranto da una partnership costituita dal Centro di cultura "Lazzati" dell'Università cattolica del Sacro Cuore, dall'Economia di Comunione e della Ucid, Unione cristiana imprenditori dirigenti. Il laboratorio di economia civile vuole essere un luogo di aggregazione in cui i giovani, attraverso la collaborazione di alcuni adulti esperti in materie economico-giuridiche, possono approfondire le tematiche dell'economia civile e solidale e confrontarsi sulle proprie idee imprenditoriali da realizzare sul territorio. La Summer school di economia civile vuole quindi consentire ai giovani pugliesi di acquisire non solo competenze imprenditoriali ma anche di mettersi in rete con altri giovani e con gli esperti della scuola per provare a dare concretezza ai propri progetti. In questo modo si tenta di evitare che si allontanino dalla propria terra o siano costretti a trovare un lavoro di ripiego nella grande industria tarantina».

Come ha vissuto Taranto questo lungo periodo dove la politica dei poli industriali nel Mezzogiorno non ha tenuto conto delle conseguenze ambientali?
«Il problema dell’inquinamento è stato più volte sollevato in passato, ma sempre e soltanto da una parte dei tarantini, più che altro associazioni ambientaliste e cattoliche. La gran parte dei cittadini, pur percependo la presenza dell’Ilva con un forte disagio, la tollerava per motivi occupazionali e economici. Solo negli ultimi anni, con l’aumentare dei casi di incidenti sul lavoro e di neoplasie si è diffusa una maggiore consapevolezza dell’esistenza di un problema inquinamento e una minore tolleranza della presenza dell'Ilva sul territorio. Si sono pertanto intensificate le manifestazioni di protesta da parte di associazioni ambientaliste ma anche di associazioni spontanee di tarantini. Si sono anche moltiplicate le denunce penali contro l’Ilva che hanno portato al procedimento in corso per disastro ambientale».

Senza avere la pretesa di avere in tasca la soluzione, si può indicare una via di uscita improntata al bene comune senza cadere nel conflitto anomalo tra diritto alla vita e diritto al lavoro?
«
È evidente che il diritto alla vita prevale sul diritto al lavoro e che il lavoro non può compromettere la vita del lavoratore. D’altro canto, tuttavia, nel diritto a una vita dignitosa rientra anche il diritto a una sufficiente retribuzione e a un ambiente lavorativo salubre. Il problema è se al momento vi sia da parte della dirigenza Ilva una reale volontà di conciliare il diritto a un ambiente salubre con il diritto a un lavoro dignitoso».

Ma c'è una proposta alternativa?
«La soluzione sarebbe l’adozione delle migliori tecnologie disponibili in materia di controllo ambientale. Rimane tuttavia il dubbio se l’azienda sia realmente in grado di sostenere economicamente tali investimenti e sia capace di adottare tali misure in tempi brevi. La magistratura inquirente al momento ha espresso serie perplessità sulla reale intenzione del Gruppo Riva di adeguarsi alle prescrizioni stabilite con il provvedimento di sequestro. Sebbene queste esternazioni dei PM lascino perplessi, in quanto la magistratura dovrebbe essere più cauta nell’esprimere il proprio parere sui procedimenti in corso, d’altro canto appare abbastanza verosimile che essa sia in possesso di dati che confermino un certo attendismo da parte della proprietà».

Un dramma senza uscita, che richiama anche la responsabilità della società civile…
«Al momento non vi è una diversa soluzione che la completa riconversione ambientale dell’impianto in tempi relativamente brevi, accompagnata da una totale bonifica a carico della proprietà delle aree inquinate: suolo circostante, bacino del Mar piccolo, quartieri Tamburi e Paolo Sesto, Comune di Statte. Nel nostro piccolo, credo che non ci si possa esimere da un maggiore impegno per la città. L’inerzia della classe sociale e politica tarantina ha contribuito negli anni in maniera determinante alla situazione attuale. Se i tarantini si fossero fatti promotori fin dall’inizio della gestione Riva e ancor prima con la gestione statale dell’impianto, di un controllo costante sull’operato della grande industria e dei nostri politici locali, spesso ciechi o ancor peggio conniventi, la situazione attuale non sarebbe così drammatica. In realtà il tarantino medio è sempre stato più incline a “tirare a campare”, che tradotto vuol dire arrivare a fine mese, piuttosto che interessarsi a problemi sociali, la cui soluzione si delegava ai politici e a quei pochi cittadini realmente interessati al bene comune».

Ci sono i segni nuovi?
«Negli ultimi anni l’atteggiamento è indubbiamente cambiato e vi è una maggiore consapevolezza dell’appartenenza a una comunità e un più forte desiderio di farsi portatori delle esigenze sociali sul territorio. È necessario alimentare questa consapevolezza soprattutto nelle nuove generazioni. Per queste una delle iniziative che stiamo portando avanti nel territorio come comunità del Movimento dei focolari, oltre alla Scuola di economia civile, è un percorso di formazione interdisciplinare di giovani dai 18 ai 30 anni. Il corso avrà per oggetto diverse tematiche: dalla politica al diritto, dall’economia alla comunicazione, e vedrà la partecipazione di docenti locali e internazionali. Questo nuovo laboratorio sarà finalizzato a sensibilizzare i ragazzi ai valori della legalità e dell’impegno sociale e politico e si articolerà in due anni con inizio a gennaio di quest’anno. In questo modo si vuole contribuire a formare sul territorio un gruppo di giovani motivati e sensibili alle istanze sociali e alla realizzazione del bene delle comunità».

 

 

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